La vita? Una malattia sessualmente trasmissibile, quasi sempre fatale…

Un ironico psichiatra, R.D. Laing ha definito la vita come: «Una malattia sessualmente trasmessa che è sempre fatale»… Questa definizione tanto ironica quanto vera sembra in contrasto con quanto letto qualche domenica fa riguardo alla creazione: una creazione di cui Dio afferma che è buona, e che egli stesso benedice. In effetti lo è, e se la prima caratteristica che scopriamo di Dio aprendo la Bibbia è che egli è creatore, e che l’uomo è creato ad immagine di Dio, nel capitolo 3 della Genesi troviamo la spiegazione del perché la vita è spesso vissuta come una malattia, che finisce appunto con la morte. Lettura di Genesi 3. Per leggere Genesi capitolo 3 clicca qui:

1. Il mistero del male

Il male è un’esperienza comune e certamente non c’è bisogno di provarne l’esistenza: lo si esperisce in diverse situazioni nella misura in cui si vive. Ogni religione e filosofia tenta di trovare una spiegazione al perché di questo male e nel capitolo appena letto, troviamo la descrizione biblica di come il male sia entrato nel mondo. Un aspetto molto interessante da notare è che il racconto biblico si differenzia da molti altri miti del suo tempo in quanto distingue rigorosamente il bene e il male facendone due entità estranee. In diverse mitologie del tempo il caos cosmico è una miscela di bene di male che vengono in qualche modo separati, ma che hanno un’origine comune. È per altro un tratto tipico della modernità o di diverse filosofie orientali quella di vedere bene e male come due principi misti, diffusi un po’ dappertutto, con un origine comune. Nella Bibbia il male si presenta come qualcosa di misterioso, se ne parla dicendo che c’è un albero della conoscenza del bene e del male, ma non si sa cosa sia questo male né da dove sia venuto. Tuttavia è chiaro che non è l’altra faccia del bene, né un qualcosa di intrinseco alla creazione: nessuno l’ha creato, eppure in qualche modo emerge. Alcuni cercano di spiegarne l’esistenza dicendo che il male è necessario all’esercizio della vera libertà, e può essere un’idea interessante, ma non è quello che leggiamo in Genesi 3… Altri immaginano l’esistenza di un Dio cattivo, personificato da questo Diavolo serpente. Sicuramente la scelta del simbolo del serpente non è neutra: era l’animale che rappresentava molte religioni pagane che vedevano in esso un essere magico e affascinante, ed il testo biblico lo usa proprio per rappresentare questo: l’opposizione tra verità e paganesimo. Ma non ci viene detto che esso sia un dio né da dove venga. E nel resto della Bibbia continua a presentarsi come una forza ostile che l’uomo sceglie, o che piomba addosso, senza che se ne conosca l’origine.

Probabilmente il fatto di non poter essere spiegato né inquadrato razionalmente fa parte della natura stessa del male, che è sfuggente come una di quelle malattie che non si sa cosa siano ma che rodono il corpo. Tuttavia, il fatto di non dare una spiegazione del perché del male è una vera e propria forza del messaggio biblico. Davanti alla sofferenza si cerca sempre di dare una spiegazione, ma qualsiasi spiegazione rimane insoddisfacente. Chi soffre non ha bisogno di spiegazioni teologiche, ha bisogno di sapere che c’è qualcuno più grande di questo male e che offre una via per uscire dal male. È importante ricordare questo nella nostra esperienza quotidiane del male che capita sia a noi, che a chi è vicino a noi: disgrazie, malattie, persone che si autodistruggono, violenze… Forse non capiremo mai perché tutto ciò accade, o perché ci accade. Ed è meglio non capire che inventare soluzioni facili. Sappiamo però che al Dio della Bibbia questo male non sfugge e che non è l’autore.

2. La rottura

Restando nell’ambito di questo capitolo della Bibbia è però importante capire bene quali siano le responsabilità umane in questa origine del male. Ripeto che non sappiamo da dove venga il male in assoluto, ma perché ci sia il male nel mondo questo lo sappiamo. Si parla spesso di «caduta», e forse non è il termine più adatto, perché fa pensare al passaggio dall’alto verso il basso, o da uno stato spirituale ad uno materiale, cosa che non rende bene conto di ciò che accade nel testo. Quello che appare abbastanza chiaro è che il bene per l’uomo era vivere in armonia con Dio rispettando ciò che Dio aveva detto, i limiti che aveva posto che non erano per altro né enormi né particolarmente frustranti: sulla totalità del mondo si trattava di non nutrirsi di un certo albero… Il male invece consiste nel violare quanto chiesto da Dio, quindi «trasgredire»: è forse questo il termine più adatto per dire cosa sia il peccato. La trasgressione di un comandamento dato da Dio, per il bene dell’uomo.

Ci si potrebbe chiedere che male ci sia nel voler conoscere il bene e il male, visto che questa conoscenza potrebbe sembrare più una virtù che un peccato. Dal testo ciò che si evince è che il male non sta nella conoscenza in sé, ed è probabile che in armonia con Dio l’uomo sarebbe stato in seguito istruito su cosa fosse il male. Il male è piuttosto nell’accettare che a dettare legge sia non più Dio, ma un esterno, il serpente che contraddice quanto detto da Dio. («No, non morirete affatto!» 4) Non c’è quindi più fiducia nel Dio creatore, e ciò che dicono altre divinità ha lo stesso valore di quanto detto da Dio. L’uomo e la donna, da poco creati e beneficiari di un regalo incredibile, di un creato da amministrare e gestire per la loro gioia e per la gloria di Dio, ripagano il creatore con un qualcosa simile a: «Non m’importa di tutto ciò… Il bene e il male, lo stabiliamo noi. E seppure Dio ha detto di non trasgredire, decidiamo di ascoltare quanto detto da altri».

Il peccato, prima ancora che incarnarsi in una serie di azioni sbagliate come omicidi, furti, prevaricazioni, discriminazioni, adulteri, violenze e quant’altro si configura come una semplice trasgressione di un comandamento dato per mantenere un rapporto di amore tra uomo e Dio. Distrutto questo rapporto il mondo precipita. Seguono le maledizioni del suolo e del parto.

Fino a qui si tratta di un peccato che riguarda Adamo ed Eva. Ma come rappresentati dell’umanità il loro peccato si trasmette ai loro discendenti. Dopo il diluvio universale Dio stesso sembra prendere atto di questa diffusione del male:

Allora Noè edificò un altare al Signore; prese ogni sorta di animali mondi e di uccelli mondi e offrì olocausti sull’altare. 21 Il Signore ne odorò la soave fragranza e pensò: «Non maledirò più il suolo a causa dell’uomo, perché l’istinto del cuore umano è incline al male fin dalla adolescenza (Gn 8, 20-21)

Per arrivare al Nuovo testamento in cui Paolo con chiarezza ci dice:

 Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. (Rm 5, 12)

Quanto non è solo una storia antica che oggi non ci riguarda più. Rispetto al male ognuno di noi risponde, reagisce. C’è chi fa banalizza il male, cercando di non vederlo e di vivere come se non ci fosse o minimizzando tutto, e c’è chi invece lo vede dappertutto. La Bibbia ce lo presenta in modo sobrio, dicendo che consiste in una rottura della relazione con Dio. I moralisti passano il tempo ad accusare gli autori del male, ed inevitabilmente pensano di essere dalla parte del bene. La Bibbia ci dice che di questo male siamo responsabili tutti, che tutti lo commettiamo e che il male consiste nella volontà di decidere da soli cosa sia bene e cosa male. Accusare le persone è facile. Rendersi conto che tutto parte dal nostro rapporto con Dio è più difficile. Anziché ad accusare gli altri la Bibbia ci chiede di fare riflettere tutti sul rapporto che abbiamo con Dio e su come questo condiziona tutta la nostra vita nel bene e nel male.

3. La redenzione promessa

C’è un piccolo versetto nel capitolo 3 che durante la lettura rimane oscuro. Probabilmente è rimasto oscuro per secoli, fintato che sulla scena del mondo non è successo qualcosa di straordinario. Si tratta del v. 15. «Io porrò inimicizia tra te e la donna e tra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie le schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno». Dio sta parlando a Satana, e parla di una guerra che ci sarà tra lui e l’umanità e questo è chiaro. Meno chiaro è cosa significhi che schiaccerà il capo. Abbiamo qui, già all’inizio della scrittura, una profezia di quello che sarebbe accaduto millenni dopo. Per molti anni durante l’Antico Testamento Dio ha chiesto agli uomini di fare dei sacrifici di animali ed ha collegato questi sacrifici all’idea di peccato. Si trattava di un modo per trasmettere l’idea che il peccato ha un prezzo e che non rimane qualcosa di impunito. Vittime innocenti, come animali, pagano dunque per espiare i peccati. Tuttavia è chiaro nel pensiero dell’Antico Testamento che questi sacrifici hanno un valore limitato, e che non riescono ad annullare il peccato. Perché il peccato sia sconfitto ci vuole qualcuno che «schiacci il capo» a colui che spinge verso i peccati. Questo qualcuno è Gesù Cristo che si è dato in sacrificio facendo ciò che il sangue di animali non poteva fare. Era il sangue di un uomo innocente che in quanto tale poteva pagare il prezzo dell’offesa generata dal peccato. Questo prezzo è stato caro, perché ha significato la morte sulla croce. Ma è come una ferita ad un calcagno, perché Cristo è risuscitato sconfiggendo Satana.

Certo che non si tratta di una passo trasparente o evidente. Ma immagino la gioia di chi, studioso delle Scrittura ai tempi di Cristo ha visto la realizzazione di questo passo: ha aspettato di capire chi avrebbe potuto schiacciare il capo e con quale ferita ne fosse uscito, e con la venuta di Gesù ha visto la vittoria finale sulla croce, di un uomo che risorge.

Conclusione

Non conosciamo il perché del male. La Bibbia tuttavia ci dice come questo si possa sconfiggere. Se capiamo che Cristo morendo sul peggior simbolo del male, la croce, in cui ci si accanisce su un innocente, ha vinto il male, potremo parlare di tutti i mali che incontriamo nelle loro forme più inquietanti e tragiche in un modo diverso. Non con l’idea dell’ineluttabilità, ma con la luce di una speranza, che attraverso la croce ci promette una vittoria finale certa. Il male continua nel mondo, ma la promessa della sua sconfitta futura è già uno strumento di lotta eccezionale, per resistere e sopportare il male del presente.