Tra liquido e solido 4. La solidità della parola

La solidità della parola

Cerchiamo oggi di sfidare l’impossibile: se la società in cui viviamo è liquida e cerca di liquefare le certezze che abbiamo, noi cerchiamo elementi solidi a cui aggrapparci e con cui contrastare l’inconsistente e l’effimero. Lo faremo oggi pensando alla Parola, che di per sé è fatta di suono e di significati e potrebbe sembrare leggera. La solidità che vorrei provare oggi è proprio quella della Parola o delle Parole che troviamo nella Bibbia e che riconosciamo come Parola di Dio. Se c’è molto chiacchiericcio e fiumi di parole superficiali, esiste una parola estremamente pesante capace di trasformare la vita e di continuare a guidarla, ed è la parola che predichiamo ogni domenica. Essa stessa è un bastione contro la liquidità del mondo e vorrei percorrere alcune immagini che nei testi che la costituiscono rivelano la sua solidità.

  1. La solidità del supporto: parole su tavole di pietra

Deut 4:13: Ed egli vi promulgò il suo patto, che vi comandò di osservare, cioè le dieci parole; e le scrisse su due tavole di pietra.

La scelta stessa del supporto su cui Dio chiede a Mosè di scrivere le parole della legge non è arbitraria. Al tempo di Mosè esistevano già i papiri e sarebbe stato sicuramente più facile e comodo scrivere su dei rotoli leggeri e su cui sarebbe bastato scrivere con un calamo. Più comodi da trasportare e più veloci da incidere i rotoli avrebbero avuto enormi vantaggi. Potremmo paragonare quei rotoli alla nostra scrittura sui computer, veloce, chiara, non soggetta alle terribili variazioni ortografiche di chi scrive male, inviabile a chilometri di distanza in tempo reale rispetto alla carta. Eppure Dio ripete molte volte sia nell’Esodo (34) che nel Deuteronomio che vuole proprio che la sua parola si scolpita su tavole di pietra. Sembrerà strano ma sembra proprio che Dio abbia attenzione anche al supporto attraverso cui la sua parola è trasmessa e che ci tenga a che sia un supporto solido e duraturo. Perché un rotolo brucia facilmente o si bagna, si scolorisce e si perde. Delle tavole di pietra no. Restano e durano nel tempo.

Questo mi spinge a riconsiderare persino i supporti che usiamo per le Bibbie che abbiamo e che manipoliamo ogni domenica. Siamo quasi tutti passati alle versioni elettroniche, utilissime, versatili e leggere, ideali per fare ricerche e per avere sempre la Parola a portata di mano. Eppure meno solide… Mentre possiamo distribuire materialmente le bibbie dei Gedeoni, regalandole ad un amico o lasciandole in negozi, hotel o altri luoghi fisici, sarebbe molto poco adeguato spedire piogge di versetti in rete, o regalare app che offrono la Bibbia. Non se ne coglierebbe il peso, e passerebbero come tanti messaggi tra gli altri. È ovvio che il senso è sempre lo stesso ed il supporto per certi versi può anche essere relativo. Ma non banalizziamo l’importanza di un supporto che può resistere a parecchie intemperie, e superare un blackout generale. O ancora non essere soggetto alle trasformazioni delle versioni dei programmi: io posso ancora leggere i miei appunti scritti a mano, ma quelli che ho preso al computer, molto più ordinati, non sono più accessibili, perché il software è troppo vecchio…

Credo tuttavia che questa solidità della pietra non debba fermarsi al supporto. Sempre nel Deuteronomio troviamo un incoraggiamento supplementare che lascia intravedere il percorso delle parole:

Deuteronomio 11:18

Vi metterete dunque nel cuore e nell’anima queste mie parole; ve le legherete alla mano come un segnale e vi saranno come frontali tra gli occhi;

Questa solidità deve penetrare nel cuore, sotto forma di conoscenza, di memorizzazione, di meditazione profonda della parola. Se abbiamo colto la bellezza e la potenza della parola di Dio, se abbiamo gustato che essa è portatrice di vita eterna, allora pensiamo anche alla forma duratura in cui conservarla dentro di noi, lasciando che penetri nei nostri cuori da cui potremo trarla anche laddove un dittatore sterminasse tutte le Bibbie. Un romanzo di fantascienza Farenheit 451 ha immaginato che una dittatura volesse bruciare tutti i libri, per cui gli oppositori del dittatore hanno pensato di imparare un libro a memoria per preservarlo dalla distruzione. Così questi personaggi passano la vita recitando chi la divina commedia, chi i Fratelli Karamzov e chi Madame Bovary.

Forse un importante applicazione di questo passo consiste nel cogliere sul serio la sfida di farsi portatore della parola di Dio o suo supporto, avendo a disposizione, se non tutta la parola come pare avesse Crisostomo, almeno molte delle sue parti, per presentare una ricchezza di passi e di versi memorizzati e conosciuti, proprio per la trasmissione in ogni contesto della parola.

  1. La solidità e degli stimoli e dei chiodi: il duro che corregge e orienta

Ecclesiaste 12: 11 -13 L’Ecclesiaste, oltre a essere un saggio, ha anche insegnato al popolo la scienza, e ha ponderato, scrutato e messo in ordine un gran numero di sentenze. 12 L’Ecclesiaste si è applicato a trovare parole gradevoli; esse sono state scritte con rettitudine, e sono parole di verità. 13 Le parole dei saggi sono come degli stimoli, e le collezioni delle sentenze sono come chiodi ben piantati; esse sono date da un solo pastore. 

Atti 26: 14-15. “Tutti noi cademmo a terra, e io udii una voce che mi disse in lingua ebraica: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Ti è duro ricalcitrare contro il pungolo”. 15 Io dissi: “Chi sei, Signore?” E il Signore rispose: “Io sono Gesù, che tu perseguiti.

Questo straordinario passo dell’Ecclesiaste presenta due immagini entrambe legate in qualche modo alla solidità, ma che ci fanno capire l’ambivalenza della Parola. Da un lato l’Ecclesiaste a cercato parole gradevoli, rette e di verità. Ma queste parole rette e gradevoli, proprio in quanto tali sono anche degli stimoli e dei chiodi. Immagini di durezza e solidità molto particolare.

Credo che molti possano concordare sul fatto che come uomini abbiamo molti bisogni di base. Bisogni fisici di cibo, calore, luogo in cui vivere e dormire. Bisogni affettivi, di amare ed essere amati. Ma bisogni anche spirituali e intellettuali insieme, di capire almeno alcune verità: capire chi siamo, da dove veniamo e dove andremo. Chi ha incontrato Dio ha trovato nella sua Parola delle parole “scritte con rettitudine” e molto “gradevoli” che ci hanno fatto gustare la bellezza della vita. Le parole della Scrittura ci hanno rivelato chi è all’origine di tutto, ci hanno detto chi ci ha creati, ci hanno parlato di libertà, di salvezza. E queste libertà e salvezza alcuni di noi le hanno realmente scoperte in Cristo. Forse qualcuno qui non ha ancora capito chi sia Cristo, quale sia la posizione di ogni uomo davanti a Dio, ma se continua a leggere probabilmente sente che c’è qualcosa di “gradevole”, di bello.

Ma questa stessa parola ha anche una rigidità che inizialmente spaventa: è stimolo, strumento acuminato utilizzato per stimolare gli animali, ed è ugualmente “chiodo”, strumento duro che serve a fissare. Ecco allora due straordinari caratteri dalla Parola di Dio: stimolare, talvolta anche dolorosamente chi la legge, facendoci capire i nostri errori, e inchiodarci a delle verità che sebbene dolorose hanno una grande stabilità.

Quando nella Bibbia leggiamo che “Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” (Rm 3:23) possiamo sentire un pungolo nel nostro orgoglio, un qualcosa che ci ricorda cosa siamo. Lo stesso quando sentiamo condannare la maldicenza, l’orgoglio, la vanagloria e quant’altro. Ma subito dopo leggiamo:

ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù. 

Ritroviamo quella dolcezza iniziale che come un chiodo fissa una certezza. Abbiamo peccato, ma c’è speranza.

L’immagine che troviamo nel passo lucano di Atti 26:14-15 è molto simile e forse ancorar più cruda, nella sua solidità: il pungolo è lo stesso strumento dello stimolo e serve per l’appunto a indirizzare e stimolare le bestie da soma. Paolo, come un animale recalcitra, cerca di schivare il pungolo. Cos’è il pungolo in questo caso? È nuovamente la parola di Dio che grida chiaramente dal cielo con una voce udibile! La parola in questo caso non è soltanto ciò che corregge, ma quel pungolo potente che costringe alla conversione e contro cui Paolo non deve recalcitrare, altrimenti aggraverebbe la sua situazione.

A titolo personale, posso dire che benché credente da anni, raggiunto quindi dalla solidità della parola da diverso tempo, non riesco a leggere la Parola di Dio senza sentirmi in qualche modo stimolato, spinto ad agire, a fare qualcosa. Certo che ci sono passi in cui mi fermo a quella gradevolezza che mi porta a contemplare Dio e il mondo che ha creato, nonché la sua opera sulla croce, ma la lettura mi spinge continuamente a pensare di dover fare qualcosa. La rigidità della parola diventa quasi fisica perché non può lasciare indifferente chi legge, diventando uno sprone, uno stimolo che aziona ed un chiodo che fissa.

  1. La solidità del fondamento: la parola di apostoli e profeti

Efesini 2:19-22. Così dunque non siete più né stranieri né ospiti; ma siete concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio. 20 Siete stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare, 21 sulla quale l’edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel Signore. 22 In lui voi pure entrate a far parte dell’edificio che ha da servire come dimora a Dio per mezzo dello Spirito.

In questo passo troviamo altre due straordinarie immagini di solidità. Le pietre, declinate in diverse modalità. Coloro che dal paganesimo si sono convertiti a Cristo non sono più stranieri, ma fanno parte della famiglia di Dio. Questa famiglia può dirsi tale perché poggia su un fondamento, cioè su una pietra. Prima immagine di solidità. Questa pietra è ciò che è stato posto anticamente dai profeti e al tempo in cui Paolo scriveva dagli apostoli. Ma cosa è stato posto se non parole? Paolo ci sta dicendo che la chiesa non poggia sull’acqua, o su qualcosa di liquido, ma una una base molto solida che è costituita da quelle parole dette dai profeti e dagli apostoli. E queste parole solide come una pietra non facevano altro che preparare la deposizione di una pietra fondamentale, la pietra angolare, su cui poggia tutto l’edificio. Torniamo dunque all’immagine della pietra, ma non come supporto della scrittura: profeti e apostoli hanno detto parole solide come pietre che hanno preparato la via di Dio e hanno definito il modo in cui dobbiamo capire Dio. Sola Scriptura dicevano i riformatori, intendendo che per capire chi è Dio, cosa vuole da noi, come dobbiamo comportarci, come dobbiamo relazionare con gli altri non abbiamo niente se non una una pietra, un fondamento posto da apostoli e profeti.

Se la nostra società è molto liquida lo è anche perché per tutto quel che riguarda Dio preferisce affidarsi alle impressioni, alle intuizioni personali, e persino all’interno delle chiese molti si affidano a visioni, a presunte rivelazioni dello Spirito. Ma lo Spirito non agisce se non in unione con la solidità della parola, e non fuoriesce dai confini che Egli stesso come Spirito ha tracciato ispirando uomini a scrivere questa parola.

Ogni disciplina nella sua ricerca del vero si pone dei criteri. Ebbene, il criterio per la fede cristiana è proprio questo: la Parola. Quando la scienza mi racconta delle verità, reali o presunte, su che base le esamino? Sulla base della parola. Consapevole che si tratta di due linguaggi diversi che in molti casi è bene che restino separati, laddove ci siano punti di contatto che implicano l’etica, ascolto bene la verità granitica della parola, piuttosto che il cambiare continuo della scienza.

Quando la chiesa si rende ridicola perché non rispetta la Parola, possono sempre rivendicare in nome di questa parola che “Il vangelo non dice così”! La solidità non è data dal comportamento più o meno corretto delle persone che si dicono cristiane, ma dalla solidità delle parola che Dio ci ha lasciate. È rispetto a quelle che siamo giudicati e che troviamo speranza, non rispetto agli uomini che possono fare bene oppure errare.