38 Allora alcuni scribi e farisei presero a dirgli: «Maestro, noi vorremmo vederti fare un segno». 39
Ma egli rispose loro: «Questa generazione malvagia e adultera chiede un segno; e segno non le sarà dato, tranne il segno del profeta Giona. 40 Poiché, come Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così il Figlio dell’uomo starà nel cuore della terra tre giorni e tre notti. 41 I Niniviti compariranno nel giudizio con questa generazione e la condanneranno, perché essi si ravvidero alla predicazione di Giona; ed ecco, qui c’è più che Giona! 42 La regina del mezzogiorno comparirà nel giudizio con questa generazione e la condannerà; perché ella venne dalle estremità della terra per udire la sapienza di Salomone; ed ecco, qui c’è più che Salomone!
43 «Quando lo spirito immondo esce da un uomo, si aggira per luoghi aridi cercando riposo e non lo trova. 44 Allora dice: “Ritornerò nella mia casa da dove sono uscito”; e quando ci arriva, la trova vuota, spazzata e adorna. 45 Allora va e prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui, i quali, entrati, vi prendono dimora; e l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima. Così avverrà anche a questa malvagia generazione».
Mi sono laureato in semiotica, che viene definita la scienza che studia i segni. Non dovrei quindi per formazione nutrire alcuna avversità per la ricerca di un segno che, come ricordo dai miei studi universitari, è un qualcosa che sta per qualcos’altro che non è presente, in un certo contesto… Un’impronta di un cinghiale per terra sta al posto del suo piede e mi prova che è passato di lì un animale. Se poi io al semaforo mi fermo perché vedo un colore rosso, in quel contesto lì il colore rosso significa che mi devo fermare. Quel semplice colore sostituisce un’istruzione lunga, come fermati perché stai incrociando un’altra strada da cui possono arrivare della macchine. Se cambio contesto e sventolo una bandiera rossa non significa che non posso passare, ma forse che sto inneggiando al comunismo… Non dico ad alta voce: sono comunista, mi basta sventolare un colore e si capisce. Aumentando il grado di spiritualità, quando ci battezziamo diciamo che quello è un segno dell’essere morti e risorti in una nuova vita spirituale. Ciò che non c’è è la morte fisica vera e propria e la resurrezione vera e propria, ma il segno e lì. E se cambio contesto e non sono in presenza di una chiesa, ma mi immergo in una vasca, potrebbe essere segno che ero sporco e che puzzavo, e che quindi mi dovevo lavare… Quindi i segni sono cose che stanno al posto di altre, e che creano significato, e la nostra vita che è fatta di parole che non sono altro che segni
Anche ai farisei interessano i segni, ma nel loro modo di capire, i segni sono piuttosto limitati: sono prove! A Gesù interessano ancora di più, ma fa le opportune precisazioni.
1. La ricerca di un segno. Dove inizia il segno finisce la fede
I farisei vogliono un segno. Di cosa? Nel capitolo 12 si è ascritto il titolo di messia in più modi, facendo guarigioni, chiarificando che caccia i demoni con lo Spirito di Dio, ma ai farisei non basta. Cercano un segno che provi la sua origine divina. Nei documenti rabbinici del tempo troviamo alcuni segni richiesti per comprovare l’origine divina dei profeti. Ai farisei non bastano i miracoli operati da Gesù, i suoi esorcismi e le guarigioni, vogliono qualcosa di più. Cos’è il di più? E qui ritorna la nostra definizione: il segno è una cosa che sta per qualcos’altro in un certo contesto. La cosa che non c’è, che non è tangibilmente presente è Dio, e i farisei chiedendo un segno vorrebbero una specie di materializzazione della divinità sulle opere che Gesù compie. Si tratta di qualcosa di quasi impossibile, perché equivarrebbe a vedere Dio. Il grande teologo Albert Schweitzer ha detto: “La richiesta di un segno rivela la fine della fede”. Probabilmente in questi farisei la fede non è neppure iniziata, ma la loro sete di segni si va a sostituire alla relazione di amicizia e di amore con Gesù, che loro rifiutano. La fede è credere ciò che non si vede, mentre i farisei richiedono di vedere e basta, senza più bisogno di credere niente. Eppure hanno visto cose straordinarie.
Dobbiamo confessare che ci capita in momenti di difficoltà rispetto a delle scelte importanti di ricercare segni. È legittimo volere l’approvazione o il diniego di Dio rispetto a quello che facciamo, ma è forte la tentazione di chiedere a Dio una sorta di oroscopo cristiano in cui ci dica di continuo che strada prendere e cosa fare, aspettando dei segni. Questo si sostituisce alla preghiera, al dialogo con Dio. La ricerca continua di segni trasforma la fede in superstizione non lascia quello spazio al rapporto dialogo con Dio che è il vero spazio della fede.
Ugualmente si corre il grosso rischio di leggere come segno tutto ciò che capita, in particolare quando siamo in presenza di fatti eclatanti. Si pensi a tutte quelle interpretazioni che sono state date alla pandemia, con cui Dio avrebbe voluto parlarci, allertarci e simili. Si tratta spesso di considerazioni assolutamente gratuite che non tengono conto di come Dio agisce nei confronti dell’umanità, a cui in realtà non verrà dato che un unico segno: quello del profeta Giona.
2. Il tipo di segno. La resurrezione
(Il segno di Giona rimane l’unico segno vero per il NT, che anche i pagani sanno cogliere. I pagani del passato hanno saputo cogliere i segni di contenuto del popolo ebraico, mentre gli ebrei presenti non riconoscono colui che è più di Giona e della regina di Saba.
L’errore enorme dei farisei è che cercano segni, mentre hanno davanti a loro l’unico vero Segno: Gesù, che in qualche modo, è lì a rappresentare Dio. Il segno convincente verrà dunque dato loro più tardi, con la resurrezione, ma rivelano una grande cecità perché mentre dei pagani come i niniviti e la regina di Saba furono in grado di capire che la predicazione di Giona e la saggezza di Salomone erano degne di attenzione fino al punto di convertirsi per i primi, e di offrire doni a Salomone la seconda, i contemporanei di Gesù non sono in grado di capire chi è davanti a loro – oppure non vogliono. I pagani non hanno cercato segni, si sono limitati a costatare umilmente che qualcosa di straordinario avveniva e che questo veniva dagli ebrei, a loro estranei. Al contrario, i contemporanei di Gesù cercano un segno da un loro correligionario che è molto di più ri un re dell’antico testamento o di un profeta.
Il grande segno che Gesù darà sarà simile a quello del profeta Giona che prossimo alla morte viene tratto fuori dal pesce. Ugualmente Gesù risorgerà dalla morte vera e propria, sconfiggendola. Questo sarà il segno dei segni ed è importante capire che nonostante il tono minaccioso di Gesù che accusa la generazione di essere perversa, nondimeno offre loro un segno: tutti potranno vedere il segno della resurrezione e aprire il loro cuore al Signore risorto. Davanti a quella resurrezione potranno ancora pronunciare il loro sì o il loro no con la conseguenza di essere salvati o perduti eternamente. Nonostante il rifiuto della generazione perversa la porta del Dio d’amore è ancora aperta, per comunicare attraverso un segno di vita, di resurrezione, che risorgere si può.
Gesù ha detto altrove che nessuno è profeta in patria. Ci capita di dare scarsa attenzione a cose che facciamo da molto tempo e a volte in modo ripetitivo. Riunioni, letture della parola, preghiere, incontri di lode o eventi che magari persone che neppure credono o che non fanno parte del nostro ambiente trovano estremamente interessanti. Non ci rendiamo a volte conto del tesoro che abbiamo in mano e sottovalutiamo occasioni che in realtà sono preziose
3. Cosa lascia un segno.
Quest’ultima parabola sembrerebbe quasi staccata da quanto precede, ma in realtà Gesù precisa bene che la storia dello spirito immondo che torna riassume ciò che capiterà alla generazione presente. Non è affatto lontana dall’affermazione letta ancora sopra secondo cui: chi non è con me è contro di me, e precisa che non esiste uno spazio di neutralità. Se la generazione presente continua a bestemmiare contro lo Spirito Santo rimarrà vuota e si lascerà facilmente conquistare da altri spiriti peggiori del primo. In questo passo che ha parlato di segni il grosso errore dei farisei è di non aver capito che non c’è bisogno di cercare segni: bisogna lasciare piuttosto che lo Spirito Santo lasci un segno nei loro cuori. Rifiutando questo segno si sono esposti ad essere come dei malati di aids spirituale: non sono affatto neutrali rispetto a Dio, sono affetti fa una grave malattia al sistema immunitario spirituale che li lascia aperti a qualunque vento di dottrina, rendendoli incapaci di vivere secondo la volontà di Dio.
Questo passo è estremamente attuale anche per noi. Lo spirito Santo è chiamato “sigillo”, che è proprio un segno messo su un documento per attestarne la validità. Se abbiamo questo segno dello Spirito di Dio su di noi, abbiamo il dovere di essere a nostra volta segno: non daremo sempre dei segni straordinari come quelli elencati alla fine del vangelo di Marco, ma avremo la responsabilità di ricordare un unico segno: Gesù è risorto e ci ha fatto risorgere. Una vita risorta spiritualmente è un segno vivente.