13 Udito ciò, Gesù si ritirò di là in barca verso un luogo deserto, in disparte; le folle, saputolo, lo seguirono a piedi dalle città. 14 Gesù, smontato dalla barca, vide una gran folla; ne ebbe compassione e ne guarì gli ammalati.
15 Facendosi sera, i suoi discepoli si avvicinarono a lui e gli dissero: «Il luogo è deserto e l’ora è già passata; lascia dunque andare la folla nei villaggi a comprarsi da mangiare». 16 Ma Gesù disse loro: «Non hanno bisogno di andarsene; date loro voi da mangiare!» 17 Essi gli risposero: «Non abbiamo qui altro che cinque pani e due pesci». 18 Egli disse: «Portatemeli qua». 19 Dopo aver ordinato alla folla di accomodarsi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi verso il cielo, rese grazie; poi, spezzati i pani, li diede ai discepoli e i discepoli alla folla. 20 Tutti mangiarono e furono sazi; e si portarono via, dei pezzi avanzati, dodici ceste piene. 21 E quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, oltre alle donne e ai bambini.
Gesù deve essere rimasto abbastanza sconcertato dall’apprendere che Erode vedeva in lui Giovanni Battista risuscitato. Forse ha pensato che avrebbe potuto provare ad ucciderlo una seconda volta, forse si è detto che era necessario essere molto prudente. Parte quindi in un luogo deserto per pregare, perché ha bisogno di concentrazione e pace. Probabilmente è un desiderio che abbiamo avuto anche noi molte volte, dopo una giornata stancante o dopo un momento di tensione o preoccupazione. Ma un luogo è deserto solo fintanto che nessuno ci va. Se poi chi ci va è Gesù allora il deserto scompare e le folle attratte dalla sua presenza riempiono il deserto. Questo semplice passo fa pensare alle parole di Isaia che dicevano: “Il deserto e la terra arida si rallegreranno,
la solitudine gioirà e fiorirà come la rosa” (Is 35:1) Quando Gesù è in azione anche il luogo più deserto si riempie di gente che ha bisogno di lui. Quindi Gesù di fatto non arriverà in nessun luogo deserto perché non fa a tempo a scendere dalla barca che trova le folle. Così scende e invece che arrabbiarsi o scocciarsi perché non si può godere la solitudine che cercava, utile alla preghiera, guarisce le persone che hanno bisogno di lui. Sembrano versetti di transizione, in realtà ci anticipano in modo premonitorio quanto sta per accadere.
1. Tutti abbiamo almeno 5 pani e due pesci.
Il luogo deserto, che non è potuto essere tale, verso sera viene considerato comunque “deserto” dai discepoli. Deserto significa qui quindi privo di servizi, di negozi, di posti in cui comprare da mangiare. I discepoli cercano di sollecitare Gesù a liberarsi della folle. Non capiamo se si tratti di una scusa perché in realtà vogliono beneficiare dell’amicizia esclusiva del maestro, oppure se si tratta di un premura nei suoi confronti che effettivamente voleva stare solo. Pare comunque che i discepoli si rendano conto che le folle hanno dei bisogni, ma loro non si sentono in grado di sopperire ai bisogni di quelle folle.
Gesù quindi li mette davanti alle loro responsabilità: avete incontrato delle folle, vedete che hanno un bisogno. Cercate di fare qualcosa per soddisfarlo. Non serve la scusa che: “Abbiamo solo 5 pani e due pesci”.
L’affermazione dei discepoli è abbastanza chiara ed in effetti quella quantità di cibo non basta a sfamare una folla. Tuttavia è qualcosa. Questo ci invita a prendere seriamente in considerazione ciò che abbiamo. Sicuramente molti di noi si sentono sconsolati e piccoli di fronte all’enormità dei bisogni dell’umanità, o anche più semplicemente ai bisogni della società in cui siamo. A volte ci sembra di non essere capaci neppure di sopperire ai bisogni di una comunità più piccola, una chiesa con le sue esigenze, o ancora una famiglia, o un condominio, o qualsiasi altra società. Questo passo ci insegna a contare e a guardare quante cose, anche se piccole invece abbiamo. Saranno insufficienti, apparentemente ma ci sono. Perché a ben guardare molti di noi hanno una casa, una macchina, una bicicletta, del cibo, dei vestiti, un lavoro, un po’ di tempo e tutte queste cose sono strumenti che potenzialmente possono cominciare a sfamare le folle. Il passo presente ci porta a prendere atto che abbiamo queste cose, anche se magari non ci rendiamo conto di quanto possono essere utile. Ma questo non significa che non ci siano.
Nota aggiuntiva. In realtà nella società dell’opulenza in cui siamo, quasi tutti noi, abbiamo molto di più che 5 pani e 3 pesci. Ognuno di noi ha delle ricche dispense, con conserve, pasta, riso, e potrei aggiungere. Quindi se il primo gradino consiste nel rendersi conto che comunque abbiamo un po’, il secondo consiste nel vere che chiaramente abbiamo molto di più di ciò che avevano i discepoli in una società obiettivamente più povera. È una prima costatazione che dovrebbe metterci in guardia e predisporci all’azione.
2. Portare i pani e i pesci a lui.
È tuttavia molto importante capire che il passo in esame non è una proposta di una filosofia ottimistica, magica, presa in un delirio di onnipotenza. Un mio caro amico mi ha raccontato di essere stato in una chiesa battista a New York e di essere rimasto sorpreso nel sentire una predicazione che è solo: “Yes you can”, una preponderante riproposta di mito americano per cui si può fare tutto, ma con l’omissione che quel tutto lo si può fare se si porta ciò che si ha nelle mani di Dio. Esistono molte filosofie dell’essenzialità che ci indicano quanto si può fare con pochissime cose. Ho letto di una filosofia che consiste nell’avere solo 3 capi di vestiario, che vanta la meraviglia di avere armadi vuoti, nessuna necessità di scegliere, e piacere nel fare un microbucato ogni notte. Conosco diversi libri sulla bellezza della sobrietà che vantano la gioia di vivere in modo essenziale, con poco, riparando le cose rotte, senza consumare e sottostare alle logiche del consumo che ci costringe a comprare di continuo cose nuove e che programma l’obsolescenza di prodotti nuovi per farli invecchiare precocemente, con grandi vantaggi ecologici e risvolti etici. Bellissimo. Ma non è quello che ci dice questo passo.
In questo passo va colta l’importanza di portare i pani e i pesci davanti a Gesù, lasciando che sia lui a operare un miracolo. Perché di miracolo si è trattato e 5 pani e 2 pesci non sfamano le folle. Focalizzarsi solo su ciò che abbiamo, a prescindere dal fatto di portarlo davanti a Gesù perché egli moltiplichi ciò che abbiamo e permetta di usarlo per la sua gloria è un errore enorme che alimenta un ottimismo volto a glorificare in ultima analisi l’uomo e non Dio.
Pensiamo quindi bene a questo: il passo che leggiamo ci chiama a contare ciò che abbiamo, a non banalizzarlo, a non sminuirlo e a considerare che benché poco è qualcosa, e che se è molto è ancora di più. Ma al contempo ci invita a mettere nelle mani di Dio il poco che abbiamo perché veramente possa essere miracolosamente moltiplicato e serva alle folle che hanno i loro bisogni.
Pensiamo alle nostre forze, alla nostra stanchezza. Pensiamo ai nostri soldi, agli averi che abbiamo. Pensiamo al nostro tempo, risorsa preziosa, oro contemporaneo che scarseggia e ci spinge a invocare settimane da 48 ore. Tutto ciò va messo nelle mani di un Dio che saprà moltiplicare le nostre energie quando pensiamo di non farcela, che ingrandirà le nostre case perché permettano di accogliere (io ho pregato anni di poter allargare la mia casa e questo è successo!), e che allungherà i nostri giorni come fece con Giosuè permettendoci di portare avanti le battaglie spirituali in cui ci siamo arruolati, per soccorrere le folle.
3. Quando avviene il miracolo?
Vale la pena osservare in che momento avviene il miracolo della moltiplicazione. Non avviene prima, e Gesù non moltiplica i pani e i pesci preventivamente mettendo a disposizione dei discepoli centinaia di ceste da distribuire. Il miracolo avviene nell’atto stesso di distribuire. È difficile immaginare il modo in cui avvenne, i vangelo di Luca (9) e di Marco (6) ci informano che Gesù divide pani e pesci e li dà ai discepoli che a loro volta li distribuiscono alla folla. Il miracolo sembra avvenire durante la distribuzione stessa. Una volta che per fede i discepoli hanno creduto che il miracolo della moltiplicazione sia possibile, si muovono e agiscono e il miracolo avviene. È qualcosa che avviene mentre si agisce nella fiducia.
È un’importante spinta per noi a partire per agire, senza dubitare e senza indugiare. Certamente possiamo avere dubbi rispetto alla nostra capacità di guarire malattie, o di migliorare situazioni critiche in famiglie o tra le persone. Stare però fermi a non fare niente non ci aiuta. Un passo simile ci motiva a mettere nelle mani di Dio le cose che vorremmo vedere moltiplicate e a cominciare a distribuire, ad agire come se fosse realmente moltiplicate.
Conclusione. Il dio dello stupore.
Questo passo si adatta ad ognuno di noi, misurando i nostri doni, i nostri averi, le nostre capacità e i nostri talenti, e ci invita a fare ognuno una valutazione. Ognuno di noi deve scoprire il suo limite. C’è chi ha pesci e non li vede, chi sa di averne ma se li tiene senza chiedere a Dio di moltiplicarli e chi invece li ha li vorrebbe dare ma non parte…
Quello che Dio farà ci stupirà. Gesù si stupito nel vedere che le folle lo precedevano senza permettergli di stare un po’ in pace nel luogo deserto a cui voleva approdare. I discepoli si stupiscono nel vedere che dei pochi pani e pesci ne avanzano… Anche noi, se cominciamo a muoverci con fede, scopriremo quanto Dio moltiplica lasciandoci benedizioni, frutti e aspetti del regno in abbondanza