Le mura sono pronte! Ma a quale prezzo?

I tre complotti contro Neemia

nehemia-6

Per leggere Neemia capitolo 6 clicca qui:

Sarebbe istruttivo cominciare a leggere il capitolo 6 da un verso che è quasi alla fine, il 15: «Or, le mura furono condotte a termine il venticinquesimo giorno del mese di Elul, in cinquantadue giorni». È un’affermazione apparentemente sobria e di semplice costatazione, ma in realtà risuona come una vera e propria celebrazione! La missione per cui Neemia è partito da Susa, lasciando il suo lavoro ed ascoltando la voce di Dio, è andata a buon fine! Ha avuto successo, e la rapidità dei lavori è stata impressionante. Ci si potrebbe soffermare sulla potenza di Dio che opera fedelmente, consentendo azioni che hanno del miracoloso, e lo faremo, ma è bene guardare cosa sia successo prima. Prima del successo, Neemia ha conosciuto le minacce, gli attacchi, e le difficoltà. Lo abbiamo già visto negli scorsi capitoli, ma in ogni parte del libro cogliamo un carattere diverso. Ci ricordiamo inoltre che quanto leggiamo è in perfetta armonia con quanto succede oggi con la predicazione del vangelo: questa non avviene mai nella totale tranquillità e nel coronamento di continui successi. È sempre accompagnata da persecuzione o lotta in varie forme e in questo capitolo lo vedremo bene.

1. Il tranello di Samballat e Geshem: minare il rapporto tra Neemia e Artaserse

Inizialmente i nemici di Neemia hanno tentato di fermare l’opera di ricostruzione. Ora si trovano davanti all’evidenza dei fatti, perché le mura sono ricostruite e la missione ha avuto successo. Tentano dunque di ricorrere ad altri espedienti per screditare Neemia, e danneggiare quanto è già stato fatto. Dopo qualche tranello per allontanarlo dal lavoro e affrontarlo da solo in un posto lontano, vedendo che persino l’insistenza con Neemia non funziona, scelgono di cambiare tattica: raccontare una calunnia secondo cui Neemia vorrebbe autoproclamarsi re di Giuda, rompendo quel rapporto di fiducia istaurato con il re Artaserse. v. «Queste cose saranno riferite al re! Vieni e consultiamoci insieme». Oltre alla calunnia si aggiunge la falsità, in quanto Samballat e Geshem qui si fingono amici, sembra che vogliano aiutare Neemia a sfuggire da queste eventuali accuse.

È invece importante osservare la fedeltà e la dirittura morale di Neemia che non cede a queste pressioni, ma che soprattutto rimane fedele al re – pagano – di cui è servitore e che lo ha aiutato. Per Neemia il fine non giustifica i mezzi. Si potrebbe pensare che una volta ricostruita Giuda, una volta fortificata la città indebolita, una volta rinfrancato il senso di comunità dei Giudei assieme al popolo rimpatriato, si potrebbe tranquillamente pensare di disfarsi del giogo persiano e tornare alla libertà. Le profezie di Ezechiele sulla resurrezione di Israele erano già state scritte e politicamente parlando ci sarebbero stati abbondanti argomenti per ricostruire un Israele indipendente. Ma Neemia non lo fa e rimane fedele alla relazione con Artaserse sebbene si tratti di un re che non adora lo stesso suo Dio e che dall’oggi all’indomani potrebbe morire o cambiare idea, con il rischio che suoi eventuali successori mandino all’aria quanto fatto da Neemia.

Mi pare un esempio importante per dire che oggi la predicazione del regno di Dio, l’annuncio del vangelo non può non essere accompagnato da esempi di coerenza e di stili di vita capaci di creare relazioni di sincera lealtà. Probabilmente non ci capita oggi di essere investiti di missioni richieste da qualcuno che non è cristiano. Ci capita però di ricevere come singoli fiducia da un datore di lavoro, da un superiore. È importante sapere e ricordare che nel momento in cui facendo il nostro lavoro annunciamo il vangelo, ci sarà qualcuno che minerà questo rapporto di fiducia insinuando che stiamo portando avanti interessi personali. Accadrà alle chiese che quando cercano di fare qualcosa di buono per la loro città, aiutando bisognosi in varie forme, vengano accusate di proselitismo, minando il rapporto tra chiese e autorità della città… Tutto questo avverrà e il libro di Neemia, nonostante la sua diversità di contesto è lì a ricordarci che Neemia non si è fermato, ma è andato avanti rimanendo onesto.

Non solo non si è fermato ma, come abbiamo visto sin dall’inizio del libro, ha trovato in Dio la forza di resistere. Il v. 9, esplicita il fine del complotto dei nemici: fermare le mani. Neemia risponde con una preghiera che chiede a Dio di fortificargli le mani. Più è forte l’attacco più Neemia ricorre a Dio chiedendo forza, aprendo la stessa strada che vogliamo seguire noi. Pregare e continuare ad agire. Né agire senza pregare, né pregare senza agire, ma agire pregando e pregare agendo!

2. Il complotto di Semaia: minare il rapporto tra Neemia e Dio. (10-14)

Non riuscendo ad infrangere il rapporto tra Neemia ed Artaserse il trio nemico trova un nuovo espediente. Quello di pagare un amico di Neemia convincendolo ad enunciare una falsa profezia sull’eventuale morte di Neemia, per spaventarlo e dissuaderlo dal continuare i lavori. Il tradimento è tragico in quanto sembra essere Neemia che va da Scemaia, forse per chiedere soccorso, e proprio questo lo tradisce, facendogli una proposta che Neemia ritiene inaccettabile: rifugiarsi nel tempio. Perché inaccettabile? I primo acchito si potrebbe pensare ad una violazione del luogo santissimo a cui avevano accesso solo i sacerdoti, con l’aggravante che la funzione del tempio viene distorta: diventa un rifugio e non un luogo per lodare Dio. A meglio guardare il problema è probabilmente un altro: «Potrebbe un uomo simile a me entrare nel tempio per avere salva la vita?» Accettare di entrare nel tempio, di starsene lì rinchiuso come Semaia, significa molto chiaramente abbandonare il campo di battaglia, il completamento dell’opera di ricostruzione che manca ancora di qualche elemento (i battenti), e quindi, in ultima analisi, mancare di fiducia nei confronti di Dio. E se i nemici riescono a rompere questo rapporto tutto è finito, perché manca il vero mandante della missione, che ne è anche il fine ultimo.

Quando Gesù fu tentato da Satana nel deserto il Diavolo uso una strategia simile: «se tu sei il figlio di Dio…» quasi a minare la sua identità. Quando predicheremo il vangelo e lo annunceremo in modo radicale, profondo, tagliente come è tagliente la spada a due tagli della parola di Dio (Ebrei 4), ci saranno mille tentativi di minare questo rapporto tra noi e Dio, che ci spingono a «privatizzare la fede», a vivercela nel tempio che non è più un luogo di promulgazione ma di protezione. Il nostro secolo è in parte riuscito a convincere i credenti a starsene chiusi nelle chiese, quasi a doversi difendere da un mondo avverso e cattivo, facendo dimenticare loro che il lavoro è fuori, per ricostruire le mura, e soprattutto facendo loro dimenticare che la fedeltà di Dio si vede soprattutto fuori, tra i rischi, tra le difficoltà, non nel clima protetto delle mura delle chiese.

Questa volta la preghiera conclusiva di Neemia non è dolce ed amorevole, ma indignata per la gravità dell’attacco subito. Neemia non mostra di essere vendicativo quando dice «Ricordati di Tobia e di Sambalat, e di Noadiah», ma semplicemente di aver capito quanto sia blasfemo tentare di intaccare il rapporto di una persona con il suo Dio. Per altro si tratta di una preghiera in cui Neemia evita di reagire, di trattare i suoi avversari rispondendo loro per le rime, ed in cui rimette la loro sorte nelle mani di Dio, invocando giustizia. Sono preghiere che possiamo prendere proprio quando abbiamo subito un torto o quando qualcosa ci indigna, rispetto a cui chiediamo a Dio di intervenire, come i martiri nell’apocalisse gridano: «Signore fino a quando?». Sono testimonianza di una preghiera viva, che grida a Dio nel successo come nella paura.

3. Il complotto delle lettere: minare il rapporto tra Neemia e la comunità

Rileggiamo ora il verso che abbiamo citato all’inizio, che annuncia il successo. L’opera compiuta in 52 giorni è qualcosa di eccezionale e tutti ne sono stupiti. Si potrebbe pensare che la comunità sia finalmente contenta e che Neemia non abbia più problemi. Non è così! I complotti continuano con delle lettere nel tentativo adesso di rovinare il rapporto tra Neemia e la sua comunità. I notabili probabilmente tentano di far passare per un amico questo Tobia che amico non è o di nascondere quanto successo. Le fratture tra Giudei e popolo ritornato riemergono e la gestione della città, benché le mura siano pronte, e tutt’altro che facile.

Viene da chiedersi cosa sarebbe successo se avessero avuto a disposizione le e-mail o whatsapp che oggi sono capaci di spostare i voti delle elezioni…

Ne traiamo una lezione molto importante. Per realizzare qualcosa di bello per il Signore è imprescindibile lavorare insieme, e le chiese devono fare questo, imparare a lavorare insieme, come una squadra. In questa cooperazione ci saranno sicuramente incomprensioni, fraintendimenti, offese, e modi diversi di vedere, che i vari Samballat, Geschem e Tobia prenderanno come pretesti per dividere e rovinare. Più si costruirà, più si crescerà come chiesa e più questi rischi aumenteranno. Non illudiamoci che il regno di Dio arrivi ad un punto per cui si possa dire che ci si può fermare, che il lavoro svolto è compiuto e che non c’è più niente da temere. Le difficoltà continuano, e la chiesa cresce insieme alla gramigna.

Questa volta non c’è una preghiera conclusiva di Neemia, tuttavia il passo è celebrativo: le nazioni sono costrette a riconoscere l’opera di Dio, e sono spaventate dalla sua forza. È una preghiera di lode implicita che la comunità fa, e che porta anche chi non ne fa parte a prendere atto che c’è un Dio che fa delle opere. La nostra speranza è che ciò che portiamo avanti e che viene dal Signore abbia la stessa eco.

Conclusione

I nemici di Dio hanno un progetto ben chiaro: vogliono impedire che Dio venga glorificato. In tutto il passo compare più volte il termine «spaventare», «incutere timore»; oltre ai termini: disprezzo, vergogna, che ricadrebbero su Neemia. La fine è invece trionfante e lo è non tanto per la costruzione delle mura in sé, ma perché ora ad essere abbattuti e spaventati sono i nemici.

Possiamo lottare nella consapevolezza che il nostro Dio, pur permettendo i complotti che abbiamo visto, ci porterà lungo un cammino in cui ciò che facciamo andrà alla sua gloria.