L’ora della potenza delle tenebre: 4 tradimenti. Luca 23, 47-62

Risultati immagini per pietro pianse amaramente

Non conosco molte persone che si chiamino Giuda ed ho provato a fare una ricerca con un sito sulla sua diffusione, ma mi è stata data la risposta: “Il nome Giuda è troppo raro per poter essere mappato su una cartina…” Non stupisce che il nome sia così raro perché in un paese che conosce anche in modo superficiale le storie del vangelo l’atto commesso da Giuda, quello di tradire, risulta così odioso da cancellare  quel nome. Per quanto Giuda sia considerato il traditore per eccellenza, il passo che segue ci mostra che non fu certo il solo o l’unico a tradire. La settimana scorsa abbiamo visto 5 possibili motivi del tradimento di Giuda. Vorrei oggi vedere come questo tradimento si sia ripetuto in seguito.

 

  1. Il tradimento di giuda

Se abbiamo ora chiare le motivazioni del tradimento di Giuda, che oscillano tra la voglia di spronare Gesù, alla sua delusione rispetto al messia, o ancora all’interesse economico, vorrei fermarmi un momento sul modo in cui Giuda tradisce, e su un perché ancora più profondo.

Giuda tradisce con un bacio, e proprio questa apparenza di benevolenza è odiosa. Il baciarsi per salutarsi era comune per gli uomini di quel tempo, e sembra fosse caratteristico del rapporto discepolo/maestro; tuttavia c’è una forte tensione tra parvenza di benevolenza e il significato dell’azione: tradire proprio mentre sembra si dia una testimonianza di affetto.

Credo sia capitato ad ognuno di noi l’esperienza di dare un bacio falso, cioè di baciare non per convinzione, ma per convenzione; qui Giuda dissimula i suoi intenti dietro una parvenza di bontà. Può essere interessante rilevare una certa caratteristica del male e dell’inganno che è quella di non mostrarsi necessariamente come tale. Molti mali si presentano come benedizioni, e molti falsi profeti si presentano come portatori di verità. Purtroppo l’intero cristianesimo è ampiamente infestato di bravissimi baciatori che apparentemente trasmettono amore, ma che in profondo tradiscono e potremmo prendere il tradimento di Giuda come il prototipo dei falsi profeti: nel regno di Dio, insieme ai figli di Dio, ci sono dei falsi… Gesù non lo ha cacciato dal gruppo dei discepoli, non lo ha smascherato, ma ha aspettato che si manifestasse. Questo mi fa semplicemente pensare che le chiese non sono mai dei gruppi di persone pure e perfette, ma sono sempre potenzialmente piene anche di Giuda, e un po’ di discernimento aiuterà a guardarsene.

 

  1. Il tradimento del vangelo nelle interpretazioni

C’è un secondo tradimento, piuttosto sottile, che ci costringe ad una continua attenzione al modo in cui leggiamo i testi e in cui li mettiamo in pratica. Poco sopra Gesù (v.36) aveva detto: “Chi non ha una spada venda la sua veste e ne compri una”. I discepoli interpretano letteralmente il passo e presentano due spade. Gesù dice: “Basta”, ma è difficile capire cosa volesse realmente dire? Due spade bastano? Oppure basta con i fraintendimenti? Sempre in una predica precedente abbiamo cercato di dare un significato spirituale a queste spade, visto che lungo il vangelo la spada è spesso considerata come una metafora per la parola di Dio (Ebrei 4: La parola di Dio, più affilata… Efesini… ). Ma questo lo diciamo noi con le Bibbie in mano e dopo 20 secoli di interpretazioni cristiane… I discepoli non lo capirono! E non solo portarono le due spade, ma in questo passo le usarono anche. Furono cattivi interpreti della parola. E lo furono in quanto presero alla lettera il testo, come amano fare oggi molti cristiani che si vantano di prendere alla lettera la Bibbia. In realtà i discepoli tradirono lo spirito del vangelo ferendo un servitore con delle spade, e la pronta guarigione dell’orecchio del servitore fatta da Gesù ci dimostra che il suo messaggio escludeva l’uso della spada. Questo passo, oltre a insegnarci che la violenza non è prevista per chi si dice cristiano, ci esorta a sforzarci di capire bene il senso profondo delle parole di Gesù se non vogliamo tradirlo, che non si limita alla superficie, anche quando parla di concetti molto concreti e quotidiani, come le spade.

 

  1. Il tradimento del messia da parte di Israele

Il terzo tradimento viene fatto dalle autorità giudaiche: anziani, sacerdoti, capitani. Anche questo tradimento va al di là delle persone che lo portano avanti: qui il tradimento riguarda propriamente il messia ed il popolo di Israele, rappresentato dalle sue autorità. La logica della salvezza divina segue percorsi particolari: anticamente Dio aveva scelto di salvare l’umanità attraverso la scelta paradossale di un singolo popolo, che avrebbe portato all’umanità un messaggio. Ma l’apice di questo messaggio si sarebbe realizzato nel messia, in un re divino, che avrebbe portato un nuovo regno. I primi destinatari di questo messaggio erano proprio i membri del popolo di Israele, privilegiato per molti versi e preparato da anni di pratica di sacrifici, di leggi, di ordinamenti. Proprio la parte più istruita e consapevole di questo popolo non riesce a vedere il messia, e sembra accecata: perché uscire in una intera folla, con spade e bastoni? Perché si ripresenta la stessa polarizzazione emersa all’ingresso di Gesù in Gerusalemme: lo accoglie il popolo, non le autorità. Ugualmente qui lo procacciano le autorità, non il popolo. Purtroppo però ora, anche chi lo aveva acclamato lo lascia. La loro ora, la potestà delle tenebre è venuta. Niente sfugge al disegno divino, eppure perché venga realizzato, Dio concede al potere delle tenebre di esercitare la sua forza fino in fondo, esercitando una violenza inutile e gratuita. È abbastanza ridicolo vedere la sproporzione tra i mezzi usati per catturare Gesù e l’oggetto della cattura: un uomo disarmato, che finora ha parlato di pace, davanti ad una folla di persone armate. Vedo in questa irrazionalità l’irrazionalità finale del rifiuto di Dio da parte di Israele, ma anche di tutta l’umanità. Se da una parte è perfettamente comprensibile che le autorità giudaiche, smascherate da Gesù per la loro ipocrisia e per il timore di perdere il loro potere, vogliano eliminare Gesù, non è comprensibile la forza messa in piedi per catturarlo.

Viene allora da pensare questo: il rapporto degli uomini con Dio somiglia molto a questa situazione: uomini che si armano intellettualmente, psicologicamente, spiritualmente per eliminare Dio dalla loro vita. Come Adamo una volta peccato si nascose così, l’umanità si nasconde dietro sistemi religiosi, dietro grosse costruzioni intellettuali forti come spade e bastoni, per ridurre Dio ad un’idea nel migliore dei casi, o a niente, alla morte, come in questo caso. L’ora delle tenebre è ogni volta che Gesù viene espulso da una vita che lo rifiuta e che lo caccia con i suoi bastoni e le sue lance.

  1. Il tradimento triplice del primo discepolo

Per ultimo il peggiore dei tradimenti, quello più triste perché viene non da parte di un falso, non da parte del popolo lontano, ma da parte di un discepolo, anzi del primo dei discepoli, di colui che aveva pubblicamente riconosciuto in Gesù il Cristo, il messia. L’atteggiamento di Pietro è ambiguo: avrebbe potuto andarsene, ma invece segue da lontano. Vorrebbe stare vicino al maestro, ma quando si tratta di riconoscerlo, nega di essere dei suoi per tre volte. Ci torna qui in mente Pietro che vuole camminare sulle acque, ma che poi dubita… Pietro che è pronto a tutto per difendere il suo maestro, ma poi fa marcia indietro… Pietro che con altri vorrebbe guarire indemoniati, ma non riesce…

Quanto ci ritroviamo in Pietro con questo “seguire da lontano”? Il termine discepolo viene usato nei vangeli perché significa seguace, e i discepoli seguono il maestro che cammina: per seguire bisogna stare insieme, non lontano. Ma Pietro segue da lontano. Dio permette ad un segnale esterno, il canto di un gallo, di piangere amaramente. Tra questi elementi si gioca tutta la crescita della vita cristiana: seguire sì, ma a distanza, con una certa incertezza, una certa resistenza. Seguire sì, ma non al cento per cento: intervengono richiami del gallo: parole di amici, avvertimenti, letture, brani della Parola di Dio, prediche, o mille altre cose che Dio usa per farci tornare in noi. Se giungiamo a “piangere amaramente” come Pietro, allora siamo veramente suoi discepoli, ed in vangelo è arrivato nella nostra vita: il discepolo passa dalla fase di lontananza a quella di pentimento.

Nella nostra vita spirituale, stiamo attenti al canto del gallo. Stiamo attenti a quante volte Dio ci chiama, ed a giungere ad un pentimento sincero, amaro, ma autentico. Il nostro rapporto autentico con Dio parte da questo pentimento, amaro, perché ci costringe a fare i conti con la nostra natura, ma necessario a ricominciare a seguire Gesù senza tradirlo e confidando nella sua fedeltà.