Nell’ultimo messaggio da me dato su Isaia 11 e 12 ho usato la parola «Alternanza» per descrivere l’andamento di questo libro: alternanza tra profezie solari e luminose e profezie minacciose ed oscure. Quanto detto si è confermato nei capitoli successivi: dal 13 al 23 una successione di oracoli minacciosi rivolti a diverse nazioni fino ad arrivare ad un lungo passo «escatologico», che occupa i capitoli dal 24 al 27. «Escatologici» significa che riguardano i tempi della fine, che parlano del futuro per guidare il presente e rimandarlo verso il futuro. Parlare delle cose ultime significa parlare di speranza, di aspettative. Questi quattro capitoli sono tutti molto solari, oppongono il presente regno del mondo alla città santa, la città di Dio che si manifesterà in futuro.
L’interesse di tutti e quattro i capitoli, di cui i primi due 24 e 25 li abbiamo già studiati la settimana scorsa, è che ci forniscono una chiave di lettura per osservare la storia, la nostra storia, la nostra vita ed il nostro presente. Qualcuno ritiene che la religione oppio dei popoli spinga le persone a pensare solo ad un futuro felice per dimenticare il presente. Questi passi invece non ci descrivono dei bei luoghi con alberi, laghetti e natura rigogliosa, che potrebbero effettivamente avere un effetto «oppiaceo», che addormenta ma parlano di un popolo che canta e che vive in una città, grazie ad una forza esterna, che è quella di Dio. Sono passi che non ci fanno assolutamente dimenticare il presente per rifugiarci nel futuro, al contrario: ci parlano del nostro presente, che è importante, ma in esso opera la mano di Dio, per un futuro che è nelle mani di Dio.
Lettura: 26-27.
1. Chi entrerà nella città di Dio? (1-4)
Spiegazione immagine: In questo primo passo coloro che cantano il cantico della lode e che sono nella città forte, sono circondati da mura e bastioni di salvezza, immagine di gran sicurezza. La salvezza in effetti è riassunta in una città sicura, che non teme attacchi nemici. Questa città vive nella giustizia di Dio, ottiene la pace. È un posto dove si sta bene e dove tutti vorrebbero andare. Viene da chiedersi come si fa ad entrare in quella città… (v.3, 4). Isaia fa il ritratto di un’intera città, di tutto un paese, con le sue porte e bastioni, ma questa immagine futura e collettiva viene ricondotta al presente e alla responsabilità individuale: chi entrerà nella città di Dio?
3 A colui che è fermo nei suoi sentimenti tu conservi la pace, la pace, perché in te confida.
La risposta riguarda ognuno di noi, e ci invita a vivere come se fossimo già in quella città con una totale fermezza di sentimenti, che confidano in lui. Nei popoli umani si entra per nascita. Siamo italiani perché siamo nati da genitori italiani, o in paesi come la Francia siamo francesi se nasciamo sul suolo francese. Nelle città si entra spesso gratis, ma oggi alcuni sindaci stanno pensando di istituire della tasse per fare entrare i turisti in città, perché guadagnare sugli accessi.
Applicazione.
Nella città di Dio invece si entra solo se interiormente,
individualmente scegliamo di domandare la nazionalità del cielo, che
si ottiene confidando solo ed esclusivamente in lui: «è per fede
che siete stati salvati…» (Ef. 2,8). A molti nostri contemporanei
il mondo pare molto instabile, liquido, continuamente mutevole. Ma il
regno del mondo è sempre stato tale e 2750 anni fa Isaia ed il
popolo di Israele e Giuda vivevano la stessa precarietà, instabilità
ed insicurezza di oggi, sebbene su parametri diversi. La risposta di
Dio è la stessa: c’è un futuro migliore, fatto di festa, di
banchetto nuziale, di una città speciale. Ma chi ci vuole entrare si
fermi, esamini se stesso e cerchi la FEDE, il confidare in Dio
pienamente.
4 Confidate
per sempre nel SIGNORE, perché il SIGNORE, sì il SIGNORE, è la
roccia dei secoli.
La fede non è qualcosa di occasionale che un giorno c’è e l’altro va via. È una caratteristica stabile di chi confida nel Signore, che è l’unica cosa stabile, la roccia dei secoli su cui ci si può fondare.
2. Chi fa entrare nella città? (5-19)
(Dio fa entrare ed opera tutto – noi confessiamo di aver avuto idoli che danno entrate fake – Vedere il presente col futuro significa vede che Dio opera)
L’accento posto sul confidare potrebbe spaventare qualcuno che confonde l’abbandonarsi nelle mani di Dio, confidando appunto in lui, con una fiducia fatta di sforzi, di convinzioni, di autodeterminazione. Niente di tutto ciò in questo passo: c’è una responsabilità individuale. Ma questa non occupa affatto il posto di Dio. Diversi versi di questo passo sono di una chiarezza abbagliante sul fatto che è Dio che agisce, opera e determina ogni cosa:
12 SIGNORE, tu ci darai la pace; poiché ogni opera nostra la compi tu per noi.
15 Tu hai aumentato la nazione, o SIGNORE! Hai aumentato la nazione, ti sei glorificato, hai allargato tutti i confini del paese.
17 Come una donna incinta che sta per partorire si contorce e grida durante le sue doglie, così siamo stati noi davanti a te, o SIGNORE. 18 Abbiamo concepito, siamo stati in doglie, e, quando abbiamo partorito, era vento; non abbiamo portato nessuna salvezza al paese e non sono nati degli abitanti nel mondo.
Tutti questi passi sottolineano con forza che l’autore della salvezza, è solo e soltanto Dio e che le opere umane sono vento, aborti, vanità… Il costruttore di quella città, il doganiere, colui che fa entrare è lui e soltanto lui. Le stesse nostre opere sono compiute da lui.
Questa dichiarazione della sovranità di Dio è necessariamente accompagnata da un’ammissione e confessione di peccato.
13 SIGNORE, Dio nostro, altri signori, fuori di te, hanno dominato su di noi; ma, grazie a te solo, noi possiamo lodare il tuo nome.14 Quelli sono morti, e non rivivranno più;sono ombre, e non risorgeranno più;tu li hai così puniti, li hai distrutti,ne hai fatto perire ogni ricordo.
In poche righe Isaia condensa il problema chiave della storia di Israele che è in fondo il problema centrale della vita di ogni essere umano: chi vogliamo servire? Abbiamo un supermercato sovrabbondante di prodotti fake che ci offrono felicità immediata a tutti i livelli immaginabili. Idoli di molteplici tipologie che volenti o nolenti finiamo in qualche modo per servire. Possiamo servire i nostri datori di lavoro come degli dei, il nostro stesso lavoro che onoriamo e confondiamo con Dio, i nostri figli che devono avere il primo posto in tutto, la nostra casa, nel peggiore dei casi i nostri vizi…
Ma Isaia ci dice a chiare lettere che: « sono morti, e non rivivranno più; sono ombre, e non risorgeranno più»
L’unico costruttore della città ha sconfitto altri costruttori di altre città, ha sconfitto i bigliettai abusivi che vendevano biglietti falsi per entrare. L’anno scorso una mia alunna mi ha raccontato di aver speso 600 euro per i biglietti del concerto di Vasco Rossi a Roma, per poi scoprire che erano stati venduti da un sito fake, di cui gestori hanno ingannato parecchie persone… Chiunque ci garantisce una salvezza, una serenità, una pace, una sicurezza eterne che non siano quelle fondate sull’unico Dio, sono come i gestori di questo sito. Ma chi vuole entrare nella città riconoscerà con Isaia che oggi «grazie a te solo, possiamo lodare il suo nome»!
Torno all’idea iniziale: guardare il presente attraverso il filtro di una città futura, ci spinge a riconoscere l’azione di Dio in tutto ciò che vediamo, a non leggere la storia come il puro contrasto di forze arbitrarie e oscure, ma come il campo in cui Dio agisce. Non è facile vederlo, perché «SIGNORE, la tua mano è alzata, ma quelli non la scorgono!» (v.11) Ma se l’oppio addormenta, anche una visione materialista addormenta e rende incapaci di vedere che Dio opera. Vogliamo allora lodare nel presente, insieme ad Isaia, perché ha operato lui stesso la grazia di farci vedere la sua mano, la sua potenza
3. Chi non entra?
Lo spettacolo dei giudizi di Dio –
L’intero capitolo è ricco di parole che evocano la giustizia di Dio, i suoi giudizi, le sue azioni nel mondo rivolte a punire. Riprendo alcuni versi significativi:
5 Egli ha umiliato quelli che stavano in alto;egli ha abbassato la città elevata,l’ha abbassata fino a terra,l’ha stesa nella polvere;6 i piedi la calpestano,i piedi dell’oppresso; vi passano sopra i poveri.
21 Poiché,
ecco, il SIGNORE esce dal suo luogo per punire l’iniquità degli
abitanti della terra;
la terra metterà allo scoperto il sangue
che ha bevuto e non terrà più coperti gli uccisi.
Come Dio è autore della salvezza, ugualmente è autore del giudizio, della punizione, che può essere sia presente che futura. La città elevata è l’emblema di tutto ciò che cerca di innalzarsi alla pari di Dio, e vive del proprio orgoglio e della propria autosufficienza. Quest’opera di punizione di Dio sembra quasi uno spettacolo che Dio opera sulla scena del mondo davanti al quale diverse categorie di persone stanno a guardare:
- ci sono giusti che bramano i giudizi di Dio e li aspettano con ansia: 8 Sulla via dei tuoi giudizi, SIGNORE, noi ti abbiamo aspettato! Al tuo nome, al tuo ricordo anela l’anima. 9 Con l’anima mia ti desidero, durante la notte; con lo spirito che è dentro di me, ti cerco;
- Ci sono gli abitanti del mondo, che meditando possono imparare: poiché, quando i tuoi giudizi si compiono sulla terra, gli abitanti del mondo imparano la giustizia.
- Ci sono infine degli empi che rifiutano la grazia, che la respingono. 10 Se si fa grazia all’empio, egli non impara la giustizia; agisce da perverso nel paese della rettitudine e non considera la maestà del SIGNORE.
Nel mondo in cui viviamo ci sono una quantità innumerevole di catastrofi guerre, cataclismi e simili e noi non sappiamo mai quando queste sono effettivamente dei giudizi di Dio contro qualcuno e quando invece sono semplicemente il risultato della sua pazienza, per cui permette che qualcosa accada… Cerchiamo di imparare da questo passo ad avere uno sguardo sul Dio sovrano su tutto, anche sul male che viene compiuto e che verrà un giorno punito. All’inizio del capitolo 27 è detto che il Leviatano, animale ripreso dalla mitologia orientale, e simbolo di del male è punito e sconfitto. Questo capitolo serve di monito: chi rifiuta la grazia di Dio mediti sulla rovina finale che aspetta gli empi: chi è indeciso, colga la sfida di imparare.
L’invito di Isaia è di «desiderare giorno e notte, con tutta l’anima, di cercare il Dio che opera i suoi giustizi e che oltre a punire salva.