Per cosa pregare?

1 Per il resto, fratelli, pregate per noi:

  1. perché la parola del Signore si spanda e sia glorificata come lo è tra di voi, 

  2. e perché noi siamo liberati dagli uomini molesti e malvagi, poiché non tutti hanno la fede. 3 Ma il Signore è fedele ed egli vi renderà saldi e vi guarderà dal maligno. 

4 A vostro riguardo abbiamo questa fiducia nel Signore, che fate e farete le cose che vi ordiniamo. 5 Il Signore diriga i vostri cuori

  1. all’amore di Dio

  2. e alla paziente attesa di Cristo.

Lo scorso anno abbiamo letto, come chiesa, un bel libro di Don Carson che incoraggiava alla preghiera. Le epistole ai Tessalonicesi erano tra i primi testi ad essere presi in considerazione per mostrare quali fossero i soggetti di preghiera a cui Paolo incoraggiava. I primi versi del capitolo 3 forniscono unottima risposta a quella domanda che i discepoli rivolsero al Signore e che noi stessi ci poniamo: Signore, insegnaci a pregare! (Lc 11,1) Con poche parole l’apostolo invita ad una preghiera prima «per noi», cioè per Paolo e i suoi collaboratori, e poi «a vostro riguardo», cioè per i Tessalonicesi. Da questi brevi incisi si impara a pregare fissando ciò che veramente conta.

1. «Pregate per noi»

Dopo un ordine come «pregate per noi», ci si aspetterebbe una lunga lista di richieste personali che coprono le diverse aree della vita, e che non mancano di bisogni, necessità, malattie e tutte le varie difficoltà che in genere esponiamo a Dio in preghiera. La prima preoccupazione dell’apostolo Paolo invece è che la Parola del Signore si spanda e sia glorificata. Avrebbe potuto usare l’espressione «venga il tuo regno», oppure «che il vangelo sia predicato», che hanno lo stesso significato. La cosa più importante che possa esserci nella vita di Paolo è che la parola di Dio si spanda, e sia glorificata. Vale a dire che percorra la terra, che sia ascoltata, diffusa, udita, e che la risposta sia positiva.

È un grande messaggio per persone come noi che nel chinare il capo in preghiera pensano in genere come primo punto ai propri problemi, acciacchi o necessità immediate, mentre la soluzione degli stessi è in una diffusione ampia ed onorevole del vangelo. Questo passo ci esorta a non dimenticare mai, ogni giorno, ogni volta che ci fermiamo a pregare che il desiderio che il vangelo sia predicato, che le persone si convertano, che le chiese crescano è un punto fondamentale. Gesù insegnando il padre nostro lo mette solo dopo al «sia santificato il tuo nome».

Quando parliamo di passioni, tempo libero, passatempi oggi pensiamo ad una serie di cose che svagano: musica, sport, attività varie, buon cibo, arte… Un simile passo ci fa vedere che la passione di Paolo è un’altra. Nessuno i vieta di coltivare legittime passioni che svagano e allietano la vita, a patto che la passione n. 1 non ne sia intaccata!

2. Perché siamo liberati da uomini malvagi.

Qualcosa di personale c’è in questa richiesta di preghiera, ma non è slegato dalla prima domanda. Paolo richiede protezione perché ci sono uomini malvagi che contrastano l’azione di Paolo e dei suoi. Ha comunque fiducia nel fatto che Dio libererà sia lui stesso che i tessalonicesi da questi uomini malvagi e dal potere di Satana.

Queste parole mi sollevano due preoccupazioni. Una prima preoccupazione è che quella di ricordarmi costantemente della chiesa perseguitata. Ringrazio che esista una missione come Porte Aperte che ci tiene costantemente al corrente di quello che succede nel mondo e che fa talvolta anche pressione sui governi per la libertà religiosa in diversi paesi. Preghiamo quindi per questi fratelli che hanno bisogno di protezione. Mi sorge però anche una seconda preoccupazione. Il fatto che noi nei paesi occidentali non abbiamo quasi alcuna persecuzione è preoccupante. È sintomatico dell’apatia spirituale dei paesi in cui viviamo, ma può anche essere segno che la nostra fede spesso è troppo politicaly correct, non osa, teme di scioccare e se ne sta silenziosa. La condizione di persecuzione era intrinseca alla chiesa primitiva e lo è stata per circa 200 anni. Non dobbiamo certo andarcela a cercare, ma temo che non siamo pronti ad eventuali persecuzioni. Non ci siamo più abituati. Preghiamo allora anche per questo, perché non sappiamo che governi possano venire.

3. «A vostro riguardo»

Paolo ha fiducia che i Tessalonicesi ascolteranno quello che lui gli dirà. Questo che gli dirà lo troviamo dopo il v. 6, quindi possiamo trattarlo in seguito. Qui ci limitiamo a osservare i motivi di preghiera. La preghiera di Paolo è che Dio diriga i cuori dei Tessalonicesi in due direzioni: l’amore di Dio e la paziente attesa di Cristo.

3.1. L’amore di Dio.

Difficilmente riusciamo a racchiudere il vangelo in due semplici termini altrettanto efficaci. Il vangelo non è altro che l’incontro con l’amore di Dio. È questo amore sacrificale il cuore del vangelo, l’amore che non ha risparmiato il Figlio e che si è dato a morire per i peccatori. Capire questo amore significa cambiare la vita. Se i motivi personali della preghiera di Paolo sono quelli di potere annunciare il vangelo ed essere protetto mentre lo fa, il motivi per cui prega per gli altri sono che prima di tutto che capiscano fino in fondo l’amore di Dio. È il Signore stesso, in questo caso Gesù, che li guida all’amore di Dio. Tuttavia capire questo amore non può significare altro che riversarlo, restituirlo, darlo indietro come risposta gioiosa. Giovanni esprime questa idea dicendo che: «chi dice di essere nella luce e odia suo fratello è ancora nelle tenebre» (I Giov 2,9).

3.2. La paziente attesa

Anche quest’espressione riesce a rendere a meraviglia il senso della vita presente. Primo, la vita presente di tutti coloro che hanno creduto non è un viaggio verso l’ignoto, non è una noia continua, non è una valle di lacrime, né una festa continua in cui si cercano divertimenti per scordare ciò che verrà in futuro. È un’attesa! Ed un’attesa dal contenuto chiaro, un’attesa che ha per fine ultimo, sia come scopo che come punto di arrivo, il ritorno di Cristo. È stato il tema del capitolo 2, che ha spiegato alcune caratteristiche dell’età presente. Ora lo stesso concetto ci viene proposto come oggetto di preghiera. Che Il Signore guidi i Tessalonicesi (e con essi tutti i credenti) ad un’attesa. Secondo, che l’attesa sia paziente. Più gli anni passano – e ne sono passati 2000 – e più l’attesa si fa lunga, più la pazienza deve aumentare. Significherà come vedremo nel seguito del capitolo «lavorare». Ma anche valorizzare la vita presente spargendo la parola e amando, senza rifugiarsi in un al di là che verrà quando Dio vuole. Vivere l’attesa significa non fuggire il presente, ma viverlo nel quotidiano secondo le sfide, gli impegni, gli ostacoli e le gioie che la costruzione del regno implica.