Naomi e Rut: lezioni di quotidianità

Noemi e Rut, Lezioni di quotidianità

La storia di Rut ci presenta due donne del mondo antico che per qualche motivo il Signore ha ritenuto importante conservare tra le pagine della Scrittura. Il libro di Rut non è legge, ma racconto e testimonianza di come Dio opera nelle e attraverso le persone e per questo nonostante si tratti di una vicenda che avrebbe potuto facilmente sparire tra le pieghe della storia, Dio ha ispirato un narratore che non conosciamo, spingendolo a tenere traccia di ciò che è successo a queste due donne.

1:1 Al tempo dei giudici ci fu nel paese una carestia, e un uomo di Betlemme di Giuda andò a stare nelle campagne di Moab con la moglie e i suoi due figli. 2 Quest’uomo si chiamava Elimelec, sua moglie, Naomi, e i suoi due figli, Malon e Chilion; erano efratei, di Betlemme di Giuda. Giunsero nelle campagne di Moab e si stabilirono là.
3 Elimelec, marito di Naomi, morì, e lei rimase con i suoi due figli. 4 Questi sposarono delle moabite, delle quali una si chiamava Orpa, e l’altra Rut; e abitarono là per circa dieci anni. 5 Poi Malon e Chilion morirono anch’essi, e la donna restò priva dei suoi due figli e del marito.
6 Allora si alzò con le sue nuore per tornarsene dalle campagne di Moab, perché nelle campagne di Moab aveva sentito dire che il SIGNORE aveva visitato il suo popolo, dandogli del pane. 7 Partì dunque con le sue due nuore dal luogo dov’era stata, e si mise in cammino per tornare nel paese di Giuda.
8 E Naomi disse alle sue due nuore: «Andate, tornate ciascuna a casa di sua madre; il SIGNORE sia buono con voi, come voi siete state con quelli che sono morti, e con me! 9 Il SIGNORE dia a ciascuna di voi di trovare riposo in casa di un marito!» Le baciò; e quelle si misero a piangere ad alta voce, 10 e le dissero: «No, torneremo con te al tuo popolo». 11 E Naomi rispose: «Tornate indietro, figlie mie! Perché verreste con me? Ho forse ancora dei figli nel mio grembo che possano diventare vostri mariti? 12 Ritornate, figlie mie, andate! Io sono troppo vecchia per risposarmi; e anche se dicessi: “Ne ho speranza”, e anche se avessi stanotte un marito, e partorissi dei figli, 13 aspettereste voi finché fossero grandi? Rinuncereste a sposarvi? No, figlie mie! Io ho tristezza molto più di voi, perché la mano del SIGNORE si è stesa contro di me». 14 Allora esse piansero ad alta voce di nuovo; e Orpa baciò la suocera, ma Rut non si staccò da lei.
15 Naomi disse a Rut: «Ecco, tua cognata se n’è tornata al suo popolo e ai suoi dèi; torna indietro anche tu, come tua cognata!» 16 Ma Rut rispose: «Non pregarmi di lasciarti, per andarmene via da te; perché dove andrai tu, andrò anch’io; e dove starai tu, io pure starò; il tuo popolo sarà il mio popolo, e il tuo Dio sarà il mio Dio; 17 dove morirai tu, morirò anch’io, e là sarò sepolta. Il SIGNORE mi tratti con il massimo rigore, se altra cosa che la morte mi separerà da te!» 18 Quando Naomi la vide fermamente decisa ad andare con lei, non gliene parlò più.
19 Così fecero il viaggio assieme fino al loro arrivo a Betlemme. E quando giunsero a Betlemme, tutta la città fu commossa per loro. Le donne dicevano: «È proprio Naomi?» 20 E lei rispondeva: «Non mi chiamate Naomi; chiamatemi Mara, poiché l’Onnipotente m’ha riempita d’amarezza. 21 Io partii nell’abbondanza, e il SIGNORE mi riconduce spoglia di tutto. Perché chiamarmi Naomi, quando il SIGNORE ha testimoniato contro di me, e l’Onnipotente m’ha resa infelice?»
22 Così Naomi se ne tornò con Rut, la Moabita, sua nuora, venuta dalle campagne di Moab. Esse giunsero a Betlemme quando si cominciava a mietere l’orzo.

1. Naomi, la sovranità di Dio.

La lettura del primo capitolo delle prime righe del libro di Rut è desolante. Il narratore visibilmente non mira ad impietosirci o a colpirci ed in effetti è estremamente asciutto e impersonale. Non fa nessuno commento e si limita a narrare dei fatti. In appena cinque versetti assistiamo a delle disgrazie orribili. Una donna fugge da una carestia, quindi parte per smettere di soffrire, va in un paese dove sarebbe anche vietato andare per un ebreo trattandosi di un paese ostile ad Israele, e qui la rovina si abbatte su di lei. Rimane prima vedova e poi perde due figli, dolore incolmabile per una madre. Il narratore non calca la mano su questa sofferenza, ma è bene sottolinearla per imparare qualcosa dalla vita di questa donna. Preferisce insistere sul legame forte creatosi con entrambe le nuore, che nel caso di Rut diventa decisivo. Rut si impegna a passare il resto della sua vita con la suocera, sfatando uno di quegli stereotipi più tipici delle nostre culture, secondo cui le suocere sono sempre poco simpatiche. Rut non solo è molto impressionata da Naomi, ma scegli di sposare il suo popolo, e il suo Dio, riconoscendo una particolarità nel nome di YhWh. Questo è veramente sorprendente se si pensa che Naomi non ha molto da offrire: è sufficientemente autoironica per affermare che non potrà fare altri figli, ma visibilmente la sua sorte non è una sorte invidiabile. Perché mai Rut vuole restare con Naomi? Sicuramente ci può essere una forte intesa tra le donne, un senso del dovere derivato dal legame di parentela, ma Rut va al di là del semplice affetto. Vuole adottare il Dio di Noemi come suo Dio. Naomi ha saputo presentare YHWH come il vero Dio. La sua vita apparentemente fallimentare ha qualcosa di speciale e di diverso, in quanto conosce questo Dio chiamato YHWH. Una prima ragione che possiamo individuare sono le sue affermazioni riguardo a quanto le è accaduto:

  •  Io ho tristezza molto più di voi, perché la mano del SIGNORE si è stesa contro di me (13)
  • Non mi chiamate Naomi; chiamatemi Mara, poiché l’Onnipotente m’ha riempita d’amarezza. 21 Io partii nell’abbondanza, e il SIGNORE mi riconduce spoglia di tutto. Perché chiamarmi Naomi, quando il SIGNORE ha testimoniato contro di me, e l’Onnipotente m’ha resa infelice?

Naomi non nasconde affatto la sua amarezza, fino al punto di volersi cambiare il nome, ma in questo suo dolore e sciagura non dubita un solo momento che il Signore sia al controllo della situazione e che che quella sciagura sia in qualche modo determinata da Dio. Non si tratta di fatalismo, ma di fede. Per altro, afferma la bontà di Dio, auspicando che il Signore sia buono verso Orpa e Rut come loro lo sono stati con i suoi figli. Questa testimonianza nel quotidiano ha permesso ha fatto capire a Rut la vanità delle divinità moabite e la grandezza di Yhaveh

Osserviamo che Naomi non è stata un predicatrice, non ha compiuto miracoli, né gesta straordinarie, ma ha praticato la fedeltà verso Dio nella sua quotidianità e questo è stato osservato dalle sue nuore, da Rut in particolare. Ha attraversato delle vicende molto dure, privata degli affetti più importanti, ma non per questo ha rinnegato il suo Dio. Trasmette un messaggio centrale per il Significato della parola fede, che non è un ottimismo vago valido fintanto che tutto va bene, ma la convinzione che un Dio esiste e che determina il percorso della nostra vita e di quella di tutto il mondo.

2. Rut la casualità di Dio

Una volta tornate a Betlemme Rut e Moab devono ricominciare la loro vita e Rut non perde tempo, si mette subito in cerca di lavoro. La spigolatura è un lavoro umile consistente nel raccogliere gli scarti della raccolta dei cereali in un campo di proprietà di altri. Rut non ha idea di chi sarà la persona agli occhi di cui “avrà grazia”, cioè chi gli concederà di spigolare nel suo campo, ma parte. Ancora di meno sa che entrerà nel campo di un signore ricco e benevolo, parente di Naomi. Molto interessante l’espressione “per caso”. È l’unica volta che quest’espressione compare nella Bibbia, ed è sorprendente perché siamo abituati a pensare che il caso non esista, proprio perché come appena detto il mondo è governato da Dio e Naomi aveva una fiducia estrema in questa verità. Eppure il narratore usa questo termine. Non si tratta qui di ricorrere al concetto filosofico di caso, quindi all’idea che le cose procedano per conto loro, senza un principio unificante, e che esista un destino cieco verso cui il mondo procede. Il narratore sottolinea bene l’atteggiamento inconsapevole di Rut, il fatto che non agisce intenzionalmente nell’andare in quel campo, va dove le capita e dove trova da spigolare. All’interno di questa nostra inconsapevolezza, del nostro fare le cose per caso Dio agisce. E ancora una volta notiamo che Dio agisce nella semplicità della nostra quotidianità.

Cosa ha fatto Rut di straordinario perché la sua vita venisse cambiata? Non ha fatto carriera, non ha vinto al totocalcio, ma si è limitata a fare ciò che tutti fanno nella loro quotidianità: è andata a lavorare. Probabilmente animata dalla stessa fede nella sovranità di Dio che aveva sostenuto sua suocera. In questa sua azione fedele Dio è intervenuto facendole incontrare un uomo che le avrebbe cambiato la vita. Ma non dobbiamo focalizzare la nostra attenzione sull’uomo e sull’incontro: la dobbiamo concentrare su quel per casoin cui Dio opera. In quel lavorare senza lamentarsi, in quel cercare di essere fedele nelle normali opere quotidiane.

Ecco un nuovo incoraggiamento per noi. Qualcuno forse è in cerca di lavoro, qualcun altro in cerca di moglie o di marito, e altri ancora di qualcosa di cui hanno bisogno. Se la ricerca si protrae è possibile farsi prendere dall’ansietà o dallo scoraggiamento. L’esempio di Rut ci insegna che le cose avvengono per caso, nel senso che non facciamo chissà quali sforzi, lasciando agire il Signore nella nostra quotidianità.

3. Naomi e Rut, la benedizione di Dio

La storia è decisamente a lieto fine. Naomi che avrebbe voluto cambiare il suo nome nel suo contrario è abbondantemente rincuorata, e se ha perso dei figli, perdita incolmabile, ha tuttavia trovato l’affetto profondo della nuora e un nipote che è per lei come un figlio. Il lieto fine non può con un colpo di spugna cancellare quanto è accaduto prima, ma fa vedere come Dio intervenga profondamente nelle vite nonostante le orribili disgrazie che accadono. Quello che però è ancora più interessante in questo finale non è solo il fatto che in qualche modo la vita del nuovo bambino germina, contrastando con la moglie dei due figli di Naomi all’inizio; viene precisato che Obed, entrerà a fare parte della geneaologia di Davide, quindi di Gesù.

Potremmo tornare all’inizio e osservare l’assoluta banalità di questa storia. Una donna perde i suoi due figli, poi trova un marito e ha un figlio. Punto. Eppure questa storia è un dei modi di cui Dio si serve perché il suo popolo si ricordi di lui e della sua fedeltà. Le donne del popolo benedicono il Signore e sono piene di speranza. È una storia che dà speranza non solo a Rut e Naomi, e alla famiglia stretta, ma a tutto il popolo.

Inoltre è una delle tante storie di cui Dio si serve per fare entrare nel mondo Gesù, ugualmente caratterizzato da persone molto normali, come Giuseppe e Maria, che non hanno fatto niente di straordinario per essere i veicoli dell’entrata nel mondo del re dei re, ma che sono discendenti di Davide. Dio si è servito di queste persone semplici, fedeli nella normalità del quotidiano per portare la straordinarietà della sua presenza tra di noi.

Sicuramente molti di noi si sentono mancanti, banali, insignificanti… pensano di non essere persone straordinarie. Forse alcuni di noi sono dei semplici operai, dei semplici impiegati, dei semplici studenti o liceali e pensano che le grandi opere di Dio siano riservate ai grandi missionari o predicatori. Eppure questo passo ci mostra come proprio queste persone insignificanti e banali lasciano una traccia importante nella storia, e permettono l’entrata di Dio nella storia dell’uomo.

La quotidianità è fatta di cose semplici e a volte atroci, come la morte di un marito e di figli. Quella di Gesù è fatta di sofferenze ancora peggiori come la morte in croce. Per alcuni la morte di Gesù in croce è un fatto normale, come tanti altri che capitano nella storia. La sua venuta nel quotidiano, la sua morte e la sua resurrezione sono invece fatti straordinari, unici capaci di dare senso a tutte le quotidianità che viviamo, che saranno qualcosa se riconosciamo al loro centro la sovranità di Dio e la sua presenza. Come Naomi. Come Rut.