Matteo 13: 24-3; 36-43. La parabola delle zizzanie o il problema del male
24 Egli propose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che aveva seminato buon seme nel suo campo. 25 Ma mentre gli uomini dormivano, venne il suo nemico e seminò le zizzanie in mezzo al grano e se ne andò. 26 Quando l’erba germogliò ed ebbe fatto frutto, allora apparvero anche le zizzanie. 27 E i servi del padrone di casa vennero a dirgli: “Signore, non avevi seminato buon seme nel tuo campo? Come mai, dunque, c’è della zizzania?” 28 Egli disse loro: “Un nemico ha fatto questo”. I servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a coglierla?” 29 Ma egli rispose: “No, affinché, cogliendo le zizzanie, non sradichiate insieme con esse il grano. 30 Lasciate che tutti e due crescano insieme fino alla mietitura; e, al tempo della mietitura, dirò ai mietitori: ‘Cogliete prima le zizzanie, e legatele in fasci per bruciarle; ma il grano, raccoglietelo nel mio granaio'”».
36 Allora Gesù, lasciate le folle, tornò a casa; e i suoi discepoli gli si avvicinarono, dicendo: «Spiegaci la parabola delle zizzanie nel campo». 37 Egli rispose loro: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo; 38 il campo è il mondo; il buon seme sono i figli del regno; le zizzanie sono i figli del maligno; 39 il nemico che le ha seminate, è il diavolo; la mietitura è la fine dell’età presente; i mietitori sono angeli. 40 Come dunque si raccolgono le zizzanie e si bruciano con il fuoco, così avverrà alla fine dell’età presente. 41 Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli che raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono l’iniquità, 42 e li getteranno nella fornace ardente. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti. 43 Allora i giusti risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi oda.
1. Il male nel mondo c’è e le sue origini non sono troppo chiare
Come la parabola del seminatore questa parabola prende spunto dalla semina ed è la seconda e ultima ad avere una spiegazione. Per questo saltiamo le parabole sulla crescita e ci concentriamo su questa unendola alla sua spiegazione data da Gesù. Da notare che Gesù non dà una spiegazione di tutti gli elementi della parabola, si concentra sulla parte finale. Tuttavia nella storia stessa ci sono informazioni importanti che non vogliamo trascurare.
Interessante anche che i discepoli non hanno fatto domande al maestro del tipo: “Perché alcuni sono malvagi? Oppure: “Perché esiste il male nel mondo?” o ancora: Perché non elimini guerre, persone cattive, ingiustizie e abusi? I discepoli non hanno chiesto niente, ma il maestro ritiene utile che abbiano delle informazioni su certi funzionamenti del mondo.
Il paragone è molto chiaro e Gesù lo spiega in modo concreto, senza astrazioni. L’origine del male del mondo viene spiegata in modo personale, non filosofico. C’è un responsabile personale, il diavolo, che semina i suoi figli. C’è Dio che di contro semina i suoi. Punto. Non ci viene detto perché esista un diavolo, perché e come si diventa figli della luce e figli del diavolo, in che modo avviene questa semina, se non il vago riferimento alla notte… Potremmo accusare Gesù di semplicismo, eppure i più grandi pensatori che riflettono sul male, per restare all’interno di una cornice biblica, in fondo arrivano a questa conclusione. Il male è un concetto per definizione sfuggevole, proprio perché se lo si potesse capire e inquadrare bene in un ragionamento sarebbe meno maligno, più gestibile. Invece c’è e non si capisce bene perché se non qualche elemento importante:
– non viene da Dio, ed è esterno a Dio.
– ha sempre un carattere personale. È incarnato in delle persone, non è negli oggetti. Viene effettuato da azioni di uomini concreti che si comportano come “pietre d’inciampo”, scandali. Quindi qui Gesù non ci parla tanto del male che si potrebbe avere in seguito ad una malattia, a un terremoto, che non dipende per forza dagli uomini, ma solo del male delle relazioni tra uomini.
Cosa trarre da tutto questo? Dobbiamo apprezzare il carattere disincantante delle parole di Gesù. Ci insegna a non stupirci, a non guardare come una sorpresa le sciagure, le disgrazie, le guerre e le brutture che vediamo intorno a noi. Questo non significa ignorarle o banalizzarle, ma semplicemente prendere atto che ci sono forze avverse nel mondo in cui viviamo e che non c’è da aspettarsi un mondo immediatamente rinnovato dall’arrivo del regno di Dio, né tanto meno che possa esistere un mondo privo di zizzanie. Il regno di Dio che Gesù predica è presente, è vivo, cresce in mezzo agli uomini, ma vive sempre nel già e nel non ancora.
La riflessione quindi diventa piuttosto: come essere figli del regno? Come essere quel seme che Gesù semina nel suo campo? Credo non sia una domanda rinunciataria e di poca portata quella di chiedersi davanti ai conflitti, agli attriti che ci sono in ogni gruppo in cui veniamo a trovarci: da che parte stiamo? In che modo siamo figli del regno? Diversi pensatori nel corso della storia hanno immaginato di individuare in qualche elemento specifico la causa dei mali del mondo: gli illuministi lo individuavano nell’ignoranza, nella mancanza di uso della ragione, altri nella proprietà privata o nella presenza dei soldi, altri ancora nelle armi, altri nel fatto che non abbiamo un buon rapporto con la natura. Hanno sicuramente avuto idee brillanti e colto alcuni aspetti del problema, tuttavia il problema rimane e non ha soluzione teorica: ritorna alla domanda fondamentale: di chi vogliamo essere figli? L’affermazione che Gesù ripete: “Chi ha orecchi oda”, mi sembra andare in questo senso.
2. Il male nel mondo c’è e non si può estirpare
Gesù non spiega un passo che invece mi pare estremamente interessante. Si tratta del v. 29 in cui viene detto: “No, affinché, cogliendo le zizzanie, non sradichiate insieme con esse il grano”.. Sembra che le zizzanie siano quella pianta chiamata loglio che è molto simile al grano e all’inizio non si distingue. Poi crescendo mischia le sue radici a quelle del grano ed è più forte, quindi effettivamente togliendolo si porta via anche il grano. Doveva trattarsi di un’esperienza comune perché una legge romana puniva chi seminasse loglio nel campo altrui.
È una reazione comune e umana quella di poter pensare di togliere di mezzo il male, di farlo scomparire dalla faccia della terra, magari con qualche operazione punitiva, violenta. Non dimentichiamoci che tra i discepoli circolavano anche alcune idee del movimento degli zeloti, che pensavano ad una rivoluzione violenta per eliminare di mezzo alla terra santa il male dei romani. È probabile che i discepoli sentendo dire che sarebbe venuto con potenza un regno dei cieli e che anzi era già arrivato si fossero aspettati una suddivisione molto radicale dei due regni, quindi un’eliminazione del male. Del resto Dio nell’antico testamento aveva fatto scendere un diluvio sulla terra, per punire gli uomini della loro malvagità, ma si era anche impegnato a non commettere più un’operazione simile. La risposta del padrone del campo, di Gesù quindi, è veramente interessante per ciò che ci rivela di amore e saggezza: strappare le zizzanie prima della semina provocherebbe dei danni anche al grano. C’è dunque un tempo di attesa. Un tempo in cui Dio permette a grano e zizzania di crescere insieme, intrecciando le loro radici. Lo permette perché aspetta che i suoi si manifestino, perché lentamente rivelino ciò che sono e possano maturare la loro consapevolezza di essere figli del regno. Non è un tempo banale, ma è il tempo in cui si impara l’amore di Dio. SI impara inoltre che non possiamo noi estirpare il male dal mondo.
Questo passo fa pensare molto ad un altro passo che troviamo nel vangelo di Giovanni 17: 15Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal maligno. 16Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
Un errore piuttosto comune in molte chiese è stato quello di pensare di poter creare dei luoghi speciali preservati dal mondo, estirpando ogni male possibile, in cui crescesse solo grano, cioè figli del regno. Hanno insistito sulla separazione fisica tra mondo e chiesa pensando di poter evitare il male fuggendolo e rinchiudendosi in monasteri, oppure in cerchie di amicizie esclusivamente interne alle chiese, finendo per poi scoprire che le zizzanie erano anche lì. Credo che questa parabola senza incoraggiarci a sposare il mondo e le sue idee, cosa che sarebbe aberrante, ci ricorda che non si può isolare il regno nel tempo presente vivendo in un mondo già perfetto o punendo chi è fuori. Il signore ci incoraggia a rimanere pienamente nel mondo, pur sapendo di avere un DNA spirituale ben diverso.
3. Il male nel mondo c’è ed è compito di Dio eliminarlo nel regno dei cieli.
Un tempo raffigurare il giudizio universale era di gran moda. Conosciamo tutti la cappella degli Scrovegni di Padova dipinta da Giotto, o la cappella sistina a Roma ad opera di Michelangelo, ma una breve ricerca da me fatta su wikipedia (molto rapida e sicuramente non esaustiva), mi segnala una ventina di altre opere con tema, giudizio universale. È curioso un fatto: la più recente di queste data del 1618, ad opera del pittore fiammingo Rubens… Sembra che negli ultimi 400 anni di giudizio universale non ne vogliamo sentir parlare, e se oggi andiamo a contemplare queste opere non è certo con timore o paura, né con la minima aspettativa che una simile situazione possa mai realizzarsi sul pianeta terra. Sembra un sottoinsieme della fantascienza o del genere fantasy.
Eppure è la parola di Gesù, semplice, asciutta e dura. Al contrario di quello che ci dice il mondo in cui viviamo, il futuro non è un orizzonte incerto in cui non si sa cosa avverrà, e le nostre vite non hanno un senso solo e soltanto a partire dal loro orizzonte terreno. Le nostre scelte di oggi pesano sul futuro, e le immagini che Gesù presenta sono entrambe luminose. Una però è della luce del fuoco che distrugge, mentre l’altra del sole, che illumina e scalda. Sono immagini difficili da digerire, forse perché i 400 anni in cui sembra siano state rimosse, ci fanno escludere qualsiasi rappresentazione di Dio come di un Dio che giudica. Eppure sono le immagini che usa Gesù e non dobbiamo trascurarle. L’eternità può essere meravigliosa, solare e felice nella comunione del padre. Oppure può essere un inferno. Gesù ci invita a scegliere oggi, ora, adesso per lui, per essere un seme del campo del regno e a lasciare che il male sia tolto estirpato non da noi ma da Dio.
Se questo testo ci spaventa, è un bene, perché ci sveglia rispetto a fatti importanti per l’esistenza. Se invece ci fa ridere, è un male, perché dovremmo pensarci bene prima di ridere della parola di Dio. Se invece ci riconforta, facendoci rinunciare alle nostre vendette, spingendoci a lasciare che su ogni cosa Dio faccia giustizia, allora entriamo nella prospettiva giusta. Riusciremo a vivere meglio in questo mondo, nell’attesa del ritorno, istruiti sull’inevitabilità del male, ma anche sull’intervento Dio su di lui.