Il lievito
Matteo 13, 33 Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito che una donna prende e nasconde in tre misure di farina, finché la pasta sia tutta lievitata».
Molte persone oggi soffrono di allergie. Io sono tra queste e qualche anno fa un medico omeopata mi disse che avevo un’intolleranza al lievito. Conseguenza per un certo periodo non avrei dovuto mangiare pane, pizza, torte e qualsiasi cosa fosse lievitata. Per un po’ andai in giro in cerca di pane azimo, chiesi anche ad un fornaio di produrmene, e scoprii al supermercato alcune gallette azime che per qualche mese consumai. Trovai anche alcuni prodotti non male, ma francamente il pane lievitato è decisamente molto più buono. Sia per il gusto che per la consistenza soffice che riempie piacevolmente la bocca e si lascia masticare, mentre il pane azimo è in genere piuttosto duro. È il pane che gli ebrei mangiarono, e mangiano ancora oggi, durante la Pasqua, ma in quel caso il suo valore non sta nel gusto, ma nel fatto che va preparato velocemente, senza aspettare: la Pasqua degli ebrei era infatti una fuga dall’Egitto e non c’era tempo da perdere aspettando che il pane fosse lievitato.
La parabola che leggiamo oggi sfrutta quindi le caratteristiche quasi «magiche» di questo ingrediente, che quando è mescolato alla pasta non si vede più, non si distingue, eppure è in grado di fare la differenza, trasformando la pasta e dandole un gusto diverso e più buono. È vero che l’apostolo Paolo in I Cor 5, usa l’immagine del lievito in modo negativo:
I Corinzi 6 Il vostro vanto non è una buona cosa. Non sapete che un po’ di lievito fa lievitare tutta la pasta? 7 Purificatevi del vecchio lievito, per essere una nuova pasta, come già siete senza lievito. Poiché anche la nostra Pasqua, cioè Cristo, è stata immolata. 8 Celebriamo dunque la festa, non con vecchio lievito, né con lievito di malizia e di malvagità, ma con gli azzimi della sincerità e della verità.
Ed anche Gesù, usa il lievito in senso negativo (Il lievito dei farisei). Per questo alcuni interpreti danno al lievito un’immagine negativa, e credono che questa parabola parli del male che si sviluppa nel regno. Io sono invece convinto che questa parabola abbia un significato molto positivo, come tutte quelle presente in Matteo 13, e che sia molto simile a quella del seme che da sé germoglia e cresce che troviamo in Marco e non in Matteo. Quando Gesù dice che parla in parabole per adempiere le parole di Isaia, non sta dicendo che usa parabole per complicare le cose, al contrario: in parabole dice cose molto semplici e chiare, con paragoni evidenti dal contesto. Chi non le capisce è perché è talmente condizionato da una sovrastruttura peccaminosa che gli si chiude il cervello e ha deciso di non capire. Potremmo dire senza esagerazione che l’uso delle parabole viene riassunto dal proverbio: «A buon intenditor, poche parole».
Vediamo quindi il messaggio che questa parabola mette ancora oggi davanti a noi.
1. Il lievito nascosto.
Commentando la parabola del seme che da sé germoglia e cresce abbiamo già messo in evidenza come i semi nascono in un modo nascosto: non percepiamo la crescita eppure da un giorno all’altro la vediamo. Molto simile è l’azione del lievito. Si nasconde con la pasta, non si vede più, ma determina dei cambiamenti significativi per la pasta a cui è mescolato. Ancora una volta dobbiamo ricordare questo aspetto nascosto del regno, di cui Gesù dice apertamente:
Luca 17, 20: Interrogato poi dai farisei sul quando verrebbe il regno di Dio, rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare gli sguardi; né si dirà: 21 “Eccolo qui”, o “eccolo là”; perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi».
Questo aspetto nascosto del regno di Dio è molto importante da capire proprio perché se è vero che oggi non vediamo la piena affermazione del regno, al contempo esso è già qui, presente. I farisei a cui si rivolge Gesù si rifiutavano di vederlo, nonostante la predicazione, i miracoli e la presenza del Figlio di Dio in mezzo a loro. Il nostro mondo occidentale brilla invece per una serie di cose che si vedono: la tecnologia, la materia, l’immagine. Viviamo in un mondo concreto che ha sete di concretezza, che vuole toccare, sentire, percepire con i sensi il mondo che lo circonda. Come potrà quindi vedere il regno di Dio? Proprio come il lievito il regno di Dio sfugge allo sguardo di chi vuole misurarlo con strumenti scientifici, di chi vuole prove concrete della sua esistenza per sapere quanto è esteso, quanto territorio ha, e quale moneta usa.
Le chiese devono avere molto chiaro, e rallegrarsi, del fatto che siamo come lievito. La nostra azione è nascosta, non gloriosa. Non abbiamo lo scopo di conquistare la società, di imporci o di comandare. Al contrario: come il lievito abbiamo il compito di stare nascosti nelle pieghe del mondo in cui siamo, trasmettendo gli insegnamenti del regno, agendo sui cuori delle persone che compongono il mondo, predicando sia in silenzio che ad alta voce e sarà questa azione capillare e nascosta che trasformerà la società in cui siamo.
Non scoraggiamoci per quello che non vediamo, ma rallegriamoci per fede per quello che vedremo. Abbiamo appena concluso una bella esperienza di un campo per giovani e bambini. Non è che uno dei tanti campi diurni che vengono organizzati nella nostra città, e probabilmente molti bambini che hanno partecipato non li vedremo per un po’. Non vedremo ciò che è stato seminato nel loro cuore. Eppure c’è e quello potrà fare la differenza nelle loro vite. Non smettiamo di parlare a colleghi, amici, vicini di Dio, del suo essersi incarnato in Gesù, altro esempio di una potenza che non si vede, perché Gesù muore e non tutti vedono la sua resurrezione. Ma la vede chi crede in quel lievito nascosto che porta grandi cambiamenti
2. Il coraggio di mescolarsi
Altra caratteristica del lievito è quella di mescolarsi. Il lievito è fatto di piccoli animaletti, di batteri, che hanno la capacità di produrre ossigeno e fare gonfiare la farina mescolata all’acqua. Da solo il lievito non è buono e la farina da sola rimane dura. Ma l’azione del lievito è un’azione capillare. Si diffonde tra la farina e ha la capacità di farla gonfiare.
Senza troppi rigiri direi che il lievito rappresenta l’aspetto missionario della chiesa. Gesù ha detto ai discepoli:
Giovanni 17: 15 Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal maligno. 16 Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. 17 Santificali nella verità: la tua parola è verità. 18 Come tu hai mandato me nel mondo, anch’io ho mandato loro nel mondo. 19 Per loro io santifico me stesso, affinché anch’essi siano santificati nella verità.
La chiesa ha questa grande missione di restare nel mondo, senza temere di mescolarsi al mondo, di entrare nelle sue pieghe di conoscerlo e incontrarlo, amandolo. Senza tuttavia mai «essere» del mondo. Molte chiese hanno profondamente equivocato questo messaggio credendo che esista un edificio chiamato chiesa, fuori dal quale c’è il mondo, da cui è bene tenersi lontani, per non contaminarsi. Questa idea è l’opposto del messaggio cristiano, che è missione in mezzo al mondo, portata avanti con la costante invocazione di essere santificati nella verità.
Ultimamente ho letto diversi libri che invitano i credenti a frequentare bar, locali, persino discoteche al fine di poter adempiere a quella missione che spinge ad andare nel mondo. Non ci si può aspettare che le persone vengano in chiesa, come se questa avesse l’attrattiva di un cinema, di un teatro o di un museo, se prima i credenti non sono stati lievito che fatto sentire l’odore del vangelo. Con uno stile di vita diverso. Con un’etica diversa. Con un linguaggio diverso. Con una vita fatta di scopi diversi. Con un amore autentico che deve venire dall’unico vero amore, quello di Dio. Laddove «diverso» sta per diverso dalla mentalità comune e profondamente orientato verso Dio e radicato in Dio. Mescolarsi comporta certamente il rischio di confondersi al punto di perdere la propria identità, e questo è un rischio opposto ma altrettanto grave di quello di starsene appartati. Santifica nella verità, invoca Gesù. Perché il mescolarsi e l’essere nel mondo siano sempre saldamenti uniti alla verità da annunciare al mondo.
Ex. bambini al parco.
3. La potenza del lievito. L’azione dello Spirito. Il lievito è come lo Spirito
Infine il lievito, proprio come il granello di senape o come il seme che cresce ha un ulteriore tratto sorprendente: nascosto, e mescolato con al farina è quel poco che produce il tanto. 3 staia di farina sono una quarantina di chili, quindi non si parla di panini per fare colazione, ma di pagnottone che durano per più giorni, o magari che quella donna vuole vendere. Il poco lievito fa lievitare una grande quantità di pasta.
Se per un verso il lievito rappresenta la missione, possiamo dire che se osservato dal punto di vista della sua misteriosa potenza, capace di trasformare e far crescere, esso rappresenta anche lo Spirito Santo. La settimana scorsa ci è stato ricordato questo passo:
Atti 1,8: «Ma riceverete potenza dall’alto e mi sarete testimoni…»
La potenza dello Spirito Santo è quella forza capace di far sì che il poco lievito faccia lievitare tanta pasta. I discepoli si devono essere sentiti dei microbi rispetto al progetto prospettato da Gesù: essere testimoni da Gerusalemme fino ai confini della terra. Erano 12, quindi appena un po’ di lievito. Ma il lievito ha rovesciato il mondo, crescendo in modo miracoloso. I 12 senza lo Spirito sarebbero stati velocemente dispersi, mentre la potenza conferita dallo Spirito ha consentito di trasformare la società, la cultura, il mondo di cui erano parte. Questa stessa consapevolezza deve animarci. Questa settimana, lavorando nel campo giovani, mi sono reso conto di quante cose si possono fare pur essendo pochi. Di quanto Dio lavora nei cuori dei bambini, degli adolescenti.
Credo che tutti abbiamo provato una volta nella vita a fare un dolce. A me non sono mai riusciti particolarmente bene, infatti ne faccio molto raramente, e proprio per questo c’è un momento che le volte che ho provato a fare un dolce ho aspettato con ansia: il momento in cui andavo a vedere se la pasta era lievitata. Luce nel forno, almeno 45 minuti di cottura… Si è alzato o è rimasto una schiacciatina piatta…
Così è il regno dei cieli. Qualcosa di invisibile agisce in lui, ma quando avremo accettato la sfida di mescolarci bene al mondo in cui siamo, convinti della verità che ci anima, e dello Spirito che ci guida, potremmo affacciarci alla finestrella del forno per vedere cosa è cresciuto. Io ringrazio Dio nell’osservare la mia chiesa negli anni, che è cresciuta in quantità e qualità. Ringrazio Dio nel vedere altre opere, altre chiese, altre missioni, che negli anni sono cresciute, hanno inciso sulla società in cui erano. Non hanno realizzato il regno dei cieli sulla terra, ma si sono comportate come avant-posti del regno, hanno funto da segnali che indicano chiaramente verso il cielo e hanno annunciato l’amore e la giustizia di Dio.