Matteo 23. I rischi della religione

Matteo 22: 1- 14 Botta e risposta

15 Allora i farisei si ritirarono e tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nelle sue parole.

16 E gli mandarono i loro discepoli con gli erodiani a dirgli: «Maestro, noi sappiamo che sei sincero e insegni la via di Dio secondo verità, e non hai riguardi per nessuno, perché non badi all’apparenza delle persone. 17 Dicci dunque: Che te ne pare? È lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?» 18 Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, disse: «Perché mi tentate, ipocriti? 19 Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli porsero un denaro. 20 Ed egli domandò loro: «Di chi è questa effigie e questa iscrizione?» 21 Gli risposero: «Di Cesare». E Gesù disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio». 22 Ed essi, udito ciò, si stupirono e, lasciatolo, se ne andarono
23 In quello stesso giorno vennero a lui dei sadducei, i quali dicono che non vi è risurrezione, e gli domandarono: 24 «Maestro, Mosè ha detto: “Se uno muore senza figli, il fratello suo sposi la moglie di lui e dia una discendenza a suo fratello”. 25 Vi erano tra di noi sette fratelli; il primo, ammogliatosi, morì; e, non avendo prole, lasciò sua moglie a suo fratello. 26 Lo stesso fece pure il secondo, poi il terzo, fino al settimo. 27 Infine, dopo tutti, morì anche la donna. 28 Alla risurrezione, dunque, di quale dei sette sarà ella moglie? Poiché tutti l’hanno avuta». 29 Ma Gesù rispose loro: «
Voi errate, perché non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio. 30 Perché alla risurrezione non si prende né si dà moglie; ma i risorti sono come angeli nei cieli. 31 Quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto quello che vi è stato detto da Dio: 32 “Io sono il Dio di Abraamo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe”? Egli non è il Dio dei morti, ma dei vivi». 33 E la folla, udite queste cose, stupiva del suo insegnamento.


34 I farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si radunarono; 35 e uno di loro, dottore della legge, gli domandò, per metterlo alla prova: 36 «Maestro, qual è, nella legge, il gran comandamento?» 37 Gesù gli disse: «”Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. 38 Questo è il grande e il primo comandamento. 39 Il secondo, simile a questo, è: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. 40 Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti».


41 Essendo i farisei riuniti, Gesù li interrogò, 42 dicendo: «Che cosa pensate del Cristo? Di chi è figlio?» Essi gli risposero: «Di Davide». 43 Ed egli a loro: «Come mai dunque Davide, ispirato dallo Spirito, lo chiama Signore, dicendo:
44 “Il SIGNORE ha detto al mio Signore:
‘Siedi alla mia destra
finché io abbia messo i tuoi nemici sotto i tuoi piedi’”?45 Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?» 46 E nessuno poteva replicargli parola; da quel giorno nessuno ardì più interrogarlo.

Lo scontro tra Gesù e i farisei continua con dei botta e risposta, ma questa volta i farisei si fanno avanti in modo organizzato per reagire alle numerose accuse che Gesù ha rivolto loro attraverso le parabole. Ci sono una serie di episodi in cui Gesù è invitato a rispondere a delle domande che hanno il preciso scopo di coglierlo in difetto e alle quali risponde riuscendo di volta in volta a tappare la bocca ai farisei. In conclusione è Gesù stesso che prende di petto i farisei confrontandosi con loro.

1. Il tributo a Cesare e gli eccessi del fanatismo.

Questo primo episodio poggia su un problema ti tipo tributario ben vivo negli animi dei contemporanei di Gesù. Il tributo ai Romani era stato importo ai giudei nell’anno 6 d.C e Giuda aveva fatto una rivolta. Diversi movimenti rivoluzionari annoverabili sotto il nome di zeloti protestavano contro questo tributo. Se Gesù avesse detto che è sbagliato pagare quel tributo i farisei avrebbero avuto in mano un capo di accusa valido per portarlo davanti al tribunale romano, in quanto ribelle al potere di Cesare. Ma Gesù qui non sposa la causa degli zeloti e afferma una separazione tra ciò che è di Dio e ciò che è di Cesare. Si badi bene che la moneta che Gesù prende è invisa agli ebrei perché riporta un’effigie, violando il secondo comandamento.

Premesso che la domanda è posta in modo disonesto e che la risposta di Gesù è strategicamente abile, possiamo tranquillamente trarre alcuni principi interessanti da questa affermazione. Generalmente molti religiosi un po’ fanatici hanno una visione del mondo per cui Dio deve inglobare tutto senza lasciare spazio alla sfera secolare. Sono quelli che in genere si lamentano che non c’è più religione e che una volta si stava meglio anche se la religione era un’imposizione. Gli zeloti hanno rivendicazioni miste, tra le altre quelle di indipendenza politica, ma sopportano male la presenza romane perché i romani sono pagani, non sono il popolo eletto. È interessante che Gesù nel bel mezzo di queste rivendicazioni non si schieri con loro, e che affermi che esiste uno spazio per la sfera secolare. Questo ci suggerisce che è un grosso errore partire da considerazioni teologiche – tutto appartiene a Dio – per sottrarsi al pagamento dei tributi. Poteva essere pensabile al tempo di Gesù, ma Gesù non lo concede, ma lo è ancora meno oggi che viviamo in delle democrazie e non siamo soggetti a altre nazioni.

Prolungando la riflessione questa distinzione tra Cesare e Dio è una distinzione molto importante per quella che si può chiamare laicità, cioè una sfera pubblica che deve rimanere al di fuori del potere religioso e di cui nessuna religione deve appropriarsi. Le battaglie risorgimentali per l’unità d’Italia sono state molto importanti, in quanto la presenza di Dio in uno stato non può essere obbligatoria e imposta per legge: se si lascia il pubblico a una delle tante religioni presenti in uno stato, si rischia che questa discrimini le altre, come avviene in modo stati islamici e come avviene in Italia, con le mostruosità giuridiche del concordato.

Posta però la sfera pubblica come laica, non scordiamoci dell’importanza di dare a Dio ciò che è di Dio. Temo che oggi abbiamo il problema opposto. Tolti alcuni fanatici che vorrebbero instaurare delle teocrazie che puniscono gli infedeli, temo che molti di noi, paghi della laicità in cui viviamo abbiano dimenticato di dare a Dio quello che spetta a Dio. E Dio vuole molto di più di un semplice tributo o di qualche spicciolo. Dio vuole la nostra vita e la vuole nella sua totalità. Vuole il nostro cuore, la nostra attenzione, la nostra totalità. La sfera di Cesare a cui abbiamo il dovere di dare, è tuttavia soggetta a quella di Dio. Sicuramente paghiamo molte più tasse di quanto non diamo in offerte, e questo va benissimo. Ma che dire del resto delle nostre risorse: tempo, capacità, attenzione, interesse? Siamo sfidati a dare a Dio quel che è di Dio.

2. I sadducei e la resurrezione.

Il secondo confronto è di grande attualità: Gesù parla con persone materialiste che pongono un problema che sembra quasi alludere a problemi di sessualità e coppie. Anche qui è un pretesto, ma questi cercano appunto di mettere in difficoltà l’idea di una vita dopo la morte che i sadducei rifiutano. Gesù ricorda loro che la potenza di Dio è tale proprio perché è una potenza che dà vita e che fa risorgere. Anticipa così le parole di Paolo che parlando di Gesù dirà: “Se abbiamo sperato in Cristo in questa vita soltanto siamo i più miseri di tutti gli uomini”. Gesù ricorda ai sadducei che la fede in Dio non è un codice etico, non è una serie di regole di buona comportamento, ma è vita. Dio non è un Dio di morti ma di viventi, e quando parlava a Mosè dal pruno menzionava i padri, Isacco e Giacobbe. Il patto fatto con loro era un patto vivo, destinato a continuare.

Queste poche parole ci lasciano una forte riflessione sul significato della vita. C’è una vita biologica, che funziona con cellule, organi e corpo, ed essa stessa è già un miracolo per le funzioni prodigiose che hanno gli organi che abbiamo. Questa vita biologica ce l’hanno tutti coloro che vivono ed è ancora poco rispetto a quella spirituale, che va scoperta e nutrita incontrando Gesù. I sadducei non la conoscono, ma come tutti gli esseri umani sono invitati ad averla.

La sfida lanciata dai sadducei è molto attuale per il mondo occidentale in quanto abbiamo delle forti spinte materialiste e ci poniamo moltissimi problemi relativi alle relazioni tra sessi. Gesù ci annuncia che la vera vita va al di là della vita biologica, e ci annuncia che ci sarà una nuova vita fatta di nuove relazioni che non prevedono più la procreazione. Sparirà dunque la sessualità? Possibile… Ma questo dovrebbe farci pensare che la vita futura, una nuova vita senza peccato, sarà molto bella e ricca anche senza quelle dimensioni della sensualità che hanno così fortemente caratterizzato nel piacere e nel dolore la vita biologica terrestre.

3. Il gran comandamento.

Come potrebbe Gesù cadere in fallo rispetto a questa domanda? Per gli ebrei c’erano 613 comandamenti, tutti ritenuti molto importanti, quindi sottolineare il valore di uno rispetto agli altri potrebbe aver costituito un capo di accusa contro Gesù per accusarlo di annullaree la legge. Gesù risponde con la citazione di due comandamenti molto importanti: Deutermonomio 6: 5 e Levitico 19: 18, la cui importanza è attestata nell’ebraismo, poiché venivano spesso utilizzati in introduzione della lettura dello Shamma. Ma non si ritrovano mai uniti insieme, quindi l’interesse di quanto dice Gesù sta nell’unirli. C’è un prodigioso equilibrio tra l’amore per Dio e quello per il prossimo non sempre facile da tenere pari, ma molto valido come criterio guida per ogni questione relativa all’etica: questi due comandamenti ci stanno dicendo che tutti restanti comandamenti, tutto il grande corpus legislativo costituito di queli 613 comandamenti, forse più forse meno, in fondo deve sottostare a questi due grandi principi, pena essere assolutamente inutili. Questa sintesi di tutta la legge la ritroviamo anche all’interno dei comandamenti in cui troviamo 4 comandamenti relativi a Dio e 6 relativi al prossimo, che però perdono tutto il loro valore se non sono subordinati al vaglio dell’amore. Cosa significherebbe infatti non farsi immagini, non nominare invano il nome di Dio, rispettare il giorno del riposo, senza amare Dio con tutto il cuore? Sarebbero semplici atti formali, assolutamente inutili. Come anche rispettare i genitori, non uccidere, né rubare, né adulterare, né mentire, né desiderare ogni cosa appartiene al prossimo, può portare al massimo ad un sano rispetto verso il prossimo, ma non a quel vero carburante delle relazioni umane: l’amore. Gesù conclude quindi le sue dispute con i farisei non tanto con un insegnamento utile e mirato ad un problema specifico: tocca la cosa più importante sulla terra e fornisce una chiave interpretativa per la totalità della Scrittura soggetta all’esigenza dell’amore per il prossimo e per Dio.

4. Di chi è figlio il messia?

A questo punto è Gesù a prendere l’iniziativa: sembra porre un problema puramente accademico, a cui i farisei rispondono in modo accademico. In realtà non si tratta di un dibattito teorico perché chi parla è Gesù e nel capitolo 21 abbiamo visto Gesù riconosciuto dalle folle come figlio di Davide. Lo scopo di Gesù è far capire ai farisei che egli non solo è il messia, il figlio di Davide, ma molto di più. Non è solo discendente di Davide, ma è anche Signore di Davide. Sul piano teorico Gesù incastra i farisei perché davanti a testi chiari come il Salmo 110 sono costretti a riconoscere che il messia è più di un semplice figlio di Davide: ma oltre al discorso teorico sui testi sono costretti a prendere una posizione chiara su Gesù.

Questo testo per noi potrebbe risultare molto lontano, perché non ci poniamo normalmente il problema di chi sia il messia. Ci poniamo il problema della verità, il problema della salvezza, il problema del senso della vita. Per quei giudei il termine messia incarnava in qualche modo la soluzione ad una serie di aspettative, sia umane che economiche, che militari e politiche, ma anche esistenziali e teologiche: l’arrivo del messia era il culmine di quanto loro assieme alla lunga schiera di persone che li avevano preceduti nella storia del popolo di Israele, avevano creduto.

Proprio come loro siamo chiamati a prendere una posizione. Gesù non chiederà all’italiano medio del 2024 di chi è figlio Gesù, ma gli chiederà cosa pensa di Gesù. E non si accontenterà di sentirsi rispondere che è un ebreo che appartiene ad una qualche famiglia di ebrei di tanti anni fa: Gesù vorrà che anche l’italiano medio di oggi risponda che Gesù è il Signore, è quella risposta che in termini diversi gli ebrei aspettavano, ma che si pone come via, verità e vita, quindi risposta unica ad ogni aspetto, interrogativo e problema della vita.