La rete e lo scriba

Matteo 47-51

47 «Il regno dei cieli è anche simile a una rete che, gettata in mare, ha raccolto ogni genere di pesci; 48 quando è piena, i pescatori la traggono a riva, poi si mettono a sedere e raccolgono il buono in vasi, e buttano via quello che non vale nulla. 49 Così avverrà alla fine dell’età presente. Verranno gli angeli, e separeranno i malvagi dai giusti 50 e li getteranno nella fornace ardente. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti.
51 Avete capito tutte queste cose?» Essi risposero: «Sì».


52 Allora disse loro: «Per questo, ogni scriba che diventa un discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa il quale tira fuori dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie».

Parabole poste a conclusione del lungo discorso accomunate da:

  • Il collegamento “per questo”.
  • L’idea di qualcosa che viene raccolto e filtrato: la rete raccoglie di tutto e filtra. Nel tesoro c’è di tutto e si decide cosa tirare fuori, sia cose vecchie che nuove.

1. La rete

Paragone molto bello perché dà l’idea di un regno che raccoglie. Oggi parliamo molto di “accoglienza”, inclusività. La differenza tra l’amo e la rete è che la rete prende tutto e meno selettiva. Il regno di Dio accoglie tutti in un primo momento, e la vita presente è caratterizzata dalla compresenza di male e bene. Il tema, come anche la spiegazione data da Gesù è assolutamente uguale a quello della parabola delle zizzanie, del quale ricordiamo gli estremi:

  • Il male non deve stupirci
  • Il male non lo eliminiamo noi ma pazientiamo.
  • L’era presente si conclude con un giudizio

La rete amore. Dire che il regno di Dio è una rete significa mettere in risalto soprattutto due aspetti: da un lato che è un regno di amore e di pazienza. È un tempo di grazia in cui Dio tollera il male e lo lascia anche inspiegabilmente proliferare. Ma ad un certo punto ci sarà un giudizio che sarà fatto in base ad un criterio: il buono verrà trattenuto e quello che non vale nulla gettato. Il vangelo ci ricorda a più riprese che nessuno di noi vale qualcosa, quindi come essere messo nei vasi? Il messaggio centrale del Vangelo, la buona novella è che noi non valiamo niente, ma agli occhi di Dio, attraverso il sangue di Gesù morto per noi sulla croce, acquisiamo un grande valore. Possiamo valere moltissimo per gli uomini, essere persone celebri e godere di un’ottima reputazione, eppure non essere niente davanti a Dio. Possiamo guadagnarci la stima di molti, distinguerci per opere di merito ed essere apprezzati da tutti, e magari anche ammirati. Ma questa gloria non va a Dio, va a noi e ce la teniamo per noi. Il solo modo per avere un valore davanti a Dio è operare le sue opere, riconoscere che valiamo poco, ma acquisiamo valore solo se lasciamo che Dio ci trasformi. Con il suo perdono, con il suo amore, con la sua presenza.

Applicazione: parliamo chiaramente di un regno aperto in cui tutti i tipi di pesci possibile vengono incoraggiati ad entrare. Ma non dimentichiamo che un giorno ci sarà una selezione, con dei buoni vasi e una fornace ardente.

La rete giudizio futuro. L’accento messo da Gesù nella spiegazione riguarda soprattutto il giudizio futuro. La nostra epoca ama molto fermarsi alla fase inclusiva, accogliente, ma la parabola ricorda che ci sarà un momento in cui si deve filtrare. Questa immagine della selezione e della fornace ardente piace poco a molte persone che non amano pensare a Dio come ad un giudice e che inorridiscono al pensare ad una punizione. Eppure siamo tutti quanti dotati di un forte senso di giustizia e ci indigniamo davanti ai mali del mondo e al fatto che molti rimangano impuniti quando hanno commesso cose gravissimi. Questa idea di giudizio deve interessarci meno per i dettagli che non sono chiari, ma semplicemente evocati come dolorosi, spiacevoli, ma deve farci capire che chi è assetato di giustizia in quel giudizio avrà giustizia. Non c’è ingiustizia in Dio e se anche certe immagini possono essere diverse da quelle che siamo soliti usare nella nostra epoca, queste ci dicono una verità molto chiara: l’epoca presente è un’epoca in cui si deve scegliere, in cui non si può fare finta di niente. Bisogna prendere una posizione rispetto a Dio e si renderà conto della posizione presa. Il suo giudizio sanerà ogni ingiustizia e soddisferà che ha subito ingiustizie, ma ci chiederà anche conto della nostra vita e delle scelte che abbiamo fatto.

2. Lo scriba.

Quest’ultima parabola viene detta dopo che i discepoli affermano di aver capito tutto quello che Gesù ha spiegato, ma in particolare si riferisce all’ultima parabola. La rete opera una prima selezione all’interno del genere umano tra chi ha scelto Gesù e il suo regno e chi no. Questa parabola invece ci parla di una scelta che facciamo all’interno di noi che riguarda la nostra trasformazione.

Gli scribi erano degli esperti della legge, e abbiamo osservato che spesso Gesù si scontra con loro in quanto presuntuosi e ossessionati da uno studio dell’Antico Testamento spesso molto speculativo, giuridico e talvolta perfino strumentale che finiva per diventare oppressivo per dei poveri obbligati a pagare le tasse o incapace di realizzare il cuore della legge, cioè la presenza di Dio. Alla figura dello scriba che è uno studioso, si contrappone quella del discepolo, che è colui che impara direttamente dal suo maestro e che scopre un insegnamento vivo, trasformante, potente.

Un discepolo non butta via il vecchio, ma accanto al vecchio scopre il nuovo. Uno scriba diventato discepolo terrà ben presente di tutti gli insegnamenti dell’antico testamento che dicono chi è Dio, che racconta di come ha amato il suo popolo e lo ha riscattato, che esprime la sua volontà nei suoi comandamenti e che prospetta scenari di redenzione salvezza con un messia nelle parole dei profeti. Ma questo scriba se diventa discepolo scoprirà anche le meraviglie che troviamo nel sermone sul monte, l’amore per i nemici, la forza della preghiera, la crocifissione, la resurrezione, la promessa di vita eterna non per opere della legge, ma per fede nell’opera di Cristo fatta per noi. Uno scriba capisce dove puntava tutta la legge.

Questa parabola ci fa capire il rapporto tra antico e nuovo testamento, ci fa capire che non si butta via niente, ma si legge tutto in una luce nuova. Ci sono cose che passano e cose che rimangono, oltre a cose nuove che vengono messe in luce meglio, visto che il patto è nuovo.

Prima la parabola ci ha detto che noi valiamo qualcosa se dipendiamo da Dio. Ora questa parabola ci dice che abbiamo dei tesori davanti a noi. Abbiamo dei tesori in casa e possiamo liberamente attingere alle meravigliose realtà che Dio ci mette davanti.

Ultimamente abbiamo parlato dell’importanza di passare del tempo in silenzio soli con Dio. Si può pensare a quanto potrebbe essere bello passare del tempo a meditare su tutto ciò che Dio è: un creatore, un Signore, un salvatore, un redentore, un Dio che dà riposo… E fermarsi per ore a pensare quante cose preziose contiene questo tesoro.

Ci deve anche fare interrogare sul modo in cui ci poniamo davanti al tesoro: come degli scribi che passano il tempo a spaccare il capello in 4, a giudicare se il tesoro è buono o no, oppure a scegliere se ci sono parti migliori o parti peggiori, o ancora se questo tesoro finisce per allontanarci da Dio anziché rendercelo più vicino, oppure se il nostro tesoro è vivo, è trasformante, è potente.

Quando leggo la parola, mi sento trasformato? Quando ascolto la spiegazione in chiesa mi cambia la vita o no? Dio ci ha dato un tesoro, nostra responsabilità e conservarlo.