Luca 13:31-35 Gesù è la sua Gerusalemme…Io e la mia Gerusalemme.

Oggi vogliamo vedere insieme quali erano le priorità di Gesù e cosa mostrano le risposte di Gesù sul suo carattere. Non so se vi è mai capitato di dover affrontare dei periodi in cui avete avuto una prova dopo l’altra, oppure di voler fare qualcosa e ritrovarvi a dover affrontare mille imprevisti e ostacoli. Oppure di ritrovarvi sempre a parlare con quell’amico, quello che con delle domande ingannevoli prova a screditare la verità della Bibbia, o l’esistenza di Dio o la deità di Gesù. Preparandomi per oggi ho riflettuto sul tipo di vita che Gesù ha avuto, alla luce dei racconti dei vangeli. Una vita non facile, non soltanto per il compito che gli era stato assegnato (che aveva come obiettivo di morire sulla croce, rigettato da tutti, e poi risorgere dopo tre giorni) ma anche per le giornaliere sfide, lotte, tentazioni, discussioni che ha dovuto affrontare.

Il capitolo 13 di Luca, che ormai stiamo studiando insieme da diverse settimane, offre una bella panoramica della vita quotidiana del Signore. Il capitolo si apre con l’arrivo di alcune persone che interrogano Gesù riguardo ad eventi di cronaca, ovvero il sangue dei Galilei usato da Pilato durante dei sacrifici e la torre di Siloe che, cadendo, aveva ucciso 18 persone. Successivamente Gesù racconta la parabola del figo. Dal versetto 10 leggiamo la storia della donna inferma da 18 anni che viene guarita di sabato e la conseguente discussione con il capo della sinagoga.  Il regno di Dio viene poi paragonato da Gesù al granello di senape e al lievito e la settimana scorsa abbiamo visto Gesù parlare della porta stretta e della divisione ultima e definitiva fra coloro che appartengono a Dio e coloro che si sono opposti a Lui o si sono illusi di appartenergli. Ma la giornata “lavorativa” di Gesù non è ancora finita. Proprio mentre stava parlando di queste cose arrivano alcuni farisei per portagli dei “consigli”.

Leggiamo insieme i versetti di oggi, Luca 13:31-35

Luk 13:31 In quello stesso momento vennero alcuni farisei a dirgli: “Parti, e vattene di qui, perché Erode vuol farti morire”.

Luk 13:32  Ed egli disse loro: “Andate a dire a quella volpe: “Ecco, io scaccio i demòni, compio guarigioni oggi e domani, e il terzo giorno avrò terminato”.

Luk 13:33  Ma bisogna che io cammini oggi, domani e dopodomani, perché non può essere che un profeta muoia fuori di Gerusalemme.

Luk 13:34  Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono mandati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto!

Luk 13:35  Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata [deserta]. Io vi dico che non mi vedrete più, fino al giorno in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”

Come ho detto la vita vissuta da Gesù non è stata assolutamente facile. Non solo perché “pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò sé stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini;  trovato esteriormente come un uomo, umiliò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce.” (Filippesi 2:6-8)

Non solo, quindi, perché ha vissuto come un comunissimo essere umano ma anche perché in ogni momento della sua vita ha trovato opposizione, incredulità, incomprensione, inganno e tranelli da parte della sua famiglia terrena, i suoi amici, i suoi nemici e perfino i suoi seguaci. Dopo tutte le cose che avvenute nel capitolo 13 e dopo aver affrontato una discussione sui salvati, dei farisei si avvicinano a Gesù sotto mentite spoglie. I farisei, proprio i farisei che complottavano per ucciderlo e che in continuazione provavano a incastrare e provocare Gesù, si fingono interessati alle sorti di Gesù e gli consigliano di scappare via. Come in tante altre occasioni a stupire è la reazione di Gesù. Gesù avrebbe potuto arrabbiarsi a causa dell’atteggiamento viscido dei farisei ma preferisce cogliere l’occasione per parlare delle cose che gli stanno più a cuore: il suo cammino verso Gerusalemme, la sua opera di liberazione spirituale, la manifestazione della gloria del Padre e del Regno. Queste sono le cose che Gesù ha ricevuto dal Padre e le cose che in tanti modi insegna, illustra, espone attraverso le sue parole e le sua azioni pratiche. I momenti difficili, le avversità non possono non cadere in secondo piano. Gesù non solo ha sopportato la croce ma anche una vita quotidiana piena di impegni, di persone che cercavano il suoi aiuto, di sfruttarlo o che cercavano di metterlo in disgrazia, solo a motivo “della gioia che gli era posta dinanzi” (Ebrei 12:2).

Anche davanti alla possibilità di essere perseguitato da Erode Gesù non si ferma. Anzi, Gesù stesso predicherà che la persecuzione fa parte dal cammino di ogni cristiano, anche se la persecuzione si manifesta in modi diversi. Niente e nessuno avrebbe fermato il cammino di Gesù verso Gerusalemme. Gesù sapeva cosa lo aspettava a Gerusalemme ma più volte troviamo scritto che il suo cammino verso la capitale era risoluto. Nessun costo e nessuna sofferenza può essere paragonata alla gioia di vivere per il Signore e seguire la sua via, sia che essa ci porti a pascolare in campi verdi sia che essa ci porti ad attraversare valli oscure.

Vi voglio raccontare la storia di una persona che questa cosa l’aveva capita benissimo. Jim Elliot è stato un missionario americano in Ecuador. Insieme a quattro altri missionari americani il 6 gennaio del 1956 ha lasciato la propria famiglia per provare a creare un contatto con gli Wuorani, una tribù estremamente violenta e anarchica presente in Ecaduor. La famiglia di Elliot e le famiglie degli altri missionari non hanno più visto tornare i loro amati. Dopo pochi giorni Elliot e gli altri quattro missionari, infatti, sono stati uccisi da alcuni membri della tribù. Il concreto pericolo non ha fermato Elliot e i suoi amici. Essi sapevano che stavano affrontando un pericolo potenzialmente mortale ma sapevano che per loro la morte non era la fine ma era la fine per ogni membro della tribù che non aveva mai sentito parlare di Dio e del suo amore. Grazie a questo primo contatto e grazie al sacrificio di questi missionari la tribù è stata radicalmente trasformata: non solo molti hanno creduto in Gesù ma gli omicidi che erano normali episodi sono scomparsi, lo stile di vita degli indigeni è totalmente cambiato. Alcune delle mogli e dei figli dei missionari hanno addirittura vissuto e lavorato con le persone che hanno ucciso i loro parenti! Il leader degli assassini è diventato un credente e pastore della chiesa locale!

L’amore per il prossimo di Elliot, degli altri missionari e delle loro famiglie lo troviamo anche nel passo di oggi. Gerusalemme, che respingeva e uccideva profeti, che tante volte si era opposta al Signore e che si sarebbe opposta fino a condannare Gesù sulla croce, era profondamente amata da Gesù. In questi versetti vediamo tutta la compassione, l’amore che Gesù ha per l’essere umano e quanta sofferenza egli provochi con il suo comportamento ribelle. Gerusalemme rappresenta l’intera umanità che si rifiuta di seguire Dio. Ma proprio Gerusalemme, che avrebbe rifiutato e disprezzato il Messia, è il posto scelto da Dio per dimostrare il suo amore. La croce, posta a Gerusalemme, diventa così quella porta stretta di cui ha parlato Gesù nei versetti precedenti. La croce di Gerusalemme diventa quella Via che porta al Padre, quel Padre che ci vuole come suoi figli al punto da mandare Gesù sulla terra per essere sacrificato.

Innumerevoli volte il Signore ha voluto prendere sotto le sue ali l’essere umano ma egli si è opposto. E allora quel “Gerusalemme, Gerusalemme” diventa non solo un rimprovero, ma un grido di dolere, di dispiacere. Un grido che si ripercuote anche oggi.

Oh Lucca, Lucca, perché ti opponi alla mia salvezza? Tu che hai avuto grandi cristiani fra le tue mura e persone che ti hanno parlato di me per secoli?

Oh Italia, Italia, perché vivi così lontana dal Signore? Tu che per prima hai avuta sul tuo suolo migliaia e migliaia di credenti?

Oh mondo, mondo, perché continui a ribellarti? Tu che sei stato creato da Dio, tu che riveli il suo splendore, la sua grandezza e il suo amore nella maestosità delle montagne e nella perfezione unica del fiocco di neve?

Il grido del Signore deve diventare il nostro grido. Lo spirito missionario di Gesù, di Jim Elliot e di tanti altri deve diventare il nostro spirito. Anche noi, così come Gesù, abbiamo spesso delle vite super-impegnate, piene di impegni, di difficoltà, di opportunità e anche di persone che con l’inganno cercano di opporsi alla nostra fede. E allora dobbiamo prendere esempio da Gesù e il suo desiderio di parlare di Suo Padre e del Suo Regno deve diventare il nostro desiderio. Senza diventare pesanti o irrispettosi dobbiamo saper sfruttare le occasioni per mostrare e parlare della trasformazione che sta avvenendo in noi. Dobbiamo farlo non come gesto meccanico, non perché in questo modo diventiamo migliori ma perché il nostro sguardo è così preso dalla gloria che ci attende, così preso dalla gloria di Dio e della gioia che troviamo in essa che non possiamo non parlare di altro. Il concerto gospel di mercoledì mi è piaciuto particolarmente perché attraverso i canti e attraverso le testimonianze si è parlato chiaramente e con mansuetudine di Gesù Cristo venuto sulla terra per morire al posto mio e per aiutarmi a vivere. Si è parlato del suo intervento che può sconvolgere radicalmente la vite di persone lontanissime dalla perfezione, persone che combattono con malattie, dipendenze, illusioni fallite, famiglie distrutte. Io vorrei che, nonostante le difficoltà e le sofferenze che ci possono essere, la mia testimonianza possa essere altrettanto chiara e coraggiosa perché voglio raggiungere con convinzione la mia Gerusalemme.