Che cosa pensereste se una domenica per il nostro incontro avessimo un predicatore che, iniziando il sermone, dicesse:” Il Signore mi ha donato una grande saggezza. Io ho usato questa saggezza per investigare la sorte dell’uomo: la saggezza, la follia, il lavoro, i tormenti, l’insoddisfazione e l’amore. Ho provato ogni forma di bevanda alcolica, ho accumulato grandi somme di denaro, costruito case ed edifici. Ho avuto tutte le donne che desideravo e non mi sono rifiutato alcun tipo di gioia terrena.” Come reagiremmo a questo tipo di messaggio? Con perplessità? Con diffidenza? È in questo modo, più o meno, che si apre un libro della Bibbia, il libro dell’Ecclesiaste.
Il libro dell’Ecclesiaste è un concentrato di realismo, cinismo e buon senso. è un testo “senza peli sulla lingua”. Un testo incredibilmente ricco di saggezza, intesa come capacità di osservare e valutare le varie sfaccettature della vita. Un testo, in un certo senso, lontano dal “cristianese” che spesso usiamo quando parliamo con i nostri amici. Un testo dal quale oggi leggeremo parte del capitolo 7 (Ecclesiaste 7:8-22), un brano che ci darà dei bei consigli su come affrontare i nostri impegni. Un brano che oggi vogliamo studiare insieme per vedere cosa ha da dirci in quanto singoli ma anche in quanto chiesa locale, specialmente in questo periodo. Settembre, infatti, è un mese di partenze, riprese, nuove sfide, vecchie e nuove attività. Qualcuno fra di noi inizierà un nuovo lavoro, o un nuovo ministero, o un nuovo corso. Altri hanno ripreso la vita quotidiana dopo un periodo di vacanze. Magari qualcuno si è ripromesso di impegnarsi di più nella lettura della Bibbia o di gestire meglio il proprio tempo o le proprie risorse. Come chiesa abbiamo ripreso durante la scorsa settimana i nostri incontri domenicali e infrasettimanali e già questa cosa è stata motivo di grande gioia. Oggi pomeriggio avremo modo di pianificare le attività della chiesa per il nostro futuro prossimo. Vorrei che il mio 2016/2017, così come il vostro, possa essere vissuto per la gloria del Signore, impegnandoci al massimo nel fare la nostra parte e lasciando il resto al Signore.
Colossesi 3 ci esorta in questo modo: (23) Qualunque cosa facciate, fatela di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini, (24) sapendo che dal Signore riceverete per ricompensa l’eredità. Servite Cristo, il Signore!”
Avendo stabilito che ogni cosa che facciamo, ogni sfida che affrontiamo, ogni impegno che prendiamo vogliamo portarlo avanti avendo il Signore come punto di riferimento e metro di misura; come possiamo effettivamente riuscire in questo intento? Il testo di oggi ci da alcuni consigli a riguardo. Vogliamo dividere il brano in quattro parti e vedere insieme quattro suggerimenti scritti dall’uomo più saggio che il mondo abbia mai conosciuto
Ecc 7:8-10 Vale più la fine di una cosa, che il suo principio; e lo spirito paziente vale più dello spirito altero. (9) Non ti affrettare a irritarti nello spirito tuo, perché l’irritazione riposa in seno agli stolti. (10) Non dire: “Come mai i giorni di prima erano migliori di questi?”, poiché non è da saggio domandarsi questo.
1- Paziente costanza. Ogni volta che inizio qualcosa di nuovo è facile essere determinato, pieno di voglia ed energia. Ma durante il nostro cammino sicuramente ci saranno dei momenti difficili: un collega che non si comporta bene, una sconfitta, una malattia, un incarico gravoso, un’evangelizzazione che non è andata come avremmo voluto, un incontro al quale non si presente nessuno e così via. In quei momenti l’Ecclesiaste ci esorta a non mollare, a non demoralizzarci e ad essere costanti, a portare a compimento ciò che abbiamo iniziato. Il valore di un percorso si giudica dal suo compimento e non dal suo inizio. La costanza è una caratteristica di Dio: egli mantiene le promesse fatte, porta a compimento l’opera iniziata e rimane fedele per l’eternità. Questa caratteristica noi possiamo rifletterla attraverso la costanza nelle attività che iniziamo e gli impegni che ci prendiamo. Vogliamo quindi essere costanti e al tempo stesso vogliamo essere pazienti. Quando le cose non vanno come vorremmo non serve a niente irritarsi così come non è saggio guardare al passato e paragonarlo al presente. Fare le cose con nervosismo non è da saggi bensì da stolti, lamentarsi perché stavamo meglio prima, perché “si stava meglio quando si stava peggio” non serve a niente. Ieri non sono riuscito a stampare gli appunti della predicazione pur avendo due stampanti in casa e questo mi ha fatto innervosire. Ma poi, in preghiera, ho capito quanto fosse futile arrabbiarsi per questa situazione.
Questo è il tempo che il Signore ci ha dato e vogliamo viverlo con costanza e pazienza, sapendo che spesso le cose non vanno come avevamo pianificato, accettando i cambiamenti e gli ostacoli cercando di non irritarci o innervosirci.
(11) La saggezza è buona quanto un’eredità, e anche di più, per quelli che vedono il sole. (12) Infatti la saggezza offre un riparo, come l’offre il denaro; ma l’eccellenza della scienza sta in questo, che la saggezza fa vivere quelli che la possiedono.
2- Saggezza. Guardano ai nostri impegni come singoli e come chiesa vogliamo ricordarci anche di essere saggi. Ovviamente se siamo figli di Dio dovremmo cercare di capire cosa Dio intende per saggezza.
Salomone afferma che “Il principio della saggezza è il timore del SIGNORE, e conoscere il Santo è l’intelligenza.” (Pro 9:10)
Il saggio, secondo Salomone, è l’uomo che teme il Signore, il suo giudizio, che ha Dio come centro del proprio universo e non il suo ego. Questo tipo di saggio trova riparo in Dio e non nella propria saggezza, nella propria intelligenza o nelle proprie abilità. Mettiamo i nostri piani, i nostri desideri, i nostri impegni e le nostre vite davanti al Signore per capire quali sono le scelte migliori da fare, come affrontare delle situazioni, come rispondere alle pressioni e alle tentazioni che vengono dal mondo in modo da rimanere sicuri nel riparo che la saggezza divina offre. L’Ecclesiaste afferma che la saggezza può offrire un riparo e afferma, onestamente, che anche il denaro può offrire un riparo. Qual è il vantaggio della saggezza rispetto alla ricchezza allora? La saggezza porta a vivere mentre il desiderio avido di avere sempre più ricchezze non porta necessariamente alla vita, anzi.
Ecc 5:10 Chi ama l’argento non è saziato con l’argento; e chi ama le ricchezze non ne trae profitto di sorta. Anche questo è vanità.
La cultura che ci circonda ci spinge ad ammassare quanti più soldi possibili per poi spenderli comprando ogni cosa che ci sembra interessante o appagante. Ma la Bibbia ci dice che non è questo il senso della vita e non è sicuramente questo stile di vita che può renderci felici. La saggezza che viene da Dio ci porta a vivere la vita in maniera piena. Vivere in maniera piena vuol dire anche godere delle gioie che troviamo su questa terra, come il mangiare, il bere, un lavoro equilibrato avendo Dio al centro e ricordandosi che tutto viene da lui.
Ecc 2:24 Non c’è nulla di meglio per l’uomo del mangiare, del bere e del godersi il benessere in mezzo alla fatica che egli sostiene; ma anche questo ho visto che viene dalla mano di Dio.
(13) Considera l’opera di Dio; chi potrà raddrizzare ciò che egli ha reso curvo? (14) Nel giorno della prosperità godi del bene, e nel giorno dell’avversità rifletti. Dio ha fatto l’uno come l’altro, affinché l’uomo non scopra nulla di ciò che sarà dopo di lui. (15) Ho visto tutto questo nei giorni della mia vanità. C’è un tale giusto che perisce per la sua giustizia, e c’è un tale empio che prolunga la sua vita con la sua malvagità. (16) Non essere troppo giusto, e non farti troppo saggio: perché vorresti rovinarti? (17) Non essere troppo empio, e non essere stolto; perché dovresti morire prima del tempo? (18) È bene che tu ti attenga fermamente a questo, e che non allontani la mano da quello; chi teme Dio infatti evita tutte queste cose
3- Abbiamo parlato di una paziente costanza. Abbiamo parlato della saggezza. Ora vogliamo parlare di “leggerezza”. Leggerezza non intesa come superficialità o di mancanza di serietà. Bensì leggerezza intesa come serenità, come consapevolezza che ci sono delle cose più grandi di noi che non possiamo capire e cose più grandi di noi che non possiamo cambiare. Ci saranno dei momenti nelle nostre vite, nei nostri impegni e nelle nostre attività nei quali tutto andrà bene. Dobbiamo godere di questi momenti, gioire e ringraziare il Signore. Altre volte dovremo attraversare delle difficoltà. Quando le cose vanno peggio riflettiamo su quello che sta avvenendo ricordandoci però che non c’è una spiegazione per tutto.
L’autore ci ricorda infatti questo nel capitolo 9 di Ecclesiaste: Ecc 9:11-12 Io mi sono rimesso a considerare che sotto il sole, per correre non basta essere agili, né basta per combattere essere valorosi, né essere saggi per avere del pane, né essere intelligenti per avere delle ricchezze, né essere abili per ottenere favore; poiché tutti dipendono dal tempo e dalle circostanze. (12) L’uomo infatti non conosce la sua ora; come i pesci che sono presi nella rete fatale e come gli uccelli che sono colti nel laccio, così i figli degli uomini sono presi nel laccio al tempo dell’avversità, quando essa piomba su di loro improvvisa.
In questo siamo simili agli animali: non possiamo controllare le avversità, non serve a niente affannarsi per ciò che non possiamo controllare. è saggio quindi affrontare i nostri impegni con la “leggerezza” che ci viene dalla consapevolezza che siamo degli esseri limitati, in balia delle circostanze e che ci sono delle cose che non possiamo capire o non possiamo cambiare. Questa leggerezza ci dovrebbe portare anche a non essere troppo “giusti o troppo saggi” perché questo potrebbe portarci alla rovina. Che cosa vuol dire questo? Probabilmente che la saggezza di per sé non è la risposta ad ogni problema. La conoscenza può essere fine a sé stessa. La giustizia può diventare facilmente legalismo. Sono cose alle quali i credenti devono stare attenti. Dobbiamo stare attenti a non cadere in uno sterile perbenismo o truce legalismo. Se temiamo Dio eviteremo queste cose e ci ricorderemo che la saggezza sta nel temere lui e non trovare la nostra sicurezza nella giustizia o nella saggezza di per sé. Leggerezza vuol dire allora anche imparare a prendersi meno sul serio, a non far finta di essere troppo giusto o saggio perché in questo modo corriamo il rischio di costruire delle barriere tra noi e le persone attorno a noi.
Guardiamo l’esempio di Gesù che nonostante fosse perfettamente giusto non ha mai pensato di essere troppo giusto per poter trascorre il suo tempo con i bestemmiatori, con gli esattori, con le prostitute.
Vi posso dare anche un esempio personale. Questa estate collaborando ad un campo, una ragazza, che in precedenza mi aveva visto soltanto durante gli incontri, mi ha detto che prima del campo non sembravo troppo simpatico perché davo l’impressione di voler fare sempre il perfettino. Durante il campo invece mi ha conosciuto meglio, io ero più rilassato rispetto a degli incontri formali e abbiamo scoperto con piacere di poter passare piacevolmente del tempo insieme.
(19) La saggezza dà al saggio più forza che non facciano dieci capi in una città. (20) Certo, non c’è sulla terra nessun uomo giusto che faccia il bene e non pecchi mai. (21) Non porre dunque mente a tutte le parole che si dicono, per non sentirti maledire dal tuo servo; (22) poiché il tuo cuore sa che spesso anche tu hai maledetto altri.
4- Ed infine l’ultimo consiglio di oggi. Durante questo 2016/2017 accademico in tutto ciò che faremo ricordiamoci che per quanto ognuno di noi possa essere pronto, saggio e preparato nessuno è perfetto. Noi sbaglieremo tante volte ma anche le persone che ci circondano sbaglieranno. Nei nostri impegni cerchiamo allora di non essere permalosi, suscettibili e sospettosi. Cerchiamo di non legarci niente al dito. Cerchiamo di essere pazienti con gli altri così come vorremmo che gli altri siano pazienti con noi. Cerchiamo di perdonare così come vorremmo essere perdonati. Non poniamo mente o, in altre parole, non facciamo caso e non prendiamo sul serio tutto quello che ci viene detto.
Oggi, 11 settembre 2016 abbiamo la possibilità di soppesare le nostre vite e i nostri impegni alla luce delle parole dell’Ecclesiaste. Se a giugno, guardandoci indietro, potremo dire di aver fatto del nostro meglio per essere pazientemente costanti, saggi, leggeri e poco permalosi nelle nostre relazioni, nei nostri ministeri e nelle nostre occupazioni non potremo che ringraziare e lodare Dio per l’ottimo lavoro svolto!