La parabola della pecora smarrita – Matteo 18, 10-12

10 Guardatevi dal disprezzare uno di questi piccoli; perché vi dico che gli angeli loro, nei cieli, vedono continuamente la faccia del Padre mio che è nei cieli. 11 [Poiché il Figlio dell’uomo è venuto a salvare ciò che era perduto.]
12 Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e una di queste si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti per andare in cerca di quella smarrita? 13 E se gli riesce di ritrovarla, in verità vi dico che egli si rallegra più per questa che per le novantanove che non si erano smarrite. 14 Così il Padre vostro che è nei cieli vuole che neppure uno di questi piccoli perisca.

Una volta mi trovavo a pranzo in una famiglia in cui padre madre ed figlio minore credevano fermamente in Dio, e lo avevano reso Signore delle loro vite. Il figlio maggiore invece era ateo. Un ragazzo che come me era ospite chiese al figlio ateo – non sapeva che fosse tale – perché non venisse mai in chiesa. Rispose con ironia: «Io sono la pecora nera della famiglia!» Correzione opportuna della madre: «Non la pecora nera, ma la pecora smarrita…». La correzione era simpatica ed opportuna, ma quando ho letto il passo di oggi mi sono reso conto che esistono due parabole della pecora smarrita, nei vangeli ma sono molto diverse. Quanto detto dalla madre spiega perfettamente quella parabola che troviamo in Luca 15, in cui Gesù accoglie persone definite dai farisei «peccatori». Questa parabola invece è una risposta alla domanda dei discepoli fatta all’inizio del capitolo 18 di Matteo che dice: «chi è il più grande nel regno dei cieli?» A questo Gesù risponde che il più grande è chi si fa piccolo come un bambino. Dà al significato della parola «Piccolo» un significato spirituale, ed infatti invita a cambiare:

«In verità vi dico: se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. 4 Chi pertanto si farà piccolo come questo bambino, sarà lui il più grande nel regno dei cieli. 5 E chiunque riceve un bambino come questo nel nome mio, riceve me. 6 Ma chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare.

I bambini sono presi come esempi di piccolezza spirituale, quindi umiltà, unita a fiducia. I bambini, in genere si fidano degli adulti. Questo chiede Gesù ai discepoli: umiltà e fede per diventare grandi nel regno di Dio. Il percorso di maturazione dei discepoli deve passare attraverso un’infanzia spirituale che fa risaltare la loro umiltà e la loro fede. Riconoscersi piccoli, incapaci di grandi cose rispetto allo spirito, necessitosi di cura e di sostegno da parte del Padre che è Dio e uniti a Lui da una relazione di profonda fiducia, pari a quella che caratterizza il rapporto di un padre con dei figli.

La parabola della pecora smarrita si colloca dunque in questo quadro che è ben diverso da quello dell’accettazione di peccatori – senza per altro escluderlo – e che riguarda l’essere piccoli e umili come pecore o agnelli. Cosa imparare da queste parole di Gesù?

1. Nessuna pecora è più importante delle altre, il padre le ama tutte ugualmente

Una prima lezione è quella dell’eguaglianza tra i diversi credenti davanti a Dio, che è lo stesso per ognuno di loro. A me non pare scontato che il pastore lasci le altre 99 pecore e vada in cerca di quella perduta. Se come docente mi trovo ad accompagnare una classe e mi sparisce un alunno in mezzo ad una grande città, non mi viene spontaneo lasciare la classe per cercare l’alunno perso. Sicuramente mi preoccupo, oltre ad arrabbiarmi perché magari immagino che l’alunno si sia distratto e sia responsabile del suo smarrimento. Ma non è facile lasciare il gruppo. In questo caso invece l’attenzione del pastore è tale che l’interesse per quella pecora che rischia di perdersi offusca quello per il gregge che è comunque collocato in un posto sicuro, che non si perde.

La verità da tenere ferma nella nostra fede è che Dio considera i suoi figli in modo assolutamente uguale. La sua attenzione e la sua cura sono gli stessi per coloro che si sono fatti piccoli e sono diventati pecore/bambini.

Tendiamo a scordare questo nelle chiese. Immaginiamo che ci siano persone più importanti di altre, che chi occupa ruolo di maggior responsabilità o visibilità, goda di uno statuto spirituale superiore, o ancora che chi vanta una lunga vita o esperienza di fede, sia favorito davanti a Dio. Forse chi è all’inizio, chi si sente debole, vittima di facili errori, ancora abituato ad uno stile di vita sbagliato, pensa di essere da meno. Questa parabola ci ricorda che il Padre nutre lo stesso affetto per tutte le sue pecore, e che non fa queste discriminazioni, ed è una buona notizia per chiunque si senta in questa condizione.

2. La pecora smarrita è un «Piccolo scandalizzato».

Questa parabola oltre che parlare di bambini ci parla di scandali. E ancor più precisamente di piccoli scandalizzati. Questo apre un capitolo importante di riflessione rivolto a tutte le chiese di tutti i tempi. Molto frequentemente parliamo del fatto che molte persone prendono le distanze da Dio e da tutto quello che odora di religioso. Come italiano, ogni volta che parlo con qualcuno di Dio, recepisco critiche che nella stragrande maggior parte dei casi sono dirette contro la chiesa cattolica, o comunque contro le chiese in generale. Mi capita di leggere diversi libri in cui emerge che molte chiese, e non solo quella cattolica, ma anche molte chiese evangeliche, invece che essere uno strumento di crescita per le persone che vi entrano a far parte, diventano un ostacolo. «Scandalo» significa proprio «intoppo», «inciampo», «insidia», quindi un ostacolo che si frappone ad un cammino sereno. Sicuramente ci sono persone che non si sono realmente convertite e che non vogliono realmente servire Dio, e quindi quando entrano a far parte della famiglia di Dio trovano da ridire su molte cose e non riescono a starci volentieri. Ma al contempo ci sono molti atteggiamenti ecclesiastici che diventano un vero e proprio scandalo che impedisce di crescere. Possiamo pensare ai casi più conclamati, come a quello della pedofilia nella alte gerarchie cattoliche, che sicuramente ha scandalizzato tanti «Piccoli», ma molti eccessi ben più diffusi e apparentemente meno gravi scandalizzano ugualmente. Ci sono chiese che scandalizzano per la loro superficialità. Chiese che insegnano una fede tutta interiore e ripiegata su un rapporto intimo con Dio che non ha ricadute in alcun modo sulla società in cui si vive. Chiese che al contrario si preoccupano solo di cambiare il mondo ed problemi della società, ma trascurano il loro rapporto con Dio. Chiese che chiudono uno o più occhi sulle diverse forme di peccato da cui nessuna chiesa è immune. Ognuno di noi sappia bene che se siamo tutte pecore accettate dal padre, siamo anche pecore che possono scandalizzare le altre pecore. La parabola ci ricorda dell’amore del padre, ma ci ricorda anche che siamo responsabili dello smarrimento eventuale dei nostri fratelli e che il gregge non relazione solo con il pastore, ma anche tra pecora e pecora.

Ultimamente abbiamo parlato molto nella nostra chiesa di discepolato, di quella relazione particolare di attenzione, cura ed aiuto che si stabilisce fra le persone di una chiesa che si aiutano a crescere, confrontandosi, incoraggiandosi e pregando insieme. Il discepolato ben fatto è proprio un potente mezzo di lotta contro la dispersione e lo scandalo delle pecore perché chi si sente ignorato facilmente si smarrisce.

3. Lo zelo e la gioia del padre nella ricerca della pecora

Rispetto a questo ampio mondo di credenti scandalizzati il pastore ha un’attenzione particolare. La parabola esprime un paradosso, molto simile a quello che troviamo nella parabola del figlio prodigo: Dio si rallegra più per la pecora ritrovata che non per le 99 che sono rimaste ferme dove erano. La pecora scandalizzata, o smarritasi per conto proprio che ritrova il suo pastore non viene giudicata, non viene abbattuta, non viene messa in fondo al gregge in punizione, ma fa la gioia del padre.

Questo ci insegna a capire bene un aspetto del carattere di Dio che ci può essere di grande incoraggiamento quando pensiamo a noi stessi ed al suo cammino con lui. Dio non vuole che coloro che sono diventati «piccoli», cioè che hanno abbracciato la fede, diventando umili e fiduciosi, si perdano, si smarriscano. Lo stato di salute della nostra fede, il nostro crescere in lui è una questione che lo riguarda personalmente, e per la quale egli stesso si impegna. Ci fa molto bene pensare e sapere che la nostra fede non è solo una questione che riguarda noi e per la quale siamo impegnati noi personalmente, ma che riguarda Dio che dispiega le sue forze, i suoi angeli, proprio per garantire una fede solida e profonda. Nei momenti di solitudine, come può capitare talvolta d’estate, nei momenti di smarrimento, di forte sensazione di colpevolezza, nei momenti di crisi in cui sembra che gli elementi portanti e solidi della vita intorno a noi crollino, dobbiamo pensare a questa immagine del Dio pastore che si rallegra per il ritrovamento e che non vuole che nessuno si smarrisca. Se qualcuno immagina Dio come un vecchio saggio apatico che guarda il mondo dall’alto evolvere da solo, si sbaglia. Dio partecipa, soffre e il suo cuore pulsa per le pecore / bambini che ha salvato.

Ultimamente ho sentito una canzone di un cantautore italiano dal titolo: «Gli occhi dei bambini», che fa riflettere sugli sguardi dei bambini. Sguardi curiosi, sguardi spaventati, sguardi scandalizzati, o talora furbi, o ancora felici ed entusiasti. Possiamo imparare molto solo guardando lo sguardo e gli occhi dei bambini, perché hanno pochi veli e vediamo chiaramente cosa c’è dietro quegli sguardi e cosa dice chiaramente l’anima che hanno dietro i loro occhi. Questo però è anche il modo in cui Dio guarda noi, che siamo ai suoi occhi come dei bambini. Applichiamo anche il test a cui ci invita la parabola: se vogliamo capire perché il pastore lascia 99 pecore e segue quella smarrita, valutiamo il modo in cui riceviamo i bambini. Quando ci saremo resi conto della loro fragilità e fiducia, della loro curiosità e innocenza, della loro malizia ma anche della loro franchezza, ci rendermo conto che Dio ci guarda con lo stesso sguardo e proprio per quello può rallegrarsi del ritrovamento di una singola pecora che ama con tutto il suo cuore di padre-pastore.