“Facciamo un patto” è stata l’espressione usata da Stefano la settimana scorsa per introdurre il nuovo patto che stiamo studiando insieme, il patto con Mosè che viene fatto da Dio dopo il patto abramitico. Non so voi, sarà a causa della diffidenza tipica del giorno d’oggi e della nostra società, ma quando qualcuno dice “facciamo un patto” mi viene sempre da pensare che da qualche parte ci sia una fregatura. Che chi ci stia proponendo il patto abbia in realtà molto da guadagnare e poco da perdere. Forse a volte anche i patti che proponiamo noi, se siamo onesti, sotto sotto sono principalmente a nostro favore. Immaginate invece questa cosa: un giorno vi arriva la promessa da parte di una banca di ricevere un milione di euro. Dopo un po’ di tempo la banca mantiene la parola data e vi spedisce a casa i soldi promessi. Passa un altro po’ di tempo e la banca vi ricontatta, promettendovi altri soldi in futuro a patto che voi scegliate di essere clienti solo di questa banca. Il patto che approfondiamo oggi funziona in maniera analoga.
Domenica scorsa abbiamo visto che Dio si presenta a Mosè come il Dio liberatore, il Dio guerriero e il Dio che dà la terra. Oggi continuiamo a studiare questo patto vedendo cosa Dio chiede al popolo di Israele. Abbiamo detto che i patti tra Dio e gli uomini sono dei patti reali, nei quali è Dio ha dettare le condizioni e a prendere l’iniziativa. Questo però non vuol dire che in questa relazione l’uomo non ha la sua importanza o le sue responsabilità. Ci troviamo nel capitolo 19 di Esodo, un capitolo chiave all’interno del libro di Esodo. Nei primi 18 capitoli troviamo la famosa storia della liberazione del popolo di Israele dalle grinfie del faraone, un re cattivo. Se vi ricordate in questi capitoli Dio chiama Mosè presso il pruno ardente, gli ordina di presentarsi dal faraone e nel capitolo 6 Dio parla a Mosè con le parole studiate domenica scorsa:
Exo 6:6-8 Perciò, di’ ai figli d’Israele: “Io sono il SIGNORE; vi sottrarrò ai duri lavori di cui vi gravano gli Egiziani, vi libererò dalla loro schiavitù e vi salverò con braccio steso e con grandi atti di giudizio. (7) Vi prenderò come mio popolo, sarò vostro Dio e voi conoscerete che io sono il SIGNORE, il vostro Dio, che vi sottrae ai duri lavori impostivi dagli Egiziani. (8) Vi farò entrare nel paese che giurai di dare ad Abraamo, a Isacco e a Giacobbe. Io ve lo darò in possesso; io sono il SIGNORE””.
La storia continua con le 10 piaghe, l’istituzione della Pasqua, l’uscita dall’Egitto e il passaggio attraverso il Mar Rosso mentre gli oppressori egiziani vengono annientati, sconfitti una volta per tutte grazie ad un Dio giusto e potente. Esodo non finisce qui, con l’uscita dall’Egitto ma nella seconda metà del libro Dio dà a Mosè i 10 comandamenti e tutta una serie di istruzioni sul tabernacolo, sulle usanze e le leggi per Israele. A fare da spartiacque a da collegamento fra la prima e la seconda parte è, appunto, il capitolo 19. Israele arriva e si accampa ai piedi del monte Sinai, un luogo iconico nella narrazione biblica, un luogo fondamentale per la storia di Israele, un luogo nel quale Dio si manifesterà in maniera speciale.
Exo 19:1-9 Nel primo giorno del terzo mese, da quando furono usciti dal paese d’Egitto, i figli d’Israele giunsero al deserto del Sinai. (2) Partiti da Refidim, giunsero al deserto del Sinai e si accamparono nel deserto; qui Israele si accampò di fronte al monte. (3) Mosè salì verso Dio e il SIGNORE lo chiamò dal monte dicendo: “Parla così alla casa di Giacobbe e annunzia questo ai figli d’Israele: (4) “Voi avete visto quello che ho fatto agli Egiziani e come vi ho portato sopra ali d’aquila e vi ho condotti a me. (5) Dunque, se ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare; poiché tutta la terra è mia; (6) e mi sarete un regno di sacerdoti, una nazione santa”. Queste sono le parole che dirai ai figli d’Israele”. (7) Allora Mosè venne, chiamò gli anziani del popolo ed espose loro tutte queste parole che il SIGNORE gli aveva ordinato di dire. (8) Tutto il popolo rispose concordemente e disse: “Noi faremo tutto quello che il SIGNORE ha detto”. E Mosè riferì al SIGNORE le parole del popolo. (9) Il SIGNORE disse a Mosè: “Ecco, io verrò a te in una fitta nuvola, affinché il popolo oda quando io parlerò con te, e ti presti fede per sempre”. E Mosè riferì al SIGNORE le parole del popolo.
Israele arriva al Monte Sinai e Dio parla al popolo attraverso Mosè, presentando un patto “alla casa di Giacobbe, ai figli di Israele”. Il patto che viene proposto è diviso in tre parti.
La premessa È molto importante notare che fino ad ora Dio non ha chiesto niente ad Israele, aveva solo promesso loro che sarebbero stati liberati. Come la banca che regala il milione di euro, Dio ha promesso di liberare Israele e ha portato a compimento la sua promessa. In questo modo si è manifestato chiaramente come l’unico e vero Dio. Un Dio che libera, che combatte per i suoi, in grado di far scendere il cibo dal cielo e di far sgorgare l’acqua dalla roccia. Questo è il primo aspetto che il Signore ricorda agli ebrei nel momento in cui stipula un patto con loro.
(4) “Voi avete visto quello che ho fatto agli Egiziani e come vi ho portato sopra ali d’aquila e vi ho condotti a me. Voi avete visto, dice il Signore. Avete visto e avete sperimentato in prima persona cosa succede a chi si comporta malvagiamente e a chi si oppone a me, come hanno fatto il faraone e gli egiziani. Avete anche visto come vi ho portato in maniera miracolosa, come se foste al sicuro sulle ali di un uccello potente e maestoso. “È alla luce di tutto quello che avete visto e sperimentato” dice il Signore “alla luce dei miei miracoli, che vi chiedo di scegliere cosa fare.” Il popolo di Israele era stato tratto in salvo in maniera miracolosa ed era stato portato non solo fuori dall’Egitto ma, soprattutto, era stato condotto alla sua presenza “vi ho condotti a me.”
In modo molto simile anche oggi Dio, quando ci chiede di entrare a far parte del suo popolo, ad accettare il suo patto lo fa ricordandoci quello che è stato da lui compiuto in passato. La grazia di Dio raggiunge l’uomo prima che l’uomo possa raggiungere Dio e lo fa in modo che l’uomo possa tornare al suo Creatore.
1Jn 4:9-10 In questo si è manifestato per noi l’amore di Dio: che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, affinché, per mezzo di lui, vivessimo. (10) In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi, e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati… (19) Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo.
Dio ha già dimostrato la sua potenza e il suo amore nei nostri confronti.
La richiesta (5) Dunque, se ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto.
Ecco la richiesta da parte del Signore: ubbidire alla sua voce e osservare il suo patto. Ubbidire e osservare. La prima parte della richiesta è l’ubbidienza che deve essere veritiera e completa. Israele doveva davvero ubbidire. Perché? Perché Dio è santo e l’ubbidienza di facciata viene punita in quanto falsa e di circostanza. Dio si è manifestato e rivelato chiedendo in cambio l’ubbidienza degli israeliti. Non ci sono mezze misure. Se Israele vuole essere parte di questo patto, di questa relazione speciale con Dio doveva accettare di ubbidire alla voce di Dio, a quello che Dio avrebbe loro detto e ordinato. La seconda parte della richiesta è che Israele doveva anche osservare il patto. Le specifiche e i dettagli del patto, però, non erano ancora state condivise, non erano ancora di dominio pubblico. Come ho detto prima i dieci comandamenti e le varie istruzioni sono state date attraverso Mosè solo nei capitoli successivi. Israele doveva decidere se voleva osservare o meno il patto senza sapere ancora bene in cosa consisteva questo patto. Israele doveva decidere se firmare a scatola chiusa, basandosi su quello che Dio aveva fatto per loro in passato. Osservare il patto, quindi, voleva dire fare un passo di fede, fidarsi di Dio anche se non tutto era chiaro, anche se non si sapeva ancora cosa questo passo di fede avrebbe richiesto.
Come detto all’inizio in questo momento Israele può decidere se fare parte o meno di questo patto, e il ruolo e la risposta di Israele è fondamentale. Potete scegliere voi se chiamare questo patto bilaterale, o un patto unilaterale (nel senso che l’iniziativa e le condizioni sono dettate da Dio) che deve essere ratificato da due parti. La sostanza è che Dio non ordina, ma chiede, non impone ma invita ad entrare alla sua presenza. Domanda ad Israele se vuole avere come guida l’unico e vero Dio.
Mosè torna al popolo dopo aver parlato con Dio e espone tutto ciò che Dio gli aveva detto (v7). Exo 19:8 Tutto il popolo rispose concordemente e disse: “Noi faremo tutto quello che il SIGNORE ha detto”. E Mosè riferì al SIGNORE le parole del popolo.
Israele decide di riporre la propria fiducia in Dio, di ubbidire alla sua voce e di accettare il patto.
Il patto di Mosè è, in questo, molto simile al patto con Abramo, ricordate? Ad Abramo è stato chiesto di ubbidire alla voce del Signore che gli aveva parlato e di fare un passo di fede, di fidarsi completamente del fatto che Dio avrebbe provveduto a lui, alla sua famiglia e alla sua progenie.
Allo stesso modo oggi noi siamo chiamati da Dio ad ubbidire alla sua voce che ci è giunta tramite Gesù, il Verbo, la Parola che ha manifestato il Padre e a fidarsi delle sue promesse. La richiesta di Dio nei nostri confronti richiede fiducia da parte nostra, fiducia anche quando non sappiamo ancora bene cosa ci aspetta, anche quando le scelte che dobbiamo fare sembrano difficili o poco logiche. La richiesta per Israele da parte di Dio era che gli israeliti facessero la sua volontà, secondo i suoi ordini. La stessa richiesta è valida ancora oggi, Dio vuole che coloro che accettano il suo patto facciano la sua volontà.
Le promesse (5)sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare; poiché tutta la terra è mia; (6) e mi sarete un regno di sacerdoti, una nazione santa”.
Il patto con Israele non si conclude con delle richieste, ma con delle promesse. La richiesta è preceduta da una splendida premessa ed è seguita da delle promosse altrettanto splendide e confortanti. Ciò che Dio promette ad Israele è che sarà un popolo scelto, un tesoro particolare. La parola ebraica segullah che viene tradotta con tesoro è usata in questo contesto come metafora. Accettando questo patto il popolo di Israele sarebbe diventato del Signore, suo. Israele poteva scegliere se appartenere al Signore, ma non come un oggetto in possesso di un bambino viziato o di un padrone malvagio. Ma come un tesoro particolare, un popolo prezioso agli occhi di Dio come un tesoro è prezioso agli occhi di noi umani, un popolo speciale agli occhi di Dio. Come visto Israele decide di accettare questo patto, diventando il tesoro di Dio, cosa che il Signore ricorderà ai suoi centinaia di anni dopo:
Isa 43:1-4 Ma ora così parla il SIGNORE, il tuo Creatore, o Giacobbe, colui che ti ha formato, o Israele! Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome; tu sei mio! (2) Quando dovrai attraversare le acque, io sarò con te; quando attraverserai i fiumi, essi non ti sommergeranno; quando camminerai nel fuoco non sarai bruciato e la fiamma non ti consumerà, (3) perché io sono il SIGNORE, il tuo Dio, il Santo d’Israele, il tuo salvatore; io ho dato l’Egitto come tuo riscatto, l’Etiopia e Seba al tuo posto. (4) Perché tu sei prezioso ai miei occhi, sei stimato e io ti amo, io do degli uomini al tuo posto, e dei popoli in cambio della tua vita.
L’altra promessa del Signore è che Israele diventerà un regno di sacerdoti, una nazione santa. Notate che qui il Signore non sta parlando dei leviti, dei sacerdoti, di Aronne ma di tutto il popolo. Il popolo scelto dal Signore diventerà una nazione santa, con tutti i privilegi del fatto di essere più vicini a Dio rispetto ad altre nazioni. Ma anche con la responsabilità di rappresentare in modo giusto il Dio che servono e al quale appartengono. Israele doveva dimostrare con il loro modo di vivere, di usare il denaro, di gestire i servi, di relazionarsi con il prossimo di essere il popolo scelto da Dio.
Il nuovo patto, celebrato con il sangue di Gesù, riprende questo patto mosaico. Dio non ha più usato un mediatore solo umano, come Mosè, ma ha mandato suo Figlio affinché possa diventare il nostro mediatore, in modo da far diventare coloro che credono un tesoro particolare, una nazione santa. Una nazione di sacerdoti che non ha bisogno di altri mediatori o sacerdoti, perché è rappresentata perfettamente da Gesù che è alla destra del Padre e media per noi. Noi che crediamo in Gesù non abbiamo di intermediari per essere alla presenza di Dio, per confessare i nostri peccati, per pregare, per lodare. Ecco come Pietro ci descrive, riecheggiando il patto mosaico:
1Pe 2:9 Ma voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, perché proclamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa;… (5) siete edificati per formare una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo.
Il Signore ha dimostrato il suo amore e la sua potenza ad Israele, ha chiesto la sua totale ubbidienza e fede promettendogli uno stato speciale. Oggi fa la stessa cosa con noi, avendo dimostrato il suo amore attraverso Cristo Gesù e promettendoci l’appartenenza alla sua famiglia, a costo di ubbidire e credere in lui. Come rispondiamo a questo invito? Nei versetti che non abbiamo letto del capitolo 19 Dio si manifesta ad Israele attraverso tuoni, lampi, una fitta nuvola, il suono della tromba. Il monte Sinai era fumante, il monte tremava. A questa vita tutto il popolo di Israele tremò. Con Dio non si scherza, così come non si scherza con le conseguenze delle nostre scelte. Dio, come la banca, ha già pagato per noi, ha già dimostrato praticamente la sua buona volontà. Quale è la nostra risposta all’invito di Dio ad entrare nel suo patto? Vogliamo fidarci ciecamente di lui oppure no? E se abbiamo accettato questo patto, continuiamo a impegnarci per rispettarlo, in quanto gente santa?