Il seminatore 2. Il senso delle parabole Matteo 13

Matteo 13: 1-23 La parabola del seminatore e senso delle parabole

Rileggiamo l’intera parabola

1 In quel giorno Gesù, uscito di casa, si mise a sedere presso il mare; 2 e una grande folla si radunò intorno a lui; cosicché egli, salito su una barca, vi sedette; e tutta la folla stava sulla riva. 3 Egli insegnò loro molte cose in parabole, dicendo:

«Il seminatore uscì a seminare. 4 Mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada; gli uccelli vennero e la mangiarono. 5 Un’altra cadde in luoghi rocciosi dove non aveva molta terra; e subito spuntò, perché non aveva terreno profondo; 6 ma, levatosi il sole, fu bruciata; e, non avendo radice, inaridì. 7 Un’altra cadde tra le spine; e le spine crebbero e la soffocarono. 8 Un’altra cadde nella buona terra e portò frutto, dando il cento, il sessanta, il trenta per uno. 

1. Chi ha orecchi oda. Il paradosso provocatore.

9 Chi ha orecchi oda». È un’affermazione provocatoria e paradossale. Tutti hanno orecchi e tutti sono in grado di sentire. La provocazione consiste nel far riflettere chi ascolta sul fatto che il fatto di sentire, di avere delle orecchie in grado di percepire suoni non significa capire. E capire non significa immediatamente fare proprio, e ascoltare. Cercando di essere ancora più chiari Gesù sta in realtà dicendo: “Tutti avete delle orecchie, tutti siete in grado di capire. Fate lo sforzo di applicare questa parabola alle vostre vite chiedendovi che terreno siete e cosa fate della parola del regno che è stata seminata in voi. Il presupposto da parte di Gesù è che purtroppo molti che in realtà hanno orecchie non le vogliono usare e benché siano perfettamente in grado di capire fanno finta di niente.

Tuttavia questo paradosso se da un lato insinua che c’è gente che ha orecchie e non le usa, ricorda implicitamente che tutti abbiamo delle orecchie. In altri termini apre una porta di speranza. Non ci sono infatti persone senza orecchie – salvo malformazioni. La conclusione di Gesù è quindi una forte riprensione sui doni offerti a tutti, e sul prendere atto di quali tesori abbiamo davanti.

Riflessione: Dio ci ha messi perfettamente in grado di capire e di agire, ci ha fatto vedere i tesori immensi della sua grazia, gli orizzonti infiniti della fede. Di fronte alle sfide quotidiane dobbiamo sapere che abbiamo delle orecchie! Abbiamo degli occhi! È una cosa estremamente banale ed evidente, eppure non ce ne rendiamo conto. Vogliamo proseguire il paradosso? Proviamo per un attimo ad uscire per strada con dei tappi negli orecchi e gli occhi tappati. Quanto tempo riusciamo a sopravvivere? Ebbene, vivere l’esistenza senza conoscere i tesori della grazia è assolutamente la stessa cosa! È un’esistenza priva di senso, assurda, che non sa né da dove viene, né dove va…

Esempio concreto: Sto seguendo una formazione che riguarda l’orientamento degli alunni. Si parla di “competenze per l’orientamento” ed uno dei programmi più importanti che riguarda la sostenibilità indica la competenza che sa “immaginare futuri sostenibili” (Comptetenza n. 3 del GreenComp). Non è certo facile, ma in materia ambientale forse riusciamo ad immaginare un mondo più sostenibile, con energia solare, meno gas di scarico, molta bici ecc. Possibile anche pensare un futuro formativo e professionale. Ma quanto all’esistenza che futuro possiamo proporre? Le orecchie della grazia e gli occhi della salvezza: “La sua potenza divina ci ha donato tutto ciò che riguarda la vita e la pietà mediante la conoscenza di colui che ci ha chiamati con la propria gloria e virtù. ( 2 Pietro 1:3). C’è un dono che non va trascurato.

2. Tutti hanno orecchi: ma ad alcuni è dato e ad altri no.

10 Allora i discepoli si avvicinarono e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?» 11 Egli rispose loro: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli; ma a loro non è dato. 12 Perché a chiunque ha sarà dato, e sarà nell’abbondanza; ma a chiunque non ha sarà tolto anche quello che ha. 

Ai nostri tempi parlare di distinzioni all’interno dell’umanità sembra quasi un crimine. Il principio di eguaglianza, fondamentale dal punto di vista dei diritti, o della definizione della natura umana, sembra discriminatorio anche quando viene applicato ad altre categorie. Eppure l’umanità non è omologata, appiattita, e agli occhi di Dio è molto diversa in base alla risposta che dà alla parola del regno. Perché Gesù fa questa distinzione tra “loro” e “voi”? Discrimina ingiustamente le folle a profitto dei discepoli? La distinzione dipende interamente dalla risposta data alla parola del vangelo ed è opportuno riflettere sulla gravità di questa risposta. Per farlo non possiamo ancora una volta prescindere dal contesto filosofico e cultura in cui viviamo. Siamo un in mondo in cui si sottolinea fortemente che la religione deve rimanere confinata nella sfera privata. È il giusto risultato degli abusi di molti religiosi che nel corso dei secoli hanno fatto un uso illecito del nome di Dio, servendosene come strumento di unificazione politica, di dominio, di scontro e simili. Ben venga quindi che la religione non venga imposta come valore comune a livello pubblico. Tuttavia relegarla alla pura scelta personale, all’ambito ristretto della propria cosa senza alcune possibilità di manifestarsi pubblicamente è sbagliato. Gesù parlava infatti a delle folle che condividevano il suo pensiero. Non sto affatto dicendo che venga vietato nel nostro paese di parlare alle folle o di parlare in pubblico, sto dicendo che il comune sentire tende a limitare la religione nel privato. Questo come conseguenza ovvia implica che dire sì o no a Dio sia percepito come un fatto privato, se si dice sì bene, se si dice no pazienza, c’è altro a cui interessarsi. La distinzione radicale che Gesù fa sul “loro” e “voi” ci ricorda che invece questa scelta non va banalizzata. Scegliere di non ascoltare il vangelo ha conseguenza catastrofiche, significa chiudere il futuro, abbandonare la speranza nell’eternità, rinunciare alla vita.

Riprendendo le immagini della parabola: i discepoli rappresentano la buona terra e siccome hanno alcuni semi moltiplicheranno questi semi. Vedranno una crescita nella loro vita, un amore per Dio e per il prossimo sempre più forti che investiranno anche altri. Chi non ha invece o ha poco è chi ha radice poco solide, entusiasmi finti, che come dice la parabola non andranno lontano. Non va certo capito in senso economico, pensando che chi è ricco sarà più ricco e che chi è povero sarà privato. Al contrario, si potrebbe parlare di ricchezza spirituale. Questa parabola in sostanza descrive una condizione che può essere di beatitudine o di dannazione. Se sentiamo di essere buona terra, se ci sentiamo per grazia nel “voi”, possiamo ringraziare Dio e cercare di fare il 30 il 60 il 100. Ma se siamo un terreno roccioso, spinoso o di strada, abbiamo tutto il diritto e il dovere di preoccuparci!

3. Per chi non vuole avere orecchi: la parabola è una punizione o un’opportunità?

13 Per questo parlo loro in parabole, perché, vedendo, non vedono; e udendo, non odono né comprendono. 14 E si adempie in loro la profezia d’Isaia che dice:

Udrete con i vostri orecchi e non comprenderete; guarderete con i vostri occhi e non vedrete; 15 perché il cuore di questo popolo si è fatto insensibile: sono diventati duri d’orecchi e hanno chiuso gli occhi, per non rischiare di vedere con gli occhi e di udire con gli orecchi, e di comprendere con il cuore e di convertirsi, perché io li guarisca“. 16 Ma beati gli occhi vostri, perché vedono; e i vostri orecchi, perché odono! 17 In verità io vi dico che molti profeti e giusti desiderarono vedere le cose che voi vedete, e non le videro; e udire le cose che voi udite, e non le udirono.

A partire da questo capitolo Gesù non si rivolgerà più alle folle con degli insegnamenti (questi sono riservati ai discepoli), ma utilizzerà solo parabole. Viene da domandarsi se a parabola è una punizione o un’opportunità. Per un verso è una punizione perché invece che proporre un insegnamento in modo chiaro obbliga chi ascolta ad uno sforzo interpretativo. Quindi chi non ha voluto ascoltare con le orecchie e vedere con gli occhi riceve una punizione, dovrà ascoltare le stesse cose ma dette in modo più difficile.

Tuttavia se è una punizione è comunque molto particolare: costituisce una seconda chance e ha il vantaggio di illustrare in modo concreto e vivido dei concetti altrimenti astratti. Potremmo pensare alla bontà di Dio sia verso le “folle” che verso i suoi. Non bastano mai infatti le spiegazioni e per quanto Dio tenti di parlare in mille modi ha sempre un modo supplementare per venirci incontro. La parabola ci sferza, ma ci sfida. Ci costringe a pensare a staccarci dalla nostra situazione e identificarci con una situazione apparentemente diversa, ma in realtà analoga, come la storia della pecora raccontata dal profeta Natan a Davide.

Le parabole quindi che siano punizioni o meno sono sempre anche delle benedizioni che ci aiutano a ricordare degli insegnamenti, ma quanto dice Gesù sui profeti ci fa capire un’ulteriore aspetto: i discepoli non sono migliori dei profeti, ma hanno il privilegio di vivere nel tempo in cui Dio ha deciso di rivelarsi esplicitamente nella persona di Gesù. Vedono cose e assistono a spiegazioni che i profeti non hanno avuto.

Per noi un’ulteriore sfida: non solo, come detto all’inizio, Dio ci ha dato delle orecchie e degli occhi: ci ha dato di vivere nel tempo della grazia. Ci ha dato di poter ricevere la sua potente parola su tanti supporti quanti ne desideriamo: cartacei, digitali, audio, video… Cogliamo la portata di questa benedizione? Che il Signore ci dia di non privarci di alcun insegnamento della sua parola. Se siamo parte di quei “voi” che Gesù chiama discepoli non è automatico che si capisca tutto e si faccia tesoro di tutto. Gesù ci invita a vivere ascoltando e onorando le parole del regno che ci invia, considerandole un’opportunità unica, esclusiva, cruciale ed eterna.