Scusi, ma lei chi è? Luca 20, 1-18

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Durante una festa di compleanno di mio figlio sono rimasto divertito e colpito dalla domanda che un bambino di 5 anni ha rivolto a mia zia che tentava di far fare dei giochi ai bambini. Le ha detto: “Scusi ma lei chi è?” La cosa mi ha fatto ridere e mi ha colpito per la vivacità del bambino che in sostanza stava ponendo la stessa domanda che i farisei hanno posto a Gesù. Risposta di mia zia: “Sono una zia!” E con questo ha regolato il problema, anche se i bambini hanno continuato a non ascoltarla, ma il bambino  è stato soddisfatto della risposta. Non siamo lontano dal passo che abbiamo letto in Luca, benché le dinamiche dei cuori siano ben diverse.

 

  1. Una domanda diretta ma in mala fede.

Ricordiamo in che sezione del vangelo siamo: siamo alla fine e Gesù è entrato nel tempio che ha appena purificato, cacciando chi aveva trasformato il senso che il tempio avrebbe dovuto avere. Anziché una casa di preghiera era diventato una casa di commercio. Dopo aver fatto le pulizie Gesù comincia ad insegnare nel tempio, e ad evangelizzare. Non si è limitato a pulire un posto ma lo ha riempito di contenuti nuovi per evitare che si sporcasse di nuovo. Mentre fa queste cose arrivano le “autorità” coloro che negli anni avevano conquistato posizioni di autorità nel tempio: sacerdoti, scribi, anziani. Vedendo il loro terreno minacciato da Gesù che ha una gran presa sul popolo vanno a chiedergli chi gli ha dato l’autorità di pulire, insegnare, evangelizzare.

Cominciamo col dire che la domanda è legittima. Nella storia la messa in discussione delle autorità umane non è mai qualcosa di negativo, anzi. La contestazione della monarchia di diritto di divino, la separazione dei poteri, la stessa forma democratica, peggiore di tutte dopo le altre, hanno contribuito a ridurre in parte alcune ingiustizie, sebbene queste non manchino anche laddove c’è democrazia. In modo più semplice è persino legittimo che dei bambini prima id obbedire pongano la domande: con quale autorità? Perché non basta essere adulti per essere autorevoli.

Anche nelle chiese  ci sono posizioni, come quelle dell’insegnamento e della predicazione in cui si esercita una certa autorità: siamo quindi tutti chiamati a porci la domanda: da dove deriva l’autorità che viene esercitata nella mia chiesa? Si fonda su se stessa o ha motivazioni scritturali? In assoluto possiamo porci domande legittime. Le riforme che hanno migliorato le chiese, salvandole dal tradizionalismo, dall’autoritarismo e dal diventare delle istituzioni di potere – quando ci sono riuscite – sono venute proprio fuori da domande come queste. Ma erano domande sincere, simile a quella che Gesù rivolge a chi aveva sporcato il tempio. Con quale autorità trasformare il tempio in una tana di ladri, in un mercato della religiosità? Ben venga quindi qualcuno che pone di continuo la domanda: con quale autorità e faremmo bene a continuare  a porcela quotidianamente.

 

  1. Due risposte indirette, ma in buona fede.

 

Il problema è che la motivazione per cui questi anziani, scribi e sacerdoti rivolgono la domanda a Gesù è ipocrita. La pongono non perché siano perplessi sul suo insegnamento, o perché abbiano paura che il popolo sia influenzato negativamente; la pongono perché hanno paura di perdere la loro autorità che si è trasformata in potere. Gesù allora risponde con due risposte, entrambe indirette. Prima con una domanda che li incastra e rivela la loro falsità: sanno bene che il battista era da Dio, ed ha fatto loro molto comodo che a farlo fuori sia stato il braccio secolare di Erode! Ma non possono dirlo perché non gli hanno creduto. Non possono neppure dire che sia stato un frutto della volontà umana per timore del popolo.

Nella risposta-domanda di Gesù non ci sono molte alternative: o Giovanni era da Dio o dagli uomini. Le autorità dei giudei non è che non sappiano rispondere perché non lo sanno come affermano; non possono rispondere perché sanno di avere torto.

Nella seconda risposta invece Gesù è più esplicito ma parla in parabole. La risposta è chiara: l’autorità me la dà Dio perché sono suo figlio, e voi dopo aver ucciso i profeti volete uccidere anche me. In una parabola abbiamo secoli di storia del popolo di Israele, rappresentato più volte dalla vigna, le cui autorità, benché richiamate a più riprese da profeti li ha uccisi, e ora vuole uccidere il messia.

C’è allora da chiederci cosa c’è in noi quando contestiamo una qualunque autorità stabilita sia essa fuori o dentro la chiesa. Ci sarebbe da porsi la domanda che questi farisei non si sono posti: CHI HA DATO LORO L’AUTORITA’ DI FARE STARE IN QUEL POSTO? Chi ci dà a noi l’autorità per contestare parole autorevoli e opere che da sole parlano dimostrando l’ispirazione divina di chi le compie? Contestiamo pure, ma analizziamo prima le motivazioni profonde delle nostre contestazioni. Per queste autorità la motivazione è chiara: malattia di potere che non tollera avversari. Chiediamoci sempre cosa è che ci fa contestare tutto ciò che contestiamo.

 

  1. Le nostre domande e le nostre risposte

Nella scorsa lettura, sulla purificazione del tempio, è stato detto che questo rappresenta anche il nostro corpo, e che oggi il tempio dello Spirito Santo siamo noi! (I Cor 6,19) Dobbiamo chiederci seriamente se abbiamo preso sul serio il senso dell’autorità di Dio su di noi e sul nostro corpo. E chiediamoci: chi ha autorità su di noi? Accettiamo l’autorità di Dio nella nostra vita? Se il tempio di Gerusalemme si era trasformato in un mercato è semplicemente perché quelle persone desiderose di potere rifiutavano in ultima analisi l’autorità di Dio. Rifiutare l’autorità di Dio sulla nostra vita ha conseguenze disastrose perché come dice chiaramente Gesù o l’autorità viene dagli uomini o viene da Dio. Allora, o il nostro tempio sarà guidato da Dio oppure da altre mode umane che daranno gloria persone. Sono felice di essere cristiano evangelico perché storicamente l’evangelismo nato con la Riforma protestante ha rimesso al centro l’idea di un rapporto diretto con Dio, in cui l’unica autorità nella mia vita è Dio e non altri uomini che si fanno Dio. Se altri uomini possono comunque avere un’autorità su di me, per un certo ordine che vige in chiesa, devono farlo sulla base della Scrittura. Sono felice di non essere il suddito di una gerarchia ecclesiastica umana che non ha legittimazione. Ma al contempo mi devo chiedere giorno dopo giorno in che misura accetto l’autorità di Dio nella mia vita. Se qualcuno non ha ancora messo la sua vita nelle mani di Dio, prenda atto che se il suo “tempio” non è ripulito, ammaestrato ed evangelizzato da Dio, saranno uomini con finalità oscure ad occuparlo.

Nei versetti finali la scelta davanti cui Gesù ci pone è ancora più forte: Gesù è una pietra. Se questa pietra diventa base della nostra vita allora il nostro tempio, il nostro IO sarà ben fondato. Ma se questa pietra è rigettata sarà un inciampo, contro cui ci faremo del male. Non perché Gesù sia una qualche divinità capricciosa che ha delle pretese, ma perché seguire Gesù significa realizzare la vera umanità, mentre andargli contro significa distruggersi e distruggere.

Qual è la pietra su cui abbiamo costruito la nostra vita? Qual è l’autorità che abbiamo scelto? Un passo come quello di oggi ci costringe a dire che vogliamo stare con chi ha fatto opere che vengono da Dio; con chi guarisce, ama, serve e costruisce la giustizia. Rispondiamo di sì al salvatore che ci chiama.