Quando torna Cristo?

L’importanza della Parousia

 Ora, fratelli, circa la venuta del Signore nostro Gesù Cristo e il nostro incontro con lui, vi preghiamo 2 di non lasciarvi così presto sconvolgere la mente, né turbare sia da pretese ispirazioni, sia da discorsi, sia da qualche lettera data come nostra, come se il giorno del Signore fosse già presente. 

Quando torna Cristo? È una domanda che assilla le menti di alcuni credenti che passano il tempo a fare previsioni, contare lune o interpretare fatti storici quasi fossero dei maghi che guardano il futuro in una sfera di Cristallo, e che al contempo lascia freddi altri credenti che sembrano essersi scordati di una promessa importante e centrale per la chiesa primitiva, che si salutava con: «Maranatha!» Le parole di Paolo in questa lettera servono a farci tenere una posizione vigile ma equilibrata.

Si evince dalla lettera che nella chiesa di Tessalonica circolano idee fuorvianti, che turbano gli animi: le parole sono forti: sconvolgere la mente, discorsi ecc. e soprattutto ci sono persone che abusano dell’autorità apostolica, spacciandosi per Paolo o per i suoi collaboratori Silvano e Timoteo (nessuno dei quali è comunque apostolo). Non è facile capire in cosa consista di preciso la dottrina dei tessalonicesi, e come possano dire che il giorno del Signore è già arrivato. É possibile che abbiamo maturato un’idea di giorno del Signore molto diversa da quella proposta da Gesù, o dall’Antico Testamento, o è possibile anche che abbiano pensato ad un giorno dilatato, ad un’era ed interpretato le loro personali sofferenze come segni dell’avvento di quel giorno. Sono solo ipotesi.

Possiamo tuttavia vedere che anche oggi molte chiese si scontrano proprio su questioni relative alla scansione degli eventi futuri. Sono nate correnti con numerosi nomi legate soprattutto all’interpretazione del periodo cosiddetto del millennio, e spesso questo crea grande confusione, oppure apparente chiarezza su ipotesi completamente diverse, che in realtà è confusione.

Possiamo anche vedere che nella teologia contemporanea esiste una corrente che non pone l’idea del giorno del Signore come un evento finale conclusivo di un’epoca e fondamentale per la teologia cristiana. La scuola dell’escatologia realizzata pensa che tutto sia già avvenuto, il regno sia definitivamente affermato e l’idea di attesa è molto sminuita. In generale nelle correnti di pensiero dominanti nelle forme più diffuse di cristianesimo (cattolicesimo, e protestantesimo storico) non pare che l’attesa del ritorno del Signore sia tenuta viva come Paolo auspica.

Importante dunque avere dei criteri.

1. Criteri di discernimento del “giorno”

3 Nessuno vi inganni in alcun modo; poiché quel giorno non verrà se prima non sia venuta l’apostasia e non sia stato manifestato l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, 4 l’avversario, colui che s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto; fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando se stesso e proclamandosi Dio.

Non è facilissimo capire cosa Paolo intenda per apostasia, che significa «ribellione», e probabilmente ha già parlato di questo in altri suoi discorsi che noi non conosciamo. Pensando anche ai discorsi apocalittici di Gesù, si può pensare che il tempo della fine sarà caratterizzato da una grande ribellione contro Dio, e di questa farà parte la manifestazione di Satana che prenderà posizioni di rilievo. Si fa qui riferimento al tempio, probabilmente quello di Gerusalemme, che non esiste più oggi, e che quindi va inteso come un volersi mettere al di sopra di ciò che in modi diversi rappresenta la divinità. Va saputo ad esempio che Gaio Cesare, chiamato anche Caligola, a quel tempo voleva mettere una sua immagine nel tempio di Gerusalemme, ed è possibile che questi fatti di attualità siano sul retroscena di quanto scritto qui da Paolo. Ci sono anche testi della letteratura apocalittica di quel tempo che vedevano in Antioco Epifane l’abonazione della desolazione di cui parla il profeta Daniele (Egli stringerà una forte alleanza con molti per una settimana e, nello spazio di metà settimana, farà cessare il sacrificio e l’offerta; sull’ala del tempio porrà l’abominio della
desolazione e ciò sarà sino alla fine, fino al termine segnato sul devastatore».(Dan 9, 27) Tuttavia sembra che qui Paolo non si stia riferendo ad uno dei tanti imperatori storici, ma all’uomo del male massimo, a Satana che si realizzerà in un modo che richiederà da parte dei credenti l’esercizio del discernimento.

Ancora oggi, dopo 2000 anni, tutto sommato la fede cresce. Il mondo non è la Corea del Nord. Ci sarà un momento in cui probabilmente la fede sarà una cosa rarissima, una sorta di Corea del Nord diffusa, e forse neppure con divieti ufficiali, ma per spontanea volontà.

Questi criteri che Paolo fornisce sono invece ancora validi e ci devono servire per evitare di pronunciarci in modo troppo esplicito sulla presenza o meno degli ultimi tempi, o sul crederci arrivati alla fine. I fatti che descrive Paolo se da un lato non sono facilmente riconducibili ad un referente chiaro, dall’altro fanno pensare che saranno riconoscibili in modo evidente. Non si tratterà di fatti equivocabili, ma forse di una ribellione tale contro Dio e tutto quello che riguarda la fede che non sarà né bello né difficile da capire. È comprensibile che molti credenti in situazioni di persecuzione abbiano pensato di essere proprio alla fine dei tempi. Ma la fine di cui si parla qui deve essere planetaria e non riguardare un singolo gruppo o nazione. Insomma: tenere viva l’attesa del ritorno, ma grande prudenza prima di pronunciarsi, perché quel giorno sarà evidente.

2. Criteri per leggere la realtà presente.


5 Non vi ricordate che quand’ero ancora con voi vi dicevo queste cose? 6 Ora voi sapete ciò che lo trattiene affinché sia manifestato a suo tempo. 7 Infatti il mistero dell’empietà è già in atto, soltanto c’è chi ora lo trattiene, finché sia tolto di mezzo. 8 E allora sarà manifestato l’empio, che il Signore Gesù distruggerà con il soffio della sua bocca, e annienterà con l’apparizione della sua venuta. 9 La venuta di quell’empio avrà luogo, per l’azione efficace di Satana, con ogni sorta di opere potenti, di segni e di prodigi bugiardi, 10 con ogni tipo d’inganno e d’iniquità a danno di quelli che periscono perché non hanno aperto il cuore all’amore della verità per essere salvati. 11 Perciò Dio manda loro una potenza d’errore perché credano alla menzogna; 12 affinché tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma si sono compiaciuti nell’iniquità, siano giudicati.

Questi pochi passi, in particolare i versi 6 e 7 sono considerati tra i più difficili delle epistole di Paolo, perché mentre i Tessalonicesi conoscono il retroscena ed hanno ricevuto un insegnamento, come è detto al v. 5, noi non siamo a conoscenza di cosa Paolo abbia detto loro «quando era con loro», e non possiamo dedurlo da alcuna delle sue epistole, neppure dalla prima. Possiamo fare delle ipotesi, precisando che vorremmo essere prudenti. Il senso mi sembra quello di dire che benché il male, chiamato mistero dell’iniquità, esista e vada avanti, esso è anche in qualche modo controllato. Questo è coerente con quanto detto in modo più generale nella Bibbia: c’è il male ed è un mistero perché non sappiamo bene da dove sia venuto. Tuttavia qualcosa lo trattiene, gli impedisce di avere una libertà di azione totale. Anche in Luca 10, 18 Gesù afferma di vedere Satana cadere come folgore ed affermare che il Regno si afferma, ma il male è ancora presente. O ancora, in Apocalisse 20 c’è l’idea di un regno che è affermato, ma Satana è in qualche modo legato, e poi sarà slegato.

La mia personale interpretazione di questo passo è che per ora il regno di Dio si afferma, cresce, ed il potere di Satana è limitato, altrimenti il mondo verrebbe distrutto. Nel momento in cui verrà tolto di mezzo chi lo trattiene, verrà l’apostasia. Chi è chi lo trattiene? Potrebbe essere Dio stesso che la grande apostasia, ribellione, vorrebbe togliere di mezzo. Questa grande apostasia si prepara con l’azione efficace di satana, con opere potenti ed inganni.

Si tratta chiaramente di criteri che ci permettono di capire la realtà in cui siamo. Perché viviamo in questo misto di male e di bene? Perché il male agisce, ma con una libertà limitata. Questo ci fa affermare che il male è comunque sotto il controllo di Dio e ci fa sperare chiaramente nel suo ritorno che verrà per giudicare ed annientare l’empio. Tuttavia questo periodo offre una doppia sfida: a chi crede offre la sfida di vigilare. Perché ci saranno inganni ed in modo subdolo l’azione efficace di Satana cercherà di affermarsi. Pensiamo oggi al grande potere che ha satana di mascherarsi dietro apparenze che si riferiscono al cristianesimo stesso. Mentre al tempo di Paolo gli imperatori perseguitavano i cristiani, da diversi secoli i poteri politici stessi si sono ammantanti del nome di Cristo per commettere i peggiori crimini e preparando questa generale apostasia. Pensiamo ad un Bush che affermava di essere l’asse del male e che ha scatenato guerre inutili che hanno prodotto terrorismo e ulteriore violenza. Passi come questo ci invitano a stare molto attenti a dove sia l’azione di satana senza tuttavia cercare con troppa facilità dei referenti concreti. Ci esortano anche a non scoraggiarci perché contrariamente a quanto si aspettano molti il mondo non andrà a migliorare. Per molti il male nel mondo dimostrerebbe che non c’è un Dio buono, perché un Dio onnipotente se fosse buono non farebbe soffrire. Il messaggio biblico è proprio il contrario: c’è un Dio buono che responsabilizza l’uomo che ha creato lasciandogli il tempo e lo spazio per convertirsi e credere, lasciando che il male dilaghi ma promettendo una vittoria finale, a chi chi ha amato la verità e si è arreso alla giustizia di Dio.

Per chi non crede questo tempo offre invece un momento di scelta: è tempo oggi per scegliere tra verità e iniquità. Laddove verità significa scegliere Dio, sceglie Gesù che è la verità e che dice la verità sull’uomo e sulla vita, mentre iniquità significa scegliere di vivere indipendentemente da Dio, in modo autonomo, essendo legge a se stessi. Magari facendo azioni, opere ed atti che sono esteriormente buoni e belli, ma senza la prospettiva finale di glorificare Dio e di dargli l’onore che gli è dovuto. Per chi sceglie Dio il giorno del Signore non è un giorno di paura, e il periodo che lo precede che da quanto vediamo ha motivo di spaventare, è in realtà un’attesa paziente della rivelazione della giustizia.

Conclusione

In realtà nel mondo in cui siamo esiste un’idea di «fine». Quante volte si sente dire: «Non si può andare avanti così, siamo alla frutta, che futuro avremo?» In termini più scientifici c’è chi ci preannuncia che il sole prima o poi come tutte le stelle si spegnerà, ma questo non spaventa troppo perché mancano ancora 5 miliardi di anni… Ci sono allora i catastrofisti ecologici, che non hanno tutti i torti che ci dicono che se non cambiamo stile di vita il mondo esaurirà le sue risorse. La Bibbia ci dice che invece il disastro e le catastrofi sono dentro il nostro cuore e che ci sarà una fine del mondo, ma il nostro destino dipenderà da come ci siamo relazionati con il Signore. Siamo pronti?