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Vi è mai capitato di sentirvi chiedere da qualcuno: «Ma come fai a fidarti di quella persona?» Magari prima di dare un incarico a qualche persona per un lavoro di fiducia, magari quando si tratta di decidere chi votare, magari se si tratta di scegliere un baby sitter per i bambini o di lasciarli andare a casa di un loro amico con dei genitori un po’ particolari…
Anche il passo di oggi pone il tema della fiducia, e vedremo come questa domanda della fiducia viene posta in maniera del tutto insolita e nuova.
Dopo una lunga raccolta di oracoli il libro di Isaia ci presenta una parentesi narrativa che durerà per quattro capitoli. I capitoli sono molto simili a quelli di 2 Cronache 32, e diversi studiosi ritengono che Isaia, vicino alla corte di Ezechia avesse accesso agli archivi del re, e che abbia quindi inserito nel suo libro profetico questo passo storico, interessante per noi perché ci racconta uno spaccato della vita del profeta.
Leggiamo il capitolo 36 fino a 37, 7.
Riassumiamo brevemente la fine: Il re d’Assiria, nonostante abbia ricevuto la notizia di un attacco contro il suo esercito del re di Etiopia Tiraca, manda a dire ad Ezechia di non fidarsi di Dio, perché gli Assiri sono invincibili. Ezechia quindi prega così:
16 «SIGNORE degli eserciti, Dio d’Israele, che siedi sopra i cherubini! Tu solo sei il Dio di tutti i regni della terra; tu hai fatto il cielo e la terra. 17 SIGNORE, porgi l’orecchio e ascolta! SIGNORE, apri i tuoi occhi e guarda! Ascolta tutte le parole che Sennacherib ha mandate per insultare il Dio vivente! 18 È vero, SIGNORE; i re d’Assiria hanno devastato tutte quelle nazioni e i loro paesi, 19 e hanno dato alle fiamme i loro dèi; perché quelli non erano dèi; ma erano opera di mano d’uomo: legno e pietra; e li hanno distrutti. 20 Ma ora, SIGNORE, Dio nostro, liberaci dalle mani di Sennacherib, affinché tutti i regni della terra conoscano che tu solo sei il SIGNORE!»
Isaia manda a dire ad Ezechia che Dio ha ascoltato la sua preghiera e che punirà Sennacherib. L’angelo del Signore colpisce infatti il campo degli Assiri e Sennacherib viene ucciso proprio mentre è prostrato nella casa del suo Dio Nisroc, dai suoi figli.
1. In chi hai riposto la tua fiducia? (36,5) La legittima paura di Ezechia
«In chi hai riposto la tua fiducia?» Una simile domanda ci fa pensare immediatamente ad un contesto in cui Dio parla ad un credente e gli chiede se sta veramente credendo come si deve, o se invece non si stia sviando verso altri fonti di sicurezza. La troviamo invece nel discorso provocatorio di Rabsaché, mandato dal re d’Assiria Sennacherib, per screditare Dio agli occhi del re Ezechia. Lo sfida a non confidare né nell’Egitto, sostegno di canna rotta, né nel Signore. Arriva a dire che lui stesso è mosso dal Signore, e cerca di coinvolgere tutto il popolo in modo che non ascolti Ezechia.
È possibile che in un certo momento della nostra vita in cui stiamo trascurando il Signore, un fratello o lo stesso Spirito ci chieda in chi abbiamo riposto la nostra fiducia. A quel punto cercheremo di esaminare noi stessi e di esaminare se abbiamo fissato le giuste priorità. Ma è possibile anche che questa sfida ci venga dal di fuori. Che non sia Dio a lanciarcela, ma un qualche Sennacherib, un amico di cui non condividiamo lo stile di vita, un familiare con cui abbiamo un conflitto per le priorità esistenziali, amici con cui ci confrontiamo su scelte etiche: è perfettamente possibile che ci sentiamo dire: ma come fai a fidarti di Dio? Come fai a fidarti di quel libro che chiami Sua Parola, come fai a fidarti di discorsi vecchi di 2000 e più anni? Se questa domanda viene dal di fuori, da chi non è Dio e che a Dio si oppone, benché dovremmo essere forti, è perfettamente possibile che siamo presi dallo spavento. Conosco persone che per delle aggressioni soltanto verbali sono finite al pronto soccorso, e hanno impiegato qualche giorno per riprendersi. Perché se Dio ci riprende possiamo tremare, ma la fiducia rimane. Mentre l’uomo minaccioso spaventa. E se così ci capita questo passo è qui per dirci che è perfettamente normale, e che è capitato anche ad Ezechia. Essere scherniti e minacciati per la fiducia nel Dio che abbiamo è normale. Normale è anche tremare ed avere paura, e chi si sente a disagio quando deve testimoniare di Dio, chi ha paura, sappia che questo è capitato anche ad un uomo vicino a Dio come Ezechia. Per giunta re.
2. Il Sostegno di Ezechia in Isaia.
Tuttavia, se Ezechia in un primo momento ha paura, e si straccia le vesti, dopo che se le erano stracciate anche i messaggeri che gli avevano portato la notizia, con le vesti stracciate, entra nella casa del Signore e manda diversi messaggeri – tutti con vesti stracciate e vestiti di sacco, motivo per cui posso immaginare che almeno i sarti a Gerusalemme si saranno rallegrati – ad Isaia. Il fatto stesso che in quel paese esistesse un Isaia, un profeta a cui il re ha potuto rivolgersi nel momento della disperazione, è un fatto importante. Ezechia dopo la paura iniziale, ricerca la presenza del Signore, (tempio) e la sua Parola (Isaia). Isaia lo rassicurerà, ma credo che il fatto che Isaia sia potuto andare da lui per confidarsi, per trovare conforto, per confessare la sua paura e la sua impotenza sia un fatto molto importante.
Perché stiamo studiando il libro del profeta Isaia? Per lo stesso motivo per cui Ezechia è andato da lui. Perché troviamo in esso delle parole forti, che aprono orizzonti di speranza o spingono al ravvedimento, ma sempre sono parole incisive e determinanti.
Molti oggi, se hanno un problema consultano internet, digitano un problema e sperano di avere una soluzione a velocità di google. Altri si rivolgono ad una religione, ad una serie di riti e pratiche preconfezionate che addormentano la coscienza e calmano l’anima. Ezechia invece di rivolge ad un uomo in carne ed ossa che gli parla del Dio vivente. Se oggi leggiamo Isaia e lo meditiamo è proprio perché in esso troviamo parole di vita eterna, scritte da un uomo ora morto, ma un tempo vivo, proprio come i discepoli in Gesù. Impariamo ad andare da Isaia, ed anche ad essere Isaia per altri.
3. La preghiera di Ezechia. Per il popolo e per Dio
Ezechia non si limita ad andare da Isaia, al quale inizialmente parla del Signore come del «tuo Dio». (37:4). Il Signore è anche il suo Dio e verso di lui rivolge una preghiera esemplare, modello di preghiera anche per noi. Dopo le dichiarazioni di sovranità di Dio, Ezechia si rivolge a Dio invocandolo direttamente, e se noi cantiamo «apri i miei occhi o Signore», egli ardisce esortare Dio ad aprire i suoi occhi! (17). Ha preso sul serio il Dio che ha potere di liberare, ma da quel che dice mostra di avere a cuore due cose:che il popolo sia liberato, come aveva già chiesto parlando ad Isaia (4) e che i popoli che hanno insultato sappiano che YHWH il Signore è il solo vero Dio. Non chiede protezione per se stesso o per la sua famiglia, ma a cuore il nome del Signore e la sorte del popolo.
Siamo soliti chiedere a Dio molte cose in preghiera, che riguardano spesso il nostro benessere fisico e materiale, ma notiamo bene in questo passo che una vera preghiera ha come preoccupazione sostanziale la gloria di Dio, e la conoscenza di Dio sulla terra, senza la quale il benessere materiale, emotivo e spirituale è vano.
4. La vittoria di Ezechia. Sennacherib punito.
La fine di Sennacherib e dell’esercito assiro è spaventosa. L’esercito viene sterminato da un intervento dell’angelo del Signore. Non sappiamo come intervenne, forse con una malattia, con un infarto collettivo, ma comunque con una strage di 185 mila persone. Intervento che richiama alla mente quanto detto nei capitoli precedenti che parlano di giudizio (34). Sennacherib invece viene ucciso dai suoi stessi figli, mentre sta adorando il suo Dio.
Che messaggio ci trasmette questo? Ripensiamo alla domanda iniziale: in chi abbiamo fiducia? Il Dio in cui abbiamo fiducia è stato presente in questa scena sin dall’inizio. Nella paura, nella preghiera, nel sostegno e nella punizione. Ezechia ha abbandonato il suo destino e quello del popolo nelle mani del Signore, ed il male è stato sconfitto indipendentemente dall’azione di Ezechia. È un bel riassunto del vangelo. La morte di un malvagio come Sennacherib ci ricorda che, indipendentemente da noi, e in un tempo anche lontano dal nostro, il malvagio dei malvagi, Satana, l’avversario, è stato sconfitto sulla croce. Perché a morire questa volta non è stato un uomo qualunque, ma una vittima pura che ha pagato per i peccati di Ezechia, di Isaia, degli assiri, e di noi stessi oggi. Questo finale non è un lieto fine banale, in cui il male viene punito ed il bene trionfa, ma un finale che ci ricorda che la vittoria costa, che come sono morte tante persone per il male che viene commesso nel mondo, così è morto un giusto, Dio stesso incarnato, soffrendo per noi, e prendendo su di sé i nostri errori. Per questo oggi possiamo vivere e ripercorrere ogni giorno la strada di Ezechia che va dalla paura, alla fiducia, alla preghiera e alla vittoria.