Parola scritta, legata, temuta, bruciata, rinata!

geremia

Lettura di Geremia 15. Clicca qui.

Vorrei cominciare il nostro nuovo anno all’insegna di un tema che ritengo dominante: la forza della Parola di Dio ed il coraggio di predicarla. Credo sia un tema importantissimo per ogni chiesa che si voglia dire cristiana e per ogni singolo credente che in ogni epoca rischia il silenzio e il timore di annunciare, oppure la sfiducia nei confronti della Parola di Dio che dovrebbe annunciare.

Il capitolo 36 del libro di Geremia, sebbene scritto almeno 2500 anni fa, e collocato in un contesto molto diverso dal nostro, presenta perfettamente questo grande tema della fede cristiana: abbiamo un messaggio, una parola vibrante, forte capace di trasformare il mondo che per trasformare deve distruggere e costruire; pertanto annunciarla è difficile, ma doveroso. Vediamo come Geremia se la cava in quest’impresa ormai millenaria.

 

  1. Parlare per iscritto: Verba volant, scripta manent! (1-8)

 

Potrà sembrare un semplice fatto di forma, ma il formato che Geremia sceglie per trasmettere la parola è fondamentale. Geremia ha ricevuto già diversi messaggi da parte di Dio, ma finora non ha scritto niente. Queste parole avrebbero potuto rimanere solo orali e quindi essere utili per quelle persone e basta, e invece ancora oggi ciò che Geremia ha detto al suo popolo è rimasto scritto e giunge fino a noi. Non è certo una caratteristica esclusiva della parola di Dio quella di essere scritta, né bisogna pensare che le parole dette da Dio siano solo quelle scritte che troviamo nella Scrittura, ma proprio questa caratteristica permette alla parola di avere una grande potenze e di arrivare anche dove chi scrive non può andare. In questo caso Geremia è impedito – probabilmente l’accesso al tempio gli era stato vietato per quanto aveva detto al re Sedekia, cioè che avrebbe perso contro Babilonia – ma le sue parole possono arrivare grazie allo scritto che Baruc porta al popolo, ai capi e al re.

Pensiamo oggi semplicemente a questo: quanto è importante accompagnare alle nostre parole, una parola scritta, la Scrittura,  che si sottrare alla mutevolezza del tempo e alla casualità degli incontri per essere una risorsa viva e sempre disponibile. Annunciamo la parola di Dio a chi conosciamo, ma premuniamoci proprio di uno scritto che possa essere letto da altri, permanere e continuare a lavorare le coscienze di chi ascolta.

Possiamo pensare all’importanza straordinaria dell’invenzione della stampa nel contribuire a diffondere la Bibbia al tempo della Riforma protestante, di cui la chiesa cattolica vietava la lettura, e pensare oggi alla infinte – forse troppo – risorse che offre internet. Un’idea forza comunque s’impone: un messaggio scritto continua la forza propulsiva di un messaggio parlato, ed è bene avvalersene .

 

  1. Parlare al popolo e ai capi del popolo: qualcuno ascolta! (9-19)

Baruc legge al popolo e viene sentito da Micaia che è figlio di uno dei capi del popolo, Ghedaria, il quale riporta le parole ai capi. Non ci viene detto niente della reazione del popolo stesso, mentre ci viene detto che i capi del popolo (v.16) si volsero spaventati gli uni agli altri e promettono di riferire quelle parole al re. È proprio la reazione che Geremia si aspetta e credo sia la più bella reazione che ci si possa immaginare. Immaginiamo meglio in contesto: parliamo di un popolo che crede in Dio, che ha con Dio un rapporto privilegiato, ma che da questo Dio si è allontanato, perlomeno nei sui vertici. Un profeta, qualcuno che parla da parte di Dio e che ha notorietà in tutto il paese – oggi potrebbe essere un opinionista, un filosofo, un esperto di questioni internazionali – dice di stare attenti perché l’abbandono di Dio costerà caro e comporterà l’invasione del paese da parte del re di Babilonia Nabucodonosor. Annuncia sciagure e rovine, ma anche orizzonti di speranza e restaurazione dopo la punizione. Non abbiamo lo spazio qui per riassumere tutti gli oracoli scritti da Geremia nei precedenti capitoli, ma il meno che si possa dire è che non ha risparmiato parole molto dure e terribili:

 

34: 17 Perciò dice il Signore: Voi non avete dato ascolto al mio ordine che ognuno proclamasse la libertà del proprio fratello e del proprio prossimo: ora, ecco, io affiderò la vostra liberazione – parola del Signore – alla spada, alla peste e alla fame e vi farò oggetto di terrore per tutti i regni della terra. 18 Gli uomini che hanno trasgredito la mia alleanza, perché non hanno eseguito i termini dell’alleanza che avevano conclusa in mia presenza, io li renderò come il vitello che spaccarono in due passando fra le sue metà. 19 I capi di Giuda, i capi di Gerusalemme, gli eunuchi, i sacerdoti e tutto il popolo del paese, che passarono attraverso le due metà del vitello, 20 li darò in mano ai loro nemici e a coloro che attentano alla loro vita; i loro cadaveri saranno pasto agli uccelli dell’aria e alle bestie selvatiche. 21 Darò Sedekia re di Giuda e i suoi capi in mano ai loro nemici, in mano a coloro che attentano alla loro vita e in mano all’esercito del re di Babilonia, che ora si è allontanato da voi. 22 Ecco, io darò un ordine – dice il Signore – e li farò tornare verso questa città, la assedieranno, la prenderanno e la daranno alle fiamme e le città di Giuda le renderò desolate, senza abitanti».

 

Ha anche usato parole di consolazione, promesse di restaurazione, ma qui si tratta soprattutto di parole di condanna e di denuncia. È molto bello vedere che alcuni tra gli uomini del popolo anziché ribellarsi a queste parole si fermano ed ascoltano.

Noi viviamo in un’epoca decisamente diversa, in cui l’annuncio della grazia prevale in genere su quello del giudizio. È in parte giusto che sia così, ma è bene ricordare che Gesù nei suoi discorsi non ha mai risparmiato parole crude, parole di condanna, parole di riprensione nei confronti della sua società, accompagnandole ovviamente a parole di grazia e di invito al ravvedimento.

La situazione in cui siamo noi tuttavia rimane diversa perché non ci rivolgiamo ad una nazione cristiana, ma alle singole persone di uno stato laico, facendo appello alle loro coscienze. Nessuno probabilmente darà per scontato che Dio esista, o che Geremia sia un profeta da ascoltare, e quindi se usassimo gli stessi toni e le stesse parole non solo non verremmo ascoltati, ma faremmo anche dei discorsi inappropriati. Cosa imparare allora da Geremia? Geremia per la sua vita e le sue parole ha acquisito credibilità presso il suo popolo. Per qualche motivo le sue parole hanno toccato la coscienza di molte persone, benché abbia detto cose spiacevoli. In ogni epoca, indipendentemente dalle forme in cui lo si fa, c’è uno spazio per annunciare delle verità scomode: uno dei crucci di Geremia era che il popolo non aveva rimesso in libertà gli schiavi. Esprimersi contro le moderne forme di schiavitù è scomodo ma va fatto! Esprimersi contro le diverse forme di dipendenza da droghe, da abitudini o da vizi, è scomodo, ma va fatto. Avere il coraggio oggi di dire che l’omosessualità non è nella volontà di Dio e che chi la pratica si fa del male, è difficile, ma va fatto… Ma tutto questo va accompagnato da quell’infinita grazia che fa capire che Dio non cerca di distruggere, ma di sanare. Dio parla a Geremia perché il popolo si converta e perché il suo peccato sia perdonato (v.3).

Nell’annuncio della parola dobbiamo avere chiaro il v. 16 di questo capitolo: alcuni si volsero spaventati gli uni gli altri! La Parola scritta e proclamata parla alle coscienze più di quel che fanno le nostre parole. Non temiamo di proclamarla. E non scordiamo che i capi del popolo, toccati, si preoccupano anche di proteggere Geremia e Baruch.

 

  1. Parlare al re: l’indifferenza verso la parola, e la parola per l’indifferenza

L’episodio della ricezione del rotolo da parte del re è a mio avviso uno dei più belli di tutto l’antico testamento. Non certo di una bellezza edificante, ma di una bellezza che sciocca proprio per come dipinge il re in tutta la sua brutalità, in tutta la sua ignoranza, i tutto il suo cinismo e cecità volontaria. Il fatto di bruciare libri scomodi è un tratto tipico delle dittature di ogni tempo proprio perché capiscono il potere della scrittura e tentano di opporlo con il fuoco. Ciò che fa Joachim evoca il film Fahrenight 451, che inscena una dittatura che decide di bruciare tutti i capolavori scritti negli anni, osteggiata da un gruppo di resistenti che decide di memorizzare un libro a testa per salvare le opere dalla distruzione. L’atto di Joachim è incredibile: ascolta pezzo per pezzo, recide con un temperino, e brucia. Quella parola che è spada e fuoco per lo spirito di chi ascolta lui la taglia con un temperino da scriba e la brucia con un fuoco di un braciere nel tentativo di vanificarla.

C’è un chiaro messaggio per oggi: non stupiamoci se i poteri forti di ogni tempo tentano di soffocare la Bibbia… Lo hanno fatto le dittature atee, lo ha fatto per anni la chiesa cattolica, lo si cerca di fare in modo subdolo invocando una visione completamente falsata di laicità, lo fanno i paesi integralisti. Joachim non si accontenta di bruciare, vuole anche imprigionare l’autore del testo, grazie a Dio soccorso e protetto dai capi.

Noi oggi ci sconvolgiamo per molto meno. Ci spaventa l’indifferenza, l’ironia, la critica… Nessuno in Italia ci imprigiona, un po’ perché non eccediamo, un po’ perché secoli di persecuzioni sono serviti a garantire un minio di libertà religiosa. Troveremo persone che bruciano la Bibbia con le loro parole, persone che ne modificano il senso a tal punto di avere lo stesso effetto che se l’avessero bruciata, e molti che rimarranno indifferenti.

Qual è la risposta di Dio a Geremia?

 

Prenditi di nuovo un altro rotolo e scrivici tutte le parole di prima che erano nel primo rotolo e che Joachim re di Giuda ha bruciato! (v. 28)

 

Non so se vi sia mai capitato di dover riscrivere per intero qualcosa, magari perché, senza bisogno di ricorrere a Joachim che brucia i libri, non abbiamo salvato bene sul computer le cose scritte, oppure abbiamo perso le stampe. Considerando che prima di questo capitolo ce ne sono 35 e che raccolgono quanto detto da Geremia direi che non aveva scritto poco e che il lavoro da fare è grande. Il messaggio di Dio è ben preciso: NON TI FERMARE! NON TI SPAVENTARE!  I libri sono belli e faticosi da scrivere, ma c’è tempo per scrivere e riscrivere anche mille volte.

Il signore ci incoraggia a non fermarci davanti agli ostacoli che una predicazione autentica, incisiva, di giudizio e di grazia comporterà. Il Signore ci chiama oggi a dire chiaramente che egli esiste! Che egli non tollera una serie di cose che chiama opere della carne (Gal 5: 19-21) e ne fa un elenco: la sessualità al di fuori del matrimonio, l’impurità, la dissolutezza, l’idolatria, la stregoneria cioè l’occultismo, la discordia, la gelosia, le ire, le contese, le divisioni, le sette, le invidie, le ubriachezze, le orge e cose simili: chi fa tali cose non erediterà il regno di Dio! Dovremo trovare il modo per spiegare bene cosa siano e possiamo aggiungerne tante altre: l’ingiustizia, il furto, la corruzione, il commercio di esseri umani, il vizio,  la mancanza di solidarietà, la sete di potere e di denaro, il consumismo sfrenato…

Non fermiamoci e non stanchiamoci di dirlo. Ed accanto a questo annunciamo il messaggio id grazia che dice e ricorda che Cristo è morto per chiunque è invischiato un qualcuna delle cose menzionate (cioè ognuno di noi) e che è morto proprio per liberarci da queste cose.

Geremia 500 anni prima della venuta di Cristo parlava già di lui. Parlava di un nuovo patto da fare con la casa di Israele (Ger 31,31ss) secondo cui avrebbe messo la legge nel suo cuore. Cristo è venuto proprio per cambiare il nostro cuore, rendendolo conforme alla legge di Dio, a condizione che pentiti per la riprensione glielo chiediamo.

All’inizio di questo nuovo anno accademico 2016-2017 poniamo una base forte e solida: vogliamo annunciare! Vogliamo parlare, distribuire Bibbie, proclamare che Dio c’è e vive! AMEN