Tanto i popoli quanto gli individui conoscono alti e bassi. Tanto i popoli quanto gli individui hanno momenti di punizione, di sofferenza e momenti di riforma. Quello che leggiamo oggi nel libro di Neemia è un magnifico esempio di come sia giusto intraprendere un nuovo cammino, dopo aver conseguito un qualche tipo di successo materiale. Neemia è arrivato a completare la missione per cui è partito: ricostruire le mura di Gerusalemme. Queste mura non staranno in piedi da sole. Hanno bisogno di persone, le cui mura interiori sono a loro volta ricostruite e rinnovate, cosa per cui sono richiesti strumenti opportuni. Essendo i capitoli 7,8,9,10,11 caratterizzati da lunghi elenchi e da diverse parti narrative, cercheremo di coglierli nel loro insieme, precisando il senso degli elenchi, e soprattutto il collante che li tiene insieme: siamo davanti ad una splendida lettura della Parola di Dio che rivoluziona, riforma e rilancia un popolo prima afflitto e poi risollevato. Questo è il tema di questi capitoli. Le mura non stanno in piedi da sole. C’è bisogno di una legge che continui a tenerle in piedi.
1. Il piacere di contare. Dal capitolo 7 di Neemia.
4 La città era spaziosa e grande; ma dentro vi era poca gente e non si costruivano case. 5 Il mio Dio mi ispirò di radunare i notabili, i magistrati e il popolo, per farne il censimento.
Trovai il registro genealogico di quelli che erano tornati dall’esilio la prima volta e vi trovai scritto quanto segue:
66 La comunità nel suo totale era di quarantaduemila trecentosessanta persone, 67 oltre ai loro schiavi e alle loro schiave in numero di settemila trecentotrentasette.
Una prima costatazione di Neemia riguarda la pochezza della popolazione di Gerusalemme. Nonostante ci siano le infrastrutture, manca chi le popola. Neemia decide dunque di vedere su chi può contare e fa un censimento, ripetendo la stessa lista che già Esdra aveva redatto. (Esdra 2). Questi elenchi su cui passiamo velocemente non conoscendo di persona i nomi che vi sono riportati, stanno in realtà ad indicare la ricchezza di essere umani, di anime di cuori che costituiranno il futuro della Gerusalemme rinnovata. Si tratta di un bel numero totale, 42360 persone, ma pochi in Gerusalemme. Immagino che questo elenco di a Neemia un certo coraggio in quanto si rende conto che benché ci sia poca gente a Gerusalemme, può contare su alcune persone per un nuovo sogno: ripopolare Gerusalemme. Non si tratta di carnale gioia dei numeri, di vedere delle quantità, ma della gioia di vedere che degli essere umani tornano a popolare dei luoghi rimasti tristemente in rovina.
Credo che lo stesso sogno debba animare noi. Se Neemia aveva a cuore di ripopolare la Gerusalemme terrestre, a noi sta davanti il sogno di ripopolare la Gerusalemme celeste! E questa sarà costituita da tutte quelle persone che nelle innumerevoli città di oggi risponderanno positivamente al vangelo: quando prego per le persone della mia chiesa e prendo i membri ad uno a uno, sono preso da una grande gioia perché per quanto si possa essere pochi, so che Dio può contare su certe persone. E questo mio piccolo censimento mi fa sognare che un grande popolo di persone della mia città, delle città vicine sarà scritto non nel censimento di Neemia, ma nel libro della vita!
La desolazione di Gerusalemme ricostruita ma priva di persona dovrebbe colpire il cuore degli europei più che quello di altri popoli. Viviamo in un’Europa post-cristiana che ha creduto per molti secoli di essere cristiana (quanto lo fosse in verità Dio solo lo sa), e che oggi porta ben pochi cittadini alla Gerusalemme celeste… Il materialismo che avanza, il raffreddamento della fede di molti, l’indifferenza alle cose dello Spirito ci devono spingere proprio a seguire i passi di Neemia: facciamo in censimento per vedere su chi possiamo contare, e sognano di ripopolare le città, di anime incendiate dal vangelo!
2. Su che basi si ripopola la città? Dal capitolo 8: 1-3
1 Allora tutto il popolo si radunò come un solo uomo sulla piazza davanti alla porta delle Acque e disse ad Esdra lo scriba di portare il libro della legge di Mosè che il Signore aveva dato a Israele. 2 Il primo giorno del settimo mese, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere.
3 Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntar della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci di intendere; tutto il popolo porgeva l’orecchio a sentire il libro della legge.
Finora abbiamo insistito sul ruolo importante di Neemia, su come egli, seppure umilmente, abbia saputo motivare, incoraggiare, difendere ed agire. Questo capitolo si apre su un fatto assolutamente centrale: la rivalutazione della Legge, della parola di Dio. Non è certo la prima volta che una riforma è determinata dal ritorno alla parola di Dio: si pensi alle riforme di Asa, di Ezechia, di Giosia, in cui la legge svolge sempre un ruolo determinante. Quando si dà importanza alla Parola di Dio, qualcosa si smuove…
Notiamo qualcosa di fondamentale: 1) Torna in scena Esdra, il sacerdote che aveva avuto un ruolo tanto importante nel far tornare la comunità degli esuli in Israele. Ma adesso l’iniziativa di leggere la Legge non è di Esdra, ma del popolo ! È il popolo che si raduna come un solo uomo, e che chiede di portare il libro della legge e di leggerlo! Non è lui il leader carismatico che li convince, è il popolo stesso che chiede! 2) Ad ascoltare la lettura e le spiegazioni sono proprio tutti, senza distinzioni di sesso e di età. È un fatto bello ed incredibilmente moderno. Donne e bambini nel mondo antico non avevano un grandissima considerazione, ma qui sono esplicitamente esposti all’ascolto e alla spiegazione della Scrittura.
Possiamo pensare alla Riforma protestante. È nata perché non un solo uomo, ma più persone insieme hanno riconsiderato l’importanza della Bibbia nei sui scritti originali, ed hanno ricominciato a studiarla. Possiamo pensare ai diversi risvegli avvenuti a più ondate nelle chiese protestanti: hanno avuto luogo quando si è voluto rimettere al centro della vita la Parola di Dio. Dobbiamo allora pensare a noi, alla nostra vita personale e di chiesa: non mettiamo mai di lato la lettura e la spiegazione della Scrittura, perché sommersi da mille attività, magari ottime e benedette. Per avere una città piena di persone vive spiritualmente bisogna partire dalla Scrittura, ed esporre alla Scrittura tutti: uomini, donne bambini, che hanno desiderio di ascoltare.
3. Gli effetti della lettura della Legge. Dal capitolo 8: 8-18
8 Essi leggevano nel libro della legge di Dio a brani distinti e con spiegazioni del senso e così facevano comprendere la lettura. 9 Neemia, che era il governatore, Esdra sacerdote e scriba e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Perché tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge. 10 Poi Neemia disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza». 11 I leviti calmavano tutto il popolo dicendo: «Tacete, perché questo giorno è santo; non vi rattristate!». 12 Tutto il popolo andò a mangiare, a bere, a mandare porzioni ai poveri e a far festa, perché avevano compreso le parole che erano state loro proclamate.
13 Il secondo giorno i capifamiglia di tutto il popolo, i sacerdoti e i leviti si radunarono presso Esdra lo scriba per esaminare le parole della legge. 14 Trovarono scritto nella legge data dal Signore per mezzo di Mosè, che gli Israeliti dovevano dimorare in capanne durante la festa del settimo mese. 15 Allora fecero sapere la cosa e pubblicarono questo bando in tutte le loro città e in Gerusalemme: «Andate al monte e portatene rami di ulivo, rami di olivastro, rami di mirto, rami di palma e rami di alberi ombrosi, per fare capanne, come sta scritto». 16 Allora il popolo andò fuori, portò i rami e si fece ciascuno la sua capanna sul tetto della propria casa, nei loro cortili, nei cortili della casa di Dio, sulla piazza della porta delle Acque e sulla piazza della porta di Efraim. 17 Così tutta la comunità di coloro che erano tornati dalla deportazione si fece capanne e dimorò nelle capanne. Dal tempo di Giosuè figlio di Nun fino a quel giorno, gli Israeliti non avevano più fatto nulla di simile. Vi fu gioia molto grande. 18 Esdra fece la lettura del libro della legge di Dio ogni giorno, dal primo all’ultimo; la festa si celebrò durante sette giorni e l’ottavo vi fu una solenne assemblea secondo il rito.
Quando si legge la legge del Signore in modo profondo, ascoltando profondamente, e lasciando che un po’ come uno specchio questa ci riveli chi siamo, ed un po’ come una spada ci corregga, ecco che qualcosa di forte si smuove dentro il cuore dei singoli o dentro un’intera comunità: il dolore ed il pianto vengono naturali, perché si prende coscienza della gravità della condizione umana. Il popolo capisce chi veramente è. E questo capita a chiunque legga la Bibbia: ci sarà la gioia, ma c’è anche la convinzione di errore, di peccato, e della posizione in cui siamo rispetto a ciò che Dio chiede. Tuttavia il giorno in cui Neemia ed Esdra leggono la Bibbia, e ricominciano a celebrare la festa delle capanne è un giorno di gioia. Prima ancora di disperarsi, e di sentirsi schiacciati dal peso della colpa ci deve poggiare sulla bontà di Dio! Sebbene la comunità sia una comunità che ha commesso errori e che viene da un popolo di peccatori, Dio ha permesso la ricostruzione ed il ritorno. Prima ancora di pentirsi ci si deve rallegrate per questa grazia!
Non è facile schematizzare le fasi di un pentimento, o di un riavvicinamento a Dio, ma di sicuro un motivo di forza e di gioia è quello di sapere che: «Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito » (Rom 5,6). Benché carichi di sensi di colpa sappiamo di avvicinarci ad un Dio di persono, che invita in quel giorno a celebrarlo, e a condividere cibo e letizia con gli altri. Un vero pentimento può cominciare dalla gioia di sapere che il perdono è già stato dato, e che la ricostruzione è possibile, altrimenti c’è solo disperazione e il timore di mettersi le mani di un Dio giudice. Il Dio che Neemia annuncia è un Dio di grazia che accetta un popolo che sta esaminando il proprio cuore, ma che può reggere all’esame della Scrittura proprio perché sa di essere giudicato da un Dio severo ma amorevole che perdonerà.
È quanto predichiamo anche oggi, nel momento in cui ci riavviciniamo a Dio.
4. Confessione e preghiera. Capitolo 9
1 Il ventiquattro dello stesso mese, gli Israeliti si radunarono per un digiuno, vestiti di sacco e coperti di polvere. 2 Quelli che appartenevano alla stirpe d’Israele si separarono da tutti gli stranieri, si presentarono dinanzi a Dio e confessarono i loro peccati e le iniquità dei loro padri. 3 Poi si alzarono in piedi nel posto dove si trovavano e fu fatta la lettura del libro della legge del Signore loro Dio, per un quarto della giornata; per un altro quarto essi fecero la confessione dei peccati e si prostrarono davanti al Signore loro Dio
33 Tu sei stato giusto in tutto quello che ci è avvenuto, poiché tu hai agito fedelmente, mentre noi ci siamo comportati con empietà. 34 I nostri re, i nostri capi, i nostri sacerdoti, i nostri padri non hanno messo in pratica la tua legge e non hanno obbedito né ai comandi né agli ammonimenti con i quali tu li scongiuravi. 35 Essi mentre godevano del loro regno, del grande benessere che tu largivi loro e del paese vasto e fertile che tu avevi messo a loro disposizione, non ti hanno servito e non hanno abbandonato le loro azioni malvagie. 36 Oggi eccoci schiavi nel paese che tu hai concesso ai nostri padri perché ne mangiassero i frutti e ne godessero i beni. 37 I suoi prodotti abbondanti sono dei re ai quali tu ci hai sottoposti a causa dei nostri peccati e che sono padroni dei nostri corpi e del nostro bestiame a loro piacere, e noi siamo in grande angoscia».
«A causa di tutto questo noi vogliamo sancire un impegno stabile e lo mettiamo in iscritto. Sul documento sigillato vi siano le firme dei nostri capi, dei nostri leviti e dei nostri sacerdoti».
Questa gioia non esclude un reale pentimento. Queste persone stanno 6 ore ad ascoltare la lettura della legge! Seguono 6 ore di confessione di peccato. Ripercorrono tutta la storia di Israele, fino ad arrivare alla loro presente situazione. Mi pare che questo percorso sia caratterizzato da diversi elementi.: 1)Una grande pazienza (6 ore di ascolto, e sei di pentimento) ; 2) Una grande lucidità su se stessi: siamo noi ad aver peccato! 3) Un presa di responsabilità rigorosa: Dio non c’entra, il peccato lo hanno commesso loro. 4) La volontà di cambiare in concreto: nuovo impegno e sottoscrizione di intenti.
Chi si vuole pentire di un qualche errore che sente gravare sulla propria coscienza, proprio come capita a questa comunità, deve seguire le stesse tappe. Non serve correre e sfuggire ai propri sensi di colpa nella fretta di essere perdonati. Non serve girare intorno alle proprie colpe, cercando di scaricarle su qualcuno, né rendere il Dio sovrano di tutto responsabile dei nostri errori. Non so come si faccia oggi a vestirsi di sacco, e a cospargersi il capo di polvere, e posso suggerire che potrebbe trattarsi di avere un atteggiamento contenuto e sobrio, proprio perché chi sta lavorando dentro se stesso alla luce della parola di Dio è bene che sia un po’ riservato, un po’ come non si vedono gli esterni e gli esterni dei palazzi che qualcuno sta restaurando e che copre con dei pannelli… Non si tratta di nascondersi, anzi, qui le persone mostrano pubblicamente la loro afflizione, ma dopo essere rallegrati nella festa viene il momento, doloroso forse, di lavorare. Di considerare passo per passo gli errori fatti che la Scrittura dichiara tali. Loro ripercorrono le tappe del popolo di Israele, noi possiamo percorrere quelli delle nostre chiese, delle nostre società e quelli della nostra vita. Sta di fatto che il percorso non è un percorso leggero, ma un percorso lungo, faticoso ed in quanto tale duraturo.
Conclusione
Neemia 11, 1
1 I capi del popolo si sono stabiliti a Gerusalemme; il resto del popolo ha tirato a sorte per far venire uno su dieci a popolare Gerusalemme, la città santa; gli altri nove potevano rimanere nelle altre città.
Siamo partiti dalla necessità di ripopolare la città su solide basi. La conclusione è che il popolo ha fatto un percorso umano, spirituale ed anche demografico: una volta rinnovati fanno un calcolo percentuale per cui il 10% di ogni tribù andrà a ripopolare la città santa.
Vediamo ancora che il sogno di Neemia è un sogno completo: è una missione materiale, ma ha un valore spirituale. Ricostruisce le mura fisiche, ma le riempie di uomini vivi. Questi uomini non sono solo vivi, sono vivificati dal confronto con la Parola di Dio. Noi vogliamo operare per la gloria della Gerusalemme celeste annunciando, praticando, e seguendo la Parola di Dio, che sia sempre al centro della nostra vita. AMEN