Parabola delle nozze – Matteo 22

La parabola delle nozze – Matteo 22

1 Gesù ricominciò a parlare loro in parabole, dicendo:
2 «Il regno dei cieli è simile a un re, il quale fece le nozze di suo figlio. 3 Mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze; ma questi non vollero venire. 4 Mandò una seconda volta altri servi, dicendo: “Dite agli invitati: Io ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono ammazzati; tutto è pronto; venite alle nozze”. 5 Ma quelli, non curandosene, se ne andarono, chi al suo campo, chi al suo commercio; 6 altri poi, presero i suoi servi, li maltrattarono e li uccisero. 7 Allora il re si adirò, mandò le sue truppe a sterminare quegli omicidi e a bruciare la loro città. 8 Quindi disse ai suoi servi: “Le nozze sono pronte, ma gli invitati non ne erano degni. 9 Andate dunque ai crocicchi delle strade e chiamate alle nozze quanti troverete”. 10 E quei servi, usciti per le strade, radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni; e la sala delle nozze fu piena di commensali. 11 Ora il re entrò per vedere quelli che erano a tavola e notò là un uomo che non aveva l’abito di nozze. 12 E gli disse: “Amico, come sei entrato qui senza avere un abito di nozze?” E costui rimase con la bocca chiusa. 13 Allora il re disse ai servitori: “Legatelo mani e piedi e gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti”. 14 Poiché molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti».

Parecchi anni fa mi capitò di accompagnare un’amica in una discoteca dove facevano dei provini per un concorso di bellezza. Volevo entrare anche io ma mi dissero chiaramente: lei signore (avevo 18 anni!) non può entrare vestito in quel modo! Una cosa simile mi capitò in Svezia dove volevo entrare in un locale di musica latino americana, ma ci dissero che si poteva entrare solo con le zapados, (scarpe eleganti) non con le zapatillas (scarpe da ginnastica)… A dire il vero non sono mai stato attratto dalle discoteche, ma se mai mi fosse venuto il dubbio questi due rifiuti radicali mi sono arrivati come un segno… La parabola che affrontiamo oggi ha qualche cosa a che vedere con i vestiti adeguati, ma ovviamente ci parla di una realtà ben più seria.

Gesù riprese a parlare in parabole, continuando ad usare, tra gli altri, questo metodo che costringe chi ascolta a fare uno sforzo di comprensione. Parla nuovamente ai suoi discepoli di quel concetto che è già stato oggetto di molte parabole: il regno di Dio. Cerchiamo di capire bene a che punto della storia di Gesù ci troviamo: Gesù è arrivato a Gerusalemme ha già detto ai suoi discepoli che dovrà soffrire; è stato accolto trionfalmente dal popolo, ma la sua autorità è stata contestata dalle autorità mentre insegnava. Annuncia quindi tre parabole, ognuna delle quali mette in guardia rispetto alla scelta che si farò nei suoi confronti. QUella che studiamo oggi è l’ultima delle tre, seguendo i due figli e la vigna.

1. Lettura storica: Israele.

Per quanto io creda che le parabole abbiano un unico significato, penso anche che sia possibile declinare le stesso in tempi o circostanze diversi. Un primo piano di lettura abbastanza scontato sembra poter essere quello che ripercorre la storia di Israele: il Regno di Dio inteso come rivendicazione da parte di Dio di regnare sul mondo da lui creato affonda le radici nel popolo di Israele da lui scelto, e da lui in molti modi “invitato a nozze”. Ma la storia di Israele è percorsa da continui “rifiuti” di sottomissione all’unico Dio, liberatore dall’Egitto prima e da Babilonia poi, con profeti che proprio come i servi che vanno ad invitare vengono ignorati, o vilipesi o uccisi. Il culmine del rifiuto è il tempo in cui Gesù parla, ed in cui egli stesso come figlio viene rifiutato. L’invito si apre quindi al mondo pagano a quelle che già nell’Antico Testamento vengono definite le “nazioni”, costituite dalle persone qualunque della parabola, buone e cattive, che invece accettano l’invito. Il re della parabola non lascia impunito il maltrattamento dei suoi servitori (v.7) né permette di partecipare alla leggera al suo banchetto. Le punizioni date dal re della parabola possono rappresentare le numerose guerre fatte dagli Assiri contro Israele, o la distruzione di Gerusalemme da parte dei Romani nel 70 dc. E l’invitato con il vestito inadeguato rappresenta chi volesse mantenere un esteriorità religiosa giudaica, come l’osservanza delle regole o la circoncisione, senza una vera circoncisione del cuore. Questa lettura è importante per capire il senso della parabola in quel contesto, e non è un caso che susciti la rabbia delle autorità giudaiche poiché un discorso così “antinazionalista” punge il loro orgoglio e mette in discussione la loro autorità, con delle minacce palesi.

Questa parabola tuttavia, anche nella sua lettura storia immediata dice cose importanti anche a noi. Credo che il capitolo 11 dell’epistola ai Romani sia un ottimo commento. Paolo, parla alcuni anni dopo l’enunciazione di questa parabola da parte di Gesù, diciamo circa 30 anni dopo: e davanti ad un certo numero di ebrei che hanno rifiutato Gesù ed un gran numero di pagani che invece lo hanno accettato dice ai secondi:

Romani 11, 17-24. 17 Se alcuni rami sono stati troncati, mentre tu, che sei olivo selvatico, sei stato innestato al loro posto e sei diventato partecipe della radice e della linfa dell’olivo, 18 non insuperbirti contro i rami; ma, se t’insuperbisci, sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te. 19 Allora tu dirai: «Sono stati troncati i rami perché fossi innestato io». 20 Bene: essi sono stati troncati per la loro incredulità e tu rimani stabile per la fede; non insuperbirti, ma temi. 21 Perché se Dio non ha risparmiato i rami naturali, non risparmierà neppure te. 22 Considera dunque la bontà e la severità di Dio: la severità verso quelli che sono caduti; ma verso di te la bontà di Dio, purché tu perseveri nella sua bontà; altrimenti, anche tu sarai reciso. 23 Allo stesso modo anche quelli, se non perseverano nella loro incredulità, saranno innestati; perché Dio ha la potenza di innestarli di nuovo. 24 Infatti se tu sei stato tagliato dall’olivo selvatico per natura e sei stato contro natura innestato nell’olivo domestico, quanto più essi, che sono i rami naturali, saranno innestati nel loro proprio olivo.

Il monito di Paolo è chiaro: non insuperbirti! Considera la bontà e la severità di Dio! Leggiamo spesso questa parabola solidarizzando troppo facilmente con i servi del re, dando per scontato che noi non avremmo mai rifiutato l’invito… Ma questa parabola ci avvisa che le cose non stanno così, e che troppo facilmente osserviamo la storia di Israele pensando di essere immuni dagli errori di quel popolo. Gli stessi errori di idolatria, orgoglio e formalismo religioso li facciamo anche noi, e vendiamo gentilmente invitati a considerare Dio nella sua bontà e nella sua severità, senza staccare le due facce della medaglia. Mi limito a dire questo come applicazione della lettura storica, e la illustro meglio con un secondo piano di lettura

2. Lettura storica estesa: la chiesa

Sarebbe molto bello inventare un seguito della storia della parabola ed attardarsi nella descrizione del banchetto nuziale, raccontando come gli invitati del terzo turno, quelli raccattati a caso per le strade, si sono divertiti con i loro vestiti da matrimonio, hanno ballato, bevuto e mangiato. Sarebbe bello capire chi sia stato il wedding planer e quali stranezza abbia inventato per quei matrimoni e scoprire dove sia andato in viaggio di nozze il figlio… Ma la parabola tutto questo non ce lo dice, e anzi sembra conservare un certo silenzio sul gruppo buono, quello che effettivamente partecipa alle nozze. Forse questo silenzio, e la scarsità di commenti del narratore ci fanno capire che non c’è da farsi grosse illusioni neppure su questo gruppo. Non credo si possano vedere le nozze solo come evento escatologico, come nozze dell’agnello unicamente, e queste ci confermano quanto abbiamo già imparato da altre parabole: il Regno di Dio non è una realtà già affermata completamente, né completamente da venire: è già e non ancora, è in parte realizzata ed in parte da venire. Possiamo dunque ben vedere la chiesa in questo secondo gruppo ed osservare come gli stessi errori di Israele li abbia commessi anche lei. L’osservazione della storia della chiesa ci fa assistere ad una serie triste di cadute verso il basso che vanno dalle guerre di religione al semplice formalismo, all’idolatria più conclamata, fino al banale dare importanza ai canti piuttosto che allo spirito che li anima… Pensiamo che ci sono persino delle chiese che, un po’ come Giuda e il regno di Israele… si dividono :-)) – grazie a Dio poi riescono anche a fare pace.

La parabola delle nozze costringe ogni chiesa a fermarsi e ad esaminarsi, a valutare bene se il banchetto nuziale sta andando bene o no. Avete presente quando durante le nozze arriva lo sposo e chiede: “Tutto bene?” Ecco, una chiesa dovrebbe rivolgere a se stessa questa domanda, perché facilmente da chiesa fatta di persone che hanno recepito l’invito si passa a gruppo di amici che mantengono le forme della pietà ma ne rinnegano lo spirito. Se oggi qui due chiese si ritrovano dopo anni di separazione e riconciliano nel nome del Signore è perché probabilmente il Signore ci ha guidati verso un cammino di auto osservazione, chiedendoci di correggere qualcosa. Due settimane fa la nostra chiesa ha fatto un week end in cui abbiamo proprio cercato di valutarci per capire sia punti forti da rinforzare che punti deboli da migliorare. Forse non è facile ammetterli e capirli, ma senza questo cammino è facile scivolare.

3. Il piano individuale.

Tra le immagini del banchetto due mi colpiscono particolarmente. Il vestito ed il fuoco finale. Nel nuovo testamento in numerosi passi il vestito è usato come metafora della vita nuova. è un’immagine che piace molto all’apostolo Paolo che invita a rivestirsi di Cristo (Rom 13, 14), dell’armatura di Dio ( Ef 6,11), di sentimenti di misericordia, mansuetudine e soprattutto dell’amore (Col 3, 12-14) Ma anche Gesù parlando di vino nuovo in otri nuovi, antepone l’immagina di una pezza nuova che non può andare su un vestito vecchio. L’implicazione è che ci voglia un vestito nuovo. L’immagine la ritroviamo ancora con un senso più forte nell’apocalisse: i vittoriosi hanno vesti bianche ed Apoc 7:14 ci dice che: “Essi hanno lavato le loro vesti, e le hanno imbiancate nel sangue dell’Agnello”. Se spesso il vestito è immagine dell’esteriore, come ci ricorda il proverbio: “L’abito non fa il monaco” il senso che esso assume nel nuovo testamento è anche quello di manifestazione trasparente di ciò che c’è dentro. L’attenzione della parabola dunque, nella fine, da un piano storico o generale si sposta all’individuo: chi è quell’uomo? è chiunque vuole stare nel regno senza averne il permesso di soggiorno… Senza essere “eletto”… Notiamo che “eletto” non significa scelto da Dio per un qualche mistero, ma significa che è stato invitato ed in risposta si è rivestito di una veste nuova. Ha lasciato che il suo vestito fosse lavato nel sangue dell’agnello che, paradossalmente, invece che tingere di rosso, sbianca.

Il Signore con questa parabola chiama ognuno di noi oggi a chiedersi: mi sono vestito di quel vestito che Dio ha preparato per me? Che non è un vestito lussuoso, ma un vestito lavato da lui? La prospettiva di voler stare nel regno abusivamente è tragica: non si sta nel regno per compagnoneria, per simpatia o perché c’è un bell’ambiente. Non ci si sta neppure vantandosi di essere cittadini del regno come se fosse un merito personale. Non si sta nel regno giudicando chi non c’è ancora. L’immagina del fuoco spaventa ed è bene. Ho partecipato da poco ad un congresso sulla violenza di Dio, che accanto alla sua bontà non manca laddove manchi il pentimento, laddove trionfi l’ingiustizia, laddove vinca la falsità. Ma vogliamo lasciarci con l’immagine di questo re che invita: che invita buoni e cattivi. Una parabola simile nel vangelo di Luca parla di storpi, ciechi e zoppi. Se ci sentiamo tali siamo chiamati. E si accettiamo che il Signore ci rivesta di un vestito nuovo per stare alla sua presenza e festeggiare, siamo eletti. Che il Signore gioisca con noi!