Parabola dei lavoratori delle diverse ore

1«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa, il quale, sul far del giorno, uscì a prendere a giornata degli uomini per lavorare la sua vigna. 2 Si accordò con i lavoratori per un *denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3 Uscì di nuovo verso l’*ora, ne vide altri che se ne stavano sulla piazza disoccupati, 4 e disse loro: “Andate anche voi nella vigna e vi darò quello che sarà giusto”. Ed essi andarono. 5 Poi, uscito ancora verso la sesta e la nona ora, fece lo stesso. 6 Uscito verso l’undicesima, ne trovò degli altri in piazza e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno inoperosi?” 7 Essi gli dissero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. 8 Fattosi sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dà loro la paga, cominciando dagli ultimi fino ai primi”. 9 Allora vennero quelli dell’undicesima ora e ricevettero un denaro ciascuno. 10 Venuti i primi, pensavano di ricevere di più; ma ebbero anch’essi un denaro per ciascuno. 11 Perciò, nel riceverlo, mormoravano contro il padrone di casa dicendo: 12“Questi ultimi hanno fatto un’ora sola e tu li hai trattati come noi che abbiamo sopportato il peso della giornata e sofferto il caldo”. 13 Ma egli, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, non ti faccio alcun torto; non ti sei accordato con me per un denaro? 14 Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare a quest’ultimo quanto a te. 15 Non mi è lecito fare del mio ciò che voglio? O vedi tu di mal occhio che io sia buono?” 16 Cosìma gli ultimi saranno primi e i primi ultimi».

Nelle ultime settimane abbiamo parlato in vari modi di soldi. Oggi cambiamo discorso, continuando il nostro percorso sulle parabole di Gesù, anche se il denaro viene comunque citato nella parabola che abbiamo appena letto.

Nella parabola di oggi Gesù ci vuole dire qualcosa riguardo il regno dei cieli. Gesù inizia infatti dicendo che il Regno dei cieli è simile ad un padrone di casa che nel corso della giornata esce varie volte per andare ad assumere dei braccianti che lavorino nella sua vigna. Più precisamente il padrone assume cinque gruppi diversi, il primo la mattina presto, il secondo alle 9:00, il terzo alle 12:00, il quarto alle 15:00 e infine l’ultimo alle 17:00.  Con il primo gruppo il padrone si accorda per un denaro al giorno, mentre agli altri quattro gruppi, che sembravano destinati ad essere disoccupati e inoperosi, il padrone promette di dare “ciò che è giusto”. Questa storia mi ricorda una scena che a volte si vede nei film americani, quando dei lavoratori messicani, spesso immigrati clandestinamente, vengono raccattati da muratori americani.  È una scena che, purtroppo, si ripete tutti i giorni in tanti posti in Italia. Come descrive questo articolo, scritto lo scorso agosto, intitolato “Sedici migranti “schiavi” morti in due giorni nei pulmini della morte”.

                “Una strage in Capitanata. Foggia. Come sabato scorso. Lamiere contorte, un pulmino rovesciato, corpi straziati sull’asfalto coperti da lenzuola bianche. Corpi senza vita e per il momento senza identità… Le vittime erano migranti, clandestini, braccianti. Stipati come sardine nel pulmino con targa bulgara, dopo una giornata di lavoro nei campi a raccogliere il pomodoro e sono morti per l’impatto del mezzo con un camion carico di farinacei. Le indagini e le perizie tecniche daranno risposte sulla dinamica dell’incidente. Magari documenteranno che il pulmino era “usurato”, non “a norma”, magari con i pneumatici consumati o i freni non perfettamente funzionanti…Se sopravvivono [i migranti] alla traversata del Mediterraneo, se non muoiono per il caldo nel deserto o per le percosse dei negrieri, ecco la (ingiusta) ricompensa per i braccianti migranti. «Ieri, i braccianti neri venivano reclutati sulle rotonde dei paesi e raggiungevano la campagna a piedi o con le biciclette. Oggi – spiega Angelo Leo – che una certa attività di controlli è venuta meno, ecco spuntare di nuovo i pulmini». “

Il padrone della parabola di Gesù è simili a coloro che oggi sfruttano i poveri e i migranti? La storia di Matteo sembra rispondere con un categorico “NO”. A fine giornata infatti il padrone dimostra di essere tutto particolare. Chiede al suo amministratore di pagare tutti i lavoratori, cominciando dall’ultimo gruppo. Immagino che il primo gruppo si sia avvicinato all’amministratore sperando di ricevere una buona paga, ma anche timoroso di averci preso una fregatura. Non dimentichiamoci infatti, che il padrone e gli ultimi quattro gruppi non si erano concordati su un prezzo per il lavoro svolto. Deve essere stata una grossa sorpresa per loro vedersi consegnato un denaro a testa per un paio di ore di lavoro. La sorpresa è stata ancora più grande per l’ultimo gruppo ad essere stato pagato. Si tratta dei lavoratori della prima ora che essendo stati pagati per ultimi, hanno osservato tutti gli altri gruppi ricevere un denaro. Gruppo dopo gruppo devono aver pensato che la loro ricompensa, vista la generosità del padrone, sarebbe andata oltre il denaro sul quale si erano accordati. I lavoratori, però, ricevano “soltanto” un denaro e lo prendono lamentandosi contro il padrone. Il padrone risponde a queste lamentele che non si era comportato ingiustamente e che era libero di fare quel che voleva con i suoi soldi. Gesù conclude commentando che “gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi.”

Non so quale è stata la vostra reazione, a pelle, a questa storia. Credo che la parabola ci debba far riflettere sull’intreccio composto dal nostro rapporto con Dio, che viene rappresentato dal padrone, il nostro rapporto con gli altri lavoratori, gli esseri umani e nello specifico i credenti.  Il senso di questa parabola è che Dio salva e benedice le persone in modi e tempi diversi.

Ci sono due interpretazioni classiche di questa parabola. La prima è legata al popolo di Israele, che per primo era stato “assunto” da Dio, che per tanti secoli lo aveva seguito (fallendo miseramente tante volte) e che ora stava per assistere alla salvezza di tanti popoli che da sempre erano stati pagani.

Un’altra interpretazione è legata alla salvezza personale degli uomini, che a volte si salvano quando sono giovani, a volte quando sono degli adulti, e a volte solo in vecchiaia, o sul letto di morte, dopo aver avuto un cuore bestemmiatore per tutta la vita.

Detto questo vorrei innanzitutto concentrarmi sulle qualità del padrone, concentrarmi su tre verità che caratterizzano Dio e che ci portano a riflettere su tutti gli aspetti della nostra vita. Tra poco vi farò un esempio personale, e vorrei che anche voi pensaste ad una situazione della vostra vita alla quale volete applicare le tre caratteristiche di Dio che stiamo per scoprire insieme.  Queste verità le troviamo nei versetti 13-15:

13 Ma egli, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, non ti faccio alcun torto; non ti sei accordato con me per un denaro? 14 Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare a quest’ultimo quanto a te. 15 Non mi è lecito fare del mio ciò che voglio? O vedi tu di mal occhio che io sia buono?”

  • Il padrone è giusto. A volte usiamo la frase “giustizia divina” in modo scherzoso, quando ad un nostro amico succede qualcosa di buffo. La parabola di oggi ci ricorda che noi abbiamo a che fare con un Dio giusto. Un Dio che non mente, che non inganna, che non fa alcun tipo di torto.

 

La Bibbia sottolinea spesso questo punto, e nella prima parte del versetto 17 del Salmo 145 dice che “17 L’Eterno è giusto in tutte le sue vie”. Sicuramente più giusto di quei padroni che sfruttano i propri lavoratori, sicuramente più giusto dei nostri capi che sfruttano il loro posto per farci fare cose che non dovremmo, in modi che non dovremmo. Un po’ di tempo fa ci frequentava una coppia di argentini. La moglie, laureata in arte, non trovando un lavoro nel suo campo ha lavorato per un po’ in dei ristoranti. Ovviamente essendo sottopagata, ovviamente in nero. Quando ci relazioniamo con il nostro “padrone celeste”, dobbiamo stare attenti a non permettere alla realtà che ci circonda di distorcere l’immagine di Dio. Sia se sono un lavoratore della prima ora, ovvero una persona che da anni serve e crede nel Signore, sia se sono una persona dell’ultima ora, convertitasi da poco, dobbiamo tenere bene in mente, quando ci troviamo in situazioni che non ci piacciono, che il Signore è giusto, a prescindere. Una cosa che non mi spiego è come sia possibile che a 30 anni sia ancora single, senza famiglia. In fondo sono anni che lavoro, che mi do da fare. Questo è un esempio personale, ma credo che tutti noi abbiamo le nostre domande per il Signore: perché non ho ricevuto quella promozione? Perché vivo in una famiglia disastrosa? Perché la chiesa non mi aiuta di più? Queste domande devono sempre trovare risposta nel fatto che Dio è giusto. I lavoratori della prima ora potevano essere insoddisfatti della loro paga, ma non per questo il padrone era ingiusto. Quello che egli aveva promesso l’ha anche fatto, è lo stesso è per noi. Dio ci ha promesso la salvezza in Cristo e se l’accettiamo siamo salvati, Dio ci ha promesso di diventare il nostro Padre e in Cristo ci ha adottati come suoi figli.

 

  • Il padrone è autonomo. Ovvero il Padre non deve rendere conto a nessuno di quello che fa, di come lo fa, perché lo fa, quando lo fa. Il padrone non deve dare una spiegazione sul come ha usato ciò che gli appartiene, cioè tutto ciò che esiste. Ancora una volta, dobbiamo stare attenti a non paragonare Dio ad un nostro padrone, un nostro capo, una persona importante dei nostri tempi che verrebbero giudicati negativamente se non rendessero conto del loro operato. Ma Dio non ci deve delle spiegazioni, “Non mi è lecito fare del mio ciò che voglio?”. “Non possiamo esigere da Un Creatore sovrano che si spieghi davanti alle proprie creature … Dio ha motivi validi e sufficienti per agire in un certo modo; noi confidiamo nella sua sapienza e nel suo amore” (Clarkson, Destined for glory”).  Questo non vuol dire che non possiamo fare delle domande a Dio, chiedere il perché. Il problema è quando il nostro perché diventa “quel perché persistente ed esigente che cela un tono di accusa nei confronti di Dio,” (Bridges, Fidarsi di Dio, 120). L’esempio classico nella Bibbia è quello di Giobbe. Giobbe è il protagonista di uno dei libri dell’Antico Testamento ed è un uomo che dopo aver goduto di tante benedizioni, in una sola giornata perde tutti i suoi beni e tutti i suoi figli. Nel libro di Giobbe “per ben sedici volte il protagonista chiede a Dio una ragione. È ostinato e impaziente. Si rivolge a Lui con tono di accusa… Non era necessario che Giobbe sapesse perché le cose stessero andando in quel modo, ma doveva soltanto capire chi ne era il responsabile e chi avesse in mano la creazione. Doveva soltanto conoscere Dio.” (Bridges, 121) A questo si aggiunge il fatto che la nostra comprensione, la nostra visuale, la nostra prospettiva e la nostra intelligenza sono tutte limitate e parziali, a differenza di quelle del Signore.  Tornando al mio esempio personale, quante volte ho preteso che Dio mi spiegasse il perché del mio essere senza famiglia nel corso degli anni. Davanti ad una non risposta, mi deve bastare il fatto che Dio è giusto e che Dio è buono.

 

  • Infine, la terza verità: il padrone è buono. “Or vedi tu di mal occhio che io sia buono?” Ai lavoratori che si lamentavano perché avevano “solo” ricevuto quanto loro promesso, il padrone spiega di essere stato giusto, di essere autonomo e alla fine di essere buono, estremamente generoso. In fondo, il crimine per il quale era accusato consisteva nell’essere stato fin troppo generoso.

 

Il versetto del salmo 145 che abbiamo iniziato a leggere prima, si conclude dicendo “, e benevolo in tutte le sue opere.”

 

Anche in questo caso, Dio contrasta in maniera stridente i capi di questo mondo. Non penso di aver mai sentito parlare di un datore di lavoro che paghi allo stesso modo chi lavora un’ora o chi lavora tutto il giorno. Ed in realtà, se lo facesse, un capo di questo tipo potrebbe essere giustamente accusato di favoritismo o ingiustizia. Ma, come abbiamo già visto, Dio non è ingiusto. La differenza tra un capo terreno e Dio sta nel fatto che i lavoratori di Dio non stanno lavorando per guadagnare qualcosa, ma hanno già guadagnato tutto e per questo motivo lavorano. Nei nostri lavori terreni invece, veniamo ripagati per aver usato il nostro tempo, le nostre abilità, la nostra forza fisica e intellettuale, per fare qualcosa. Non dimentichiamoci mai, cari fratelli e care sorelle, che il denaro che abbiamo ricevuto dal Signore, la salvezza, viene descritta in questo modo da Paolo “è per grazia di Dio che siete stati salvati, per mezzo della fede. La salvezza non viene da voi, ma è un dono di Dio, 9 non è il risultato dei vostri sforzi. Dunque nessuno può vantarsene”. Riprendendo il mio esempio, non posso lamentarmi del mio essere single perché il Signore è giusto, perché Dio è libero di fare quello che meglio crede, e infine perché Dio è buono, è mi ha dato di più di quello che mi merito, e in Lui ho tutto il necessario.  Colossesi 2:10 dice che in Cristo noi abbiamo tutto pienamente! Così grande è la generosità di Dio che ci ha dato completamente Gesù Cristo e in lui tutto quello di cui necessitiamo.

 

Dopo aver considerato le caratteristiche del padrone che abbiamo detto rappresenta Dio, dobbiamo ora considerare anche gli altri protagonisti della storia: i lavoratori. I lavoratori rappresentano l’essere umano che interagisce con Dio. Di fronte ad un Dio giusto, autonomo e buono le reazioni che possiamo avere sono due: abbracciarlo con gioia, riconoscerlo come legittimo sovrano della nostra vita, o ingiustamente e con risentimento opporci a Lui. Possiamo con ammirazione e sorpresa godere del dono inaspettato che ci ha fatto oppure possiamo mormorare e lamentarci per le presunte ingiustizie subite. Possiamo riconoscere che solo lui è Dio, che lui deve essere al centro, che lui deve essere al comando, che lui deve essere esaltato e glorificato, oppure possiamo tentare di imporci come primi, come coloro che hanno fatto e lavorato tanto. Cosa sia meglio per noi e cosa preferisca Dio penso sia palese. È per questo che Gesù afferma alla fine della parabola che gli ultimi saranno primi e i primi ultimi. Se penso di essere un primo, non ho capito Cristo, non ho capito la sua morte, non ho capito la grazia, non ho capito il vangelo. Se penso di essere ultimo, non in quanto a valore o dignità, ma rispetto alla immensa maestà del Re di gloria, allora verrò trattato come un primo da Dio.  L’umile viene trattato da Dio come primo, ma colui che si vanta di se stesso viene trattato come ultimo.  Possa allora questo versetto di Paolo diventare un nostro obiettivo:

“Ma quanto a me, non sia mai che io mi vanti di altro che della croce del nostro Signore Gesù Cristo, mediante la quale il mondo, per me, è stato crocifisso e io sono stato crocifisso per il mondo.” (Galati 6:14)

 

(Chi volesse può continuare a leggere il capitolo 20 di Matteo e vedere se andatevi a vedere cosa succede dopo).