Matteo 7: 12-14 Fate agli altri ciò che vorreste fosse fatto a voi

Matteo 7: 12-14 Fate agli altri…

12 «Tutte le cose dunque che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro; perché questa è la legge e i profeti.
13 Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa. 14 Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano.

Questa celebre affermazione di Gesù non nasce dal niente. Sembra che Gesù stia dialogando volutamente o no con importanti rappresentati del pensiero ebraico del suo tempo, ma anche con altri pensatori come Confucio (probabilmente senza conoscerne l’esistenza) che pare abbia detto: “Non far agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Nel Talmud si legge: ciò che è odioso per te, non farlo a nessun altro. Questa è tutta la legge, il resto è soltanto un commentario”. E ancora nel libro di Tobia, apocrifo dell’Antico Testamento si legge: “Non fate agli altri ciò che non vuoi ricevere da loro. (Tobia 4:15). Notiamo tuttavia che il pensiero di Gesù si stacca dai precedenti per la propositività: non incoraggia semplicemente ad astenersi dal fare il male, ma implica il fare del bene! È molto di più del già saggio: “Vivi e lascia vivere”, perché potrebbe essere parafrasato come: “Vivi ed aiuta a vivere!”

  1. Fate per decentrarvi.

L’esortazione di Gesù comincia con un “dunque”, cosa che indica che c’è un collegamento con quanto detto prima. Il passo che precede il presente parla di un “volere” di un richiedere cose, ma a Dio. Chi chiede, cerca e bussa probabilmente ha un insieme di richieste da fare a Dio, ed è verosimile che si preghi e si chiedano cose che riguardano noi stessi. Bisogni autentici sia materiali che spirituali, ma che ci vedono beneficiari della richiesta. Accanto alle richieste che facciamo a Dio per noi stessi o per i nostri vicini, ci sono richieste che avanziamo ai nostri vicini. Probabilmente vogliamo tutti essere amati, accettati, essere oggetto di attenzione, essere ascoltati, tollerati, stimati, presi in considerazione quando parliamo. Vogliamo tutti essere rispettati, considerati degni di stima. Vorremmo anche essere ricercati dagli altri, essere invitati a cena, ricevere dei regali il giorno del nostro compleanno… Insomma abbiamo un sacco di richieste sia verso Dio, che verso gli altri e sono tutte legittime.

Gesù ci fa riflettere sul nostro essere troppo concentrati su noi stessi, seppure con richieste legittime. Il punto di partenza per ottenere le cose che chiediamo è essere disposti a farle agli altri. Si tratta di un rovesciamento totale di prospettiva, perché di natura ognuno di noi parte dai suoi bisogni personali per poi dedicarsi a quelli eventualmente di chi ha incontro. Gesù sa bene che questa è la nostra indole e ci avverte: decentrati, parti prima dai bisogni dell’altro. Rovesciare il punto di partenza significa non pretendere niente dagli altri, ma metterli al primo posto comunque. Si badi bene che Gesù non continua dicendo che gli altri faranno lo stesso con te. Si milita a dire che mettere gli altri al primo posto “è la legge e i profeti”, cioè è ciò che si può fare per obbedire a Dio. Non è un qualcosa che si può fare per ottenerne un vantaggio, anche se certamente fare gli altri oggetto delle nostre attenzioni li dovrebbe predisporre a fare altrettanto con noi. Servire prima gli altri significa quindi onorare Dio in primis e seguire l’esempio di Gesù.

  1. Questa è la legge e i profeti

La motivazione, come già detto, è che questa è la legge e i profeti. Si tratta di un’affermazione paradossale e riduttiva. Riduttiva perché se si pensa alle mille regole della legge, moltiplicate dalla tradizione orale, e alle numerose esortazioni dei profeti che riguardano ambiti anche molto lontani, dagli animali impuri, alla fornicazione, alla schiavitù fino al giubileo, si fa fatica a pensare che tutto ciò sia riducibile ad un’unica regola: stai attento al prossimo e mettilo al primo posto. Eppure, partendo dai comandamenti notiamo la famosa suddivisione in due gruppi: i primi 4 che riguardano Dio, gli ultimi 6 che si riferiscono al prossimo. In fondo tutto quello che viene detto nella Scrittura ha in vista le relazioni tra noi e Dio e le relazioni tra noi e il prossimo.

Il gran studio della legge, la conoscenza delle lingue originali, la teologia autentica, le riunioni di studio biblico in chiesa hanno questo unico fine: insegnarci ad amare di più il prossimo. Con realismo ci rendiamo conto che i confronti tra dottrine teologiche portano ad odiarsi, le riunioni di chiesa con difficoltà organizzative portano a litigarsi (ricordo sempre con ironia mista a tristezza di una volta in cui due miei amici si litigarono pesantemente perché discordavano su come andava cantata una canzone di lode…)

Un applicazione concreta. Immagino che pensiamo spesso a cosa possiamo fare, a come organizzare la nostra vita e a come stare dietro alla nostra famiglia. Come evangelici mettiamo un grande accento sul fatto che ogni giorno è fondamentale passare del tempo pregando e leggendo la Scrittura che è linfa di vita e di insegnamento. Sarebbe importante aggiungere al momento di meditazione che riguarda il nostro rapporto con Dio aggiungere un momento in cui ci fermiamo per pensare cosa potrebbe fare piacere ad altri. Di cosa hanno bisogno altri intorno a me? Di essere ascoltati? Di essere invitati a cena? Di fare due chiacchiere? Di uscire un po’ ? Oppure di qualcuno che faccia la spesa, che aiuti a gestire i figli? La nostra vita piena di impegni va nella direzione contraria, ma il comandamento contro-culturale serve proprio a limitare la pervasività della cultura dominante. Se vogliamo portare a compimento ciò che meditiamo nella nostra stanza in segreto con Dio, rendiamo esplicito quanto impariamo servendo gli altri.

  1. Entrare per la porta stretta.

Colui che dice che il giogo è leggero, venite a me, e sembra prospettare una via agevole, dice anche che la via è stretta e che la trovano in pochi. Effettivamente quello che ci ha appena detto, cioè di non pensare a noi stessi ma di anteporre gli altri, è difficile, se non impossibile. Tuttavia le immagini che abbiamo in questa breve frase prospettano un orizzonte ancora più ampio. Ci sono due porte, con due vie che portano a due destinazioni diverse: la morte o la vita. A conclusione di questo lungo messaggio fatto sulla montagna ai suoi discepoli Gesù sottolinea la necessità di una scelta. Una scelta radicale tra due porte, due vie e due destinazioni.

Viviamo in una società liquida che non ama le scelte radicali e preferisce le sfumature. Viviamo anche in una società edonistica che ci incoraggia alla ricerca del benessere individuale, della soddisfazione personale, della realizzazione del sé, possibilmente in modo green, inclusivo, ecocompatibile, politically correct. Quindi i messaggi forti piacciono poco, preferiamo dei messaggi possibilistici, delicati, che propongono delle opzioni possibili che in fondo vanno tutte bene e non scioccano troppo. Gesù dice l’esatto contrario: ci sono due vie, una va bene l’altra no. Punto. Basta questa lapidaria affermazione di Gesù per rimettere in discussione tutto il nostro sistema di pensiero.

Perché la porta stretta?

Primo, perché il nostro io fa resistenza in tutti i modi. Preferiamo la nostra autonomia, e la nostra pace a quella della legge di Dio che per dare la vera vita ci deve fare perdere questa vita. Nessuno a piacere di morire a se stesso, di rinunciare ai propri desideri, diritti, e ambizioni per Dio.

Secondo, c’è una pressione esterna enorme, che fa di tutto per screditare la porta stretta. Quella larga è più bella attraente e seducente. La coerenza e l’integrità morale che Gesù esige non difficili.

Terzo, l’immagine è efficace. Nessuno di noi è attratto da una porticina piccola e stretta che domanda di piegarsi. La fede cristiana non è facile… Spiacerà alle teologie della prosperità o della grazia a buon mercato, spiacerà a chi vuole esaltare solo il lato piacevole della fede, il giogo dolce che non va dimenticato, ma vedere Gesù pronto a morire per noi, significa che non ha prospettato una vita facile e comoda. Le biografie degli uomini che hanno fatto fare passi avanti significativi alla chiesa non sono mai biografie pacifiche e prive di sofferenza. Sono costituite da scelte radicali, difficili, e impopolari. Le scelte di tutta la chiesa primitiva che ha subito il martirio per mano giudaica e romana. I numerosi movimenti ereticali medievali, perseguitati in un periodo in cui opporsi significava morire. Lutero che si oppone al papa e all’imperatore per quanto potesse avere l’appoggio dei principi tedeschi non ha fatto una scelta facile. Gli anabattisti perseguitati non hanno fatto una scelta facile. Martin Luther King ha perso la vita per portare avanti il suo dream denunciando il regime segregazionista in vigore in America fino al 1954.

Questa porta, questa via e questa vita stanno davanti a noi quotidianamente e possiamo ogni giorno scegliere su quale via camminare. Se preferire i divertimenti, i piaceri e il comfort offerto dal mondo in cui siamo oppure la fatica della vita di chiesa, del servizio degli altri, dello studio della parola lasciataci da Gesù.