Quanti di noi vorrebbero vedere i propri conoscenti venire al Signore? Quanti di noi vorrebbero vedere crescere questa chiesa e vedere nuove persone essere cambiati dal vangelo? Che cosa ha reso la chiesa di Tessalonica così speciale? Credo che il testo di oggi potrà darci delle risposte in merito.
Lo scorso fine settimana ero con il team di OM Italia per il nostro ritiro annuale al quale ha partecipato come oratore Shaun Rossi, un pastore, missionario e fondatore di chiese che serve in Finlandia. È sempre bello poter sentire i messaggi di altre persone, soprattutto quando sono ben preparati. In questa occasione sono particolarmente grato perché, sebbene il testo approfondito fosse preso dalla lettera agli Efesini, abbiamo guardato insieme, anche se velocemente, il testo di oggi.
Vi presenterò i punti esposti da Shaun, ma prima voglio guardare insieme a voi il testo di oggi. In questi versetti Paolo ripercorre il tempo passato a Tessalonica e la nascita della chiesa in questa città. Se vi ricordate nel primo capitolo Paolo loda ampiamente la chiesa di Tessalonica dicendo, fra le altre cose,
1Te 1:8 “ Infatti da voi la parola del Signore ha echeggiato non soltanto nella Macedonia e nell’Acaia, ma anzi la fama della fede che avete in Dio si è sparsa in ogni luogo, di modo che non abbiamo bisogno di parlarne”
1Te 2:1-13 Voi stessi, fratelli, sapete che la nostra venuta tra voi non è stata vana; (2) anzi, dopo aver prima sofferto e subìto oltraggi, come sapete, a Filippi, trovammo il coraggio nel nostro Dio, per annunziarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte. (3) Perché la nostra predicazione non proviene da finzione, né da motivi impuri, né è fatta con inganno; (4) ma come siamo stati approvati da Dio che ci ha stimati tali da poterci affidare il vangelo, parliamo in modo da piacere non agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori. (5) Difatti, non abbiamo mai usato un parlare lusinghevole, come ben sapete, né pretesti ispirati da cupidigia; Dio ne è testimone. (6) E non abbiamo cercato gloria dagli uomini, né da voi, né da altri, sebbene, come apostoli di Cristo, avessimo potuto far valere la nostra autorità; (7) invece, siamo stati mansueti in mezzo a voi, come una nutrice che cura teneramente i suoi bambini. (8) Così, nel nostro grande affetto per voi, eravamo disposti a darvi non soltanto il vangelo di Dio, ma anche le nostre proprie vite, tanto ci eravate diventati cari. (9) Perché, fratelli, voi ricordate la nostra fatica e la nostra pena; infatti è lavorando notte e giorno per non essere di peso a nessuno di voi, che vi abbiamo predicato il vangelo di Dio. (10) Voi siete testimoni, e Dio lo è pure, del modo santo, giusto e irreprensibile con cui ci siamo comportati verso di voi che credete; (11) sapete pure che, come fa un padre con i suoi figli, (12) abbiamo esortato, confortato e scongiurato ciascuno di voi a comportarsi in modo degno di Dio, che vi chiama al suo regno e alla sua gloria. (13) Per questa ragione anche noi ringraziamo sempre Dio: perché quando riceveste da noi la parola della predicazione di Dio, voi l’accettaste non come parola di uomini, ma, quale essa è veramente, come parola di Dio, la quale opera efficacemente in voi che credete.
Paolo era arrivato a Tessalonica da Filippi, dove aveva evangelizzato e delle persone si erano convertite. Ma al tempo stesso Paolo e Sila subiscono una forte persecuzione, vengono presi a vergate e imprigionati. Dopo aver lasciato Filippo arrivano a Tessalonica le cose non sono state più facili, Paolo infatti dice che sono state “molte” le lotte che hanno dovuto affrontare.
Nonostante le difficoltà Paolo e Sila non si lasciano intimorire. Questi versetti ci ripetono più volte che l’impegno evangelistico di Paolo non diminuisce, anzi. Il lavoro di Paolo è, dal punto di vista della qualità e della quantità, impeccabile! Gli ostacoli non lo fermano, il suo messaggio è presentato in modo da essere gradito da Dio e non è compromesso, annacquato o abbellito per piacere agli uomini. Paolo non ha ingannato nessuno con parole lusinghiere ne è spinto da cupidigia, avidità, né dalla gloria degli uomini. Paolo inoltre non è stato autoritario nei confronti dei tessalonicesi, nonostante l’importanza data dall’essere apostolo. Anzi, si paragona ad una nutrice che si prende cura con affetto dei bambini che le sono stati affidati. Paolo continua questa narrazione dicendo che non soltanto si è prodigato nell’esposizione del Vangelo di Dio, ma ha amato i tessalonicesi al punto di essere pronti a morire per loro. Paolo, come un buon padre, non ha soltanto predicato ma ha anche esortato, confortato e scongiurato in base alle necessità. Infine Paolo e i suoi collaboratori hanno lavorato giorno e notte pur di non essere di peso a nessuno.
Wow! Che uomo Paolo! Forse quando sentiamo parlare di questo coraggio apostolico, quando osserviamo come Paolo affronti mille lotte e mille difficoltà sempre al massimo restiamo meravigliati, stupiti, a bocca aperta. Quando vediamo il suo impegno nell’annunciare e proclamare il Vangelo di Dio, nell’amare e prendersi cura del prossimo, nella sua premura nell’essere un buon esempio restiamo senza parole. Forse anche tu, come me, ti senti intimorito davanti al lavoro, allo stile di vita, alla passione di Paolo. Forse sei quasi portato a pensare che il protagonista di questa storia sia Paolo.
E invece no, il protagonista di questo brano, della conversione dei Tessalonicesi, della loro fama, il protagonista della salvezza dell’essere umano non può che essere Dio.
Nei 13 versetti che abbiamo letto il nome di Dio soltanto è usato da Paolo 12 volte. Se ci concentriamo troppo su Paolo faremmo un grave torto a Paolo, che invece scrive questa lettera per esaltare Dio, e faremmo anche un grave torto a Dio. E faremmo un grave torto anche a noi stessi.
Proviamo a rileggere il testo di oggi concentrandoci solo su Dio.
Una volta arrivati a Tessalonica gli apostoli trovarono il loro coraggio in Dio per annunciare il Vangelo della salvezza di Dio. Questo messaggio è stato portato ai tessalonicesi da dei semplici messaggeri che erano stati approvati da Dio e che solo a Dio volevano rendere conto. Dio è il loro metro di misura e il loro testimone. Per servire al meglio Dio, che per primo ci ha serviti attraverso Cristo, Paolo e i suoi aiutanti hanno deciso di predicare il vangelo dato loro da Dio lavorando giorno e notte. Dio è il testimone dell’operato svolto da Paolo e Dio è l’obiettivo verso il quale devono affaticarsi ora i tessalonicesi. Fino ad ora i frutti della predicazione sono stati incredibili e per questo Paolo ringrazia sempre e solo Dio, perché i tessalonicesi hanno ricevuto il Vangelo come parola di Dio ed è questa parola che opera con efficacia nella vita dei credenti.
In altre parole Dio ha scelto Paolo e i suoi uomini, ha dato loro un messaggio incredibile da predicare, ha dato loro coraggio, è stato il loro testimone, il loro esempio e il loro fine ultimo.
Ribadisco quanto detto prima: Dio è il protagonista di questa storia. Il lavoro di Paolo è incredibile a motivo di Dio, la chiesa di Tessalonica diventa una chiesa da imitare a motivo di Dio. Io voglio che Dio diventi sempre più il protagonista della mia vita, Dio vuole e può diventare anche il protagonista della tua vita e spero che Dio sia sempre il protagonista di questa chiesa, che Egli sia esaltato in tutto ciò che facciamo come chiesa e ciò che vogliamo essere come chiesa.
La storia della nascita e della crescita della chiesa di Tessalonica è una storia che ci ricorda la grandezza, l’unicità e la centralità di Dio nella salvezza. Al tempo stesso è la storia di un gruppo di credenti che, in mezzo a mille difficoltà, ha formato una chiesa. Questa storia ci offre allora degli spunti interessanti sia per la nostra piccola chiesa a Lucca, sia per il progetto di fondazione a chiesa a Pisa. Ed è qui che voglio incorporare i quattro punti citati da Shaun Rossi.
In inglese fondare chiese si dice church planting dove church, naturalemente, significa chiesa. Planting invece vuol dire piantare o seminare, piantare un fiore o una pianta. In altre parole si usa una metafora agricola per descrivere il lavoro che porta alla nascita e alla crescita di una chiesa. è un’immagine di abbastanza facile comprensione, che descrive bene anche il lungo lavoro e la tanta cura di cui ha bisogno la chiesa per nascere e crescere.
Per piantare e far crescere una chiesa abbiamo bisogno di quattro elementi, quattro S, e tutti e quattro sono presenti nel testo di oggi.
La prima S è quella di Seme. Se vogliamo piantare qualcosa abbiamo bisogno di un seme e il seme è il Vangelo. Sempre Paolo, nella lettera ai Romani che stiamo studiando nelle cellule, descrive così il Vangelo:
Rom 1:16-17 Infatti non mi vergogno del vangelo; perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede; del Giudeo prima e poi del Greco; (17) poiché in esso la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, com’è scritto: “Il giusto per fede vivrà”.
Questo è il seme che è stato sparso sia fra gli ebrei che i greci presenti a Tessalonica e che ha dato un senso alle loro vite. Questo seme è così potente da poter liberare l’essere umano dalle grinfie di satana e renderlo puro agli occhi del Signore. Non c’è niente di simile a questo seme!
Il seme deve ovviamente essere sparso e per svolgere questa attività c’è bisogno di seminatori, la seconda S. Paolo e gli altri sono i seminatori che annunciano, predicano e vivono il vangelo di Dio. Lo fanno con umiltà, con costanza, con zelo, con amore, con sacrificio. Senza compromessi, senza finzione, senza impurità. Anche noi, credenti di questa comunità, siamo i seminatori che del Vangelo. La chiamata ad essere seminatori non è autoreferenziale, non siamo noi decidiamo un giorno di voler parlare di Gesù! Ma così come con Paolo
(4) ma come siamo stati approvati da Dio che ci ha stimati tali da poterci affidare il vangelo, parliamo in modo da piacere non agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori.
Così come Paolo, anche noi dobbiamo seminare, fare cadere i semi nel suolo, nel cuore delle persone. Nel nostro piccolo o nel nostro grande, dobbiamo impegnarci a raggiungere il cuore delle persone perché Dio ci ha stimati tali da poterci affidare il vangelo.
Dove dobbiamo seminare? Dei seminatori con dell’ottimo seme sono entrambi inutili se non vi è del suolo, del terreno dove lavorare. Il seme che è stato affidato a Paolo e che ci è stato affidato in quanto servi di Dio non è destinato a rimanere con noi. Il grande comandamento ci ricorda che dobbiamo fare dei discepoli, e dobbiamo iniziare dalla semina. Questo vuol dire che, come dei bravi agricoltori, dobbiamo capire il suolo che stiamo seminando, dobbiamo capire dove e come seminare, dove dobbiamo dissodare e dove dobbiamo eliminare le erbacce per seminare. Pensiamo ai nostri colleghi, ai nostri amici, ai nostri parrucchieri, ai nostri vicini, ai nostri compagni di squadra e cresciamo nell’amore per loro, capiamo sempre meglio che idoli stanno seguendo, cosa li rende felici e cosa li opprime e pensiamo a come poter condividere nel migliori dei modi il seme del Vangelo.
Questo è quello di cui ci dobbiamo occupare noi. Il resto lo lasciamo al Signore Dio che opera attraverso lo Spirito, l’ultima S, l’ultimo elemento. Nei versetti di oggi Paolo dice molto chiaramente che è il vangelo agisce con potenza perché proviene da Dio e che il suo lavoro viene spinto da Dio. In un’altra lettera Paolo spiega questo processo ancora più chiaramente, usando termini agricoli.
1Co 3:6-7 Io ho piantato, Apollo ha annaffiato, ma Dio ha fatto crescere; (7) quindi colui che pianta e colui che annaffia non sono nulla: Dio fa crescere!
A volte sprechiamo troppo tempo a pensare a modelli, strategia, innovazioni. Ma al cuore della crescita della chiesa c’è il Signore, che vuole ancora raggiungere il cuore delle persone, c’è il Vangelo che proviene dal Signore che ci porta una narrativa che non ha simili, ci sono i seminatori che si mettono al servizio del Signore e ci sono le persone, che devono essere raggiunte.