Il padre nostro – Matteo 6: 7-14

7 Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. 8 Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate. 9 Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome;
10 venga il tuo regno;
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
11 Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
12 e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
13 e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.
14 Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; 15 ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.

Il padre nostro

  • Alcuni testi li conosciamo tutti, e li abbiamo perfino imparati a memoria a scuola. Vanno dunque rivitalizzati perché rischiano di sclerotizzarsi nella ripetizione e anche per riscoprire. Tutti i loro signifificati
  • La memorizzazione e l’avversione per una preghiera “troppo cattolica” ci fa scordare che è un bellissimo schema di preghiera che risponde alla domanda: “insegnaci a pregare” e forse tutti ci siamo trovati a volte a non saper cosa dire nelle nostre preghiere.

LETTURA in Matteo 6.

7 Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. 8 Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate. 9 Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; 10 venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. 11 Dacci oggi il nostro pane quotidiano, 12 e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori, 13 e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. 14 Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; 15 ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.

Introduzione.

Uno sguardo d’insieme ci fa notare un sorprendente parallelismo con i 10 comandamenti: 4 per Dio, 6 per le relazioni umane. Qui 3 richieste: 3 per Dio e 3 per le relazioni umane.

Molti paralleli con preghiere giudaiche del tempo (le 18 richieste del Kaddish), e la difficoltà di pregare: o si dice troppo, come i pagani che credono in magici automatismi, o si cade nell’eccesso razionalista di pensare che sia inutile pregare visto che Dio Padre sa già tutto. Allora essenzialità: poche cose profondissime, che abbracciano la totalità della vita.

Appello iniziale: Padre

Una prima novità è che quel nome noto come Jahvé, rivelato a Mosè, ora conosce una rivelazione più piena. Dio non è solo colui che è, la fonte dell’essere e dell’esistenza, ma è anche il padre di quel Gesù che è venuto rivelandolo pienamente. Se noi possiamo cominciare una preghiera dicendo padre, è perché siamo diventati fratelli di quel Gesù che ci ha riconciliati con un Dio che prima era padre solo come “creatore”, adesso lo è come salvatore e Signore.

Il primo insegnamento da cogliere è che possiamo avvicinarci ad un Padre nel pregare, che è la rivelazione di un Dio vicino, accogliente, paterno. Che cerca con gli umani non semplicemente di essere riconosciuto come creatore, ma come padre affettuoso e salvatore, nonostante la nostra indegnità.

  1. Prima domanda: sia santificato il tuo nome

Che significa? Il primo senso è una richiesta che il nome di Dio venga riconosciuto come santo. E’ un idea molto antica che già il profeta Ezechiele 36,23 evocava: “Io santificherò il mio gran nome che è stato profanato nelle nazioni, in mezzo alle quali voi l’avete profanato; e le nazioni conosceranno che io sono il Signore, dice il Signore quando io mi santificherò in voi, dice il Signore.» Dire questo significa augurarsi almeno tre cose:

  • Che venga il regno di Dio in maniera piena
  • Che nelle nostre vite il nome di Dio sia santificato: che il nostro comportamento porti a santificare.
  • Che i popoli si mettano ad acclamare il Signore.

Non è un caso che questo sia proprio l’inizio della preghiera e che preceda in nostri eventuali bisogni, desideri e progetti. Ogni preghiera comincia col mettere Dio al centro e con l’invocazione che la sua gloria sia il centro di tutto. Perché se non lo mettiamo al centro la vita si disperde, e se non è santificato il Padre, rimaniamo in un mondo piatto e senza sapore. Santifichiamolo dunque con un culto domenicale, con la lode, con l’adorazione e con un comportamento che spinga altri a santificare.

  1. Seconda domanda: venga il tuo regno!

Del regno di Dio Gesù ha parlato moltissimo, ma è uno di quegli argomenti su cui non sempre i credenti si trovano d’accordo. Possiamo dire che se nell’Antico Testamento il regno di Dio era molto legato alla presenza della legge di Dio ed al suo rispetto, Gesù qui completa questa concezione, facendoci capire che il Regno di Dio è venuto (in Luca 17 è detto: è fra di voi, o in mezzo a voi), e che piano piano progredisce, avanza. Come avanza il regno di Dio?

  • Nelle conversioni dei nuovi sudditi che vogliono entrare nel regno: ogni volta che preghiamo per qualcuno, perché si converta dobbiamo dire: “venga nella sua vita il tuo regno!”.
  • Negli sforzi missionari che annunciano il vangelo nelle diverse parti del mondo portando luce nelle tenebre, e illuminando le realtà già avvenute: Gesù è seduto alla destra di Dio! Pregando per i popoli diciamo: “Venga il tuo regno”:
  • Fra noi ed in noi, quando facciamo vivere i valori del regno e nella nostra vita prendendo il giogo dolce e leggero di Cristo.
  1. Terza domanda: sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.

Questo passo si presta a più letture: per un verso ci ricorda che esiste una volontà di Dio che talora non capiamo ed a cui ci sottomettiamo. Pensiamo a Gesù nel Getsemani che dice: “non la mia ma la tua volontà”. Se abbiamo detto: “Sia santificato il tuo nome, e venga il tuo regno…” davanti ad un’infinità di situazioni in cui ci sembra che il nome di Dio non sia santificato, e che il regno non venga, è anche opportuno dire: “comunque la mia preghiera non ha il potere magico di trasformare immediatamente la realtà: quindi laddove non trovo risposta mi sottometto alla tua volontà.

Tuttavia, questa domanda apre orizzonti di speranza: la tua volontà che in cielo è fatta, sia fatta anche sulla terra. Quell’ordine morale, che tu desideri, venga anche tra di noi. Insomma: aiutaci a rispettare la tua volontà, e che la tua volontà di salvezza per gli uomini si realizzi, in modo che anche essi la pratichino. Non si tratta quindi di dire come i musulmani: inshalla… Se Dio vuole un po’ fatalisticamente, ma di accettare la volontà di Dio, pur avendo la convinzione di co-ndividere con lui le sorti del mondo.

  1. Quarta domanda: dacci oggi il nostro pane necessario/futuro.

Si passa al noi, e se siamo sinceri dobbiamo ammettere che questa domanda è quella che più spesso occupa le nostre riunioni di preghiera. Gesù ci invita nelle richieste a chiedere qualcosa di strettamente necessario ed essenziale: il pane. Ci invita a chiederlo per “oggi” quasi volesse anticipare quella conclusione: “non siate in ansietà, perché basta a ciascun giorno il suo affanno”. E ci invita a chiedere un pane che sia nostro, cioè collettivo, non solo per noi.

Non ho parlato ancora di “quotidiano” perché è uno di quei termini che mandano in crisi i traduttori, essendo usato solo qui nei vangeli e mai in altri testi greci. Un senso potrebbe essere: necessario, ciò quel pane per cui possiamo sopravvivere. Un altro potrebbe anche essere futuro, cioè quel pane che mangeremo in futuro tutti insieme, banchettando con il Signore Gesù nel regno dei cieli. In questo senso ogni agape cristiana è un’anticipazione di quel banchetto celeste, che effettivamente sarà anche motivo di sazietà per chi non aveva cibo.

Potrei ricordare brevemente che oggi 8 milioni di persone l’anno muoiono di fame, e 840 milioni di persone soffrono di malnutrizione. La causa è la povertà cronica. Se il nostro pane è veramente nostro e non “mio” dobbiamo veramente in ogni nostra preghiera, pregare per questi dati atroci in un mondo che ha in abbondanza, ed aggiungere alla preghiera l’azione.

  1. Quinta domanda: rimettici i nostri debiti.

Se il pane è necessario alla vita materiale, il perdono lo è per quella spirituale. E se avere fame fa stare male, vivere con dei sensi di colpa fa stare ancora più male… Quando ci si converte e si comincia a poter chiamare Dio: “Padre” si conosce il vero perdono, che colma completamente lo spirito e l’anima. Ma la vita cristiana non procede solo e sempre nella direzione della perfezione e la richiesta di questo perdono è necessaria ogni giorno. È vero che l’inflazione delle domande di perdono, come talvolta fanno i bambini, rischia di diventare falsa. Tuttavia è opportuno che si rinnovi di continuo uno sguardo su noi stessi e sulla nostra tendenza a peccare, proprio perché non abbiamo mai uno sguardo illusorio su di noi.

È interessante la scelta della parola da parte di Matteo che parla di “debiti” più che peccati. Ci dà idea di tutte le inadempienze sul piano delle relazioni con gli altri, quelle mancanze che abbiamo con fratelli e sorelle non necessariamente per offese arrecate, o litigi, ma anche per il semplice dimenticare di coltivare rapporti, trascurare, mancare di sensibilità… Si può essere in pace con tutti, ma freddi con tutti, ed è a suo modo un debito…

Siamo dunque invitati a confessare i nostri peccati e a considerare il perdono che accordiamo agli altri, come una semplice imitazione, minima, di quello che Dio ha fatto per noi. Se Dio ci ha perdonati, come possiamo non condividere il suo perdono? Il nostro perdono agli altri non è certo una condizione per essere perdonati, ma una conseguenza del perdono iniziale ricevuto da Dio.

Sesta domanda: non esporci alla tentazione, ma liberaci da Satana.

Forse è il passo tradotto peggio. In tante traduzioni si parla di “indurre” che fa pensare ad una esplicita volontà di fare sbagliare qualcuno, cosa impensabile per Dio. Ed anche il termine “tentazione” è problematico, perché in greco abbiamo solo un termine per “prova” e per “tentazione”. Noi facciamo questa distinzione, ma in greco non c’era, cosa che ci fa pensare che ogni prova può essere una tentazione se la perdiamo, ed ogni tentazione una semplice prova se riusciamo a crescere e a fortificarci con questa. Ci piaccia o no, la nostra vita sarà fatta di prove, ne avremo molte, e forse tutta la vita potrà essere una sorta di prova… Allora il senso di questa domanda è quello di chiedere a Dio che benché sappiamo che avremo molte prove, o che ne stiamo attraversando, nessuna di queste diventi mai una tentazione di lasciare tutto, di rinnegare Dio, di seguire piuttosto Satana. L’importanza di Satana, nemico già vinto, non va sopravvalutata, ma neppure sottovalutata. Il nemico numero uno è già sconfitto, eppure continua la sua opera vana ed illusoria di seduzione. La più forte delle richieste è posta proprio alla fine: perché se non si ha pane si vive male, si digiuna, ma si può andare avanti; se non si perdona si vive male, si soffre di solitudine e di sensi di colpa, ma si può andare vanti; ma se si finisce per scegliere Satana anziché Dio, si finisce veramente male. Era la scelta di Israele nell’Antico Testamento, che si lasciava conquistare da mille divinità diverse da quel Dio liberatore che l’aveva chiamato; e purtroppo talvolta è la nostra scelta, se cediamo alle pressioni del nemico che nelle prove ci fa perdere di vista la fine vittoriosa.

La dossologia finale

La dossologia finale, che pure manca nei manoscritti più antichi, non è comunque in contrasto con quanto detto. Una volta fatte 6 richieste per la gloria di Dio e per una vita che glorifichi Dio si confessa che in fondo tutto è nelle sue mani. A te appartiene il Regno che vorremo vedere realizzato: a te appartiene la potenza di attuare quello che abbiamo chiesto, quindi ha un senso avertelo chiesto. A te appartiene la gloria, che è al centro della preghiera. AMEN