Luca 12, 35-4: Gestire il tempo

35 «I vostri fianchi siano cinti, e le vostre lampade accese; 36 siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando tornerà dalle nozze, per aprirgli appena giungerà e busserà. 37 Beati quei servi che il padrone, arrivando, troverà vigilanti! In verità io vi dico che egli si rimboccherà le vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38 Se giungerà alla seconda o alla terza vigilia e li troverà così, beati loro! 39 Sappiate questo, che se il padrone di casa conoscesse a che ora verrà il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 40 Anche voi siate pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate».
41 Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi, o anche per tutti?» 42 Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fedele e prudente che il padrone costituirà sui suoi domestici per dar loro a suo tempo la loro porzione di viveri? 43 Beato quel servo che il padrone, al suo arrivo, troverà intento a far così. 44 In verità vi dico che lo costituirà su tutti i suoi beni. 45 Ma se quel servo dice in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”; e comincia a battere i servi e le serve, a mangiare, bere e ubriacarsi, 46 il padrone di quel servo verrà nel giorno che non se lo aspetta e nell’ora che non sa, e lo punirà severamente, e gli assegnerà la sorte degli infedeli. 47 Quel servo che ha conosciuto la volontà del suo padrone e non ha preparato né fatto nulla per compiere la sua volontà, riceverà molte percosse; 48 ma colui che non l’ha conosciuta e ha fatto cose degne di castigo, ne riceverà poche. A chi molto è stato dato, molto sarà richiesto; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà.

Una parabola sulla Gestione del tempo

1. Come gestire il tempo

Il capitolo 12 di Luca ci fa riflettere sulla gestione di diverse risorse di cui disponiamo. La precedente parabola portava sulla gestione dei soldi, la presente su quella del tempo.

Non so come sia per voi, ma ci sono due cose che io non sopporto: mi dà un certo fastidio aspettare, e ancora peggio per me è far aspettare… La nostra cultura è abituata a considerare il tempo come una risorsa preziosa, e la sua perdita è spreco. La parabola di oggi parla proprio di questo.

C’è un aspetto che Gesù vuole mettere il risalto in questa come in altre parabole, e si tratta di una profezia importante: prima o poi egli ritornerà! Alla luce di questa certezza la vita diventa un periodo di attesa, e per chi come molti della nostra cultura ha difficoltà ad aspettare è necessario motivare e dare sostanza a questa attesa. Ci sono infatti attese che snervano come attese che entusiasmano, attese che angosciano come attese che stimolano… Ascoltiamo attraverso questa parabola i dovuti consigli che rendono l’attesa più sensata possibile.

In primo luogo cerchiamo di trovare immagini adatte al giorno d’oggi:

  • Fianchi cinti: maniche rimboccate, scarpe da ginnastica…

  • Lampade accese = caricabatterie a disposizione

  • Attesa del ritorno del padrone = attesa dei figli che ti salutano. Non so voi, ma io la cosa che amo di più è quando tornando a casa trovo i miei figli che gridano «papà!» – forse questo è anche un problema perché significa che nella nostra società i padroni sono loro…

Agire. Queste tre immagini ci ricordano il modo in cui dobbiamo gestire il nostro tempo. Vedo nelle maniche rimboccate un’immagine che mi spinge ad agire per Dio. No voglio che il Signore Gesù al suo ritorno mi trovi che la mia vita è occupata solo da attività egoistiche, legate alla soddisfazione dei miei interessi personali, o al mio benessere. Voglio che mi trovi al lavoro per il suo regno. Voglio che mi trovi che sto studiando la sua parola o libri che arricchiscono la mia conoscenza di Lui. Voglio che mi trovi impegnato in azioni che aiutano gli altri e che rendono loro noto il vangelo. Voglio che mi trovi intendo a migliorare il mondo in cui sono, non a viverlo passivamente o a rovinarlo.

Ricaricare. L’immagine del carica-batterie, mi fa pensare ad un deposito. Nelle epistole di Paolo a Timoteo «O Timoteo, custodisci il deposito; evita i discorsi vuoti e profani e le obiezioni di quella che falsamente si chiama scienza» I Tim 6, 20. Questo deposito è quell’insieme di conoscenze, esperienze, emozioni, ragionamenti e fondamenti che troviamo nel Signore: nel mio deposito c’è il giorno in cui mi sono convertito, ci sono le preghiere più forti ed i momenti più intensi che ho vissuto con lui, ci sono i libri che ho letto e che mi hanno fatto crescere, ci sono le prediche che ho ascoltato e la memoria dei fratelli che ho ascoltato, i passi biblici che conosco a memoria e quelli che so riassumere… Il mio deposito è ricco ed ho il dovere di coltivarlo ogni giorno.

Aspettare. L’immagine proposta dalla parabola è un’immagine positiva. I servi non aspettano con angoscia ma con serenità. Il loro rapporto con il padrone è un bel rapporto per cui non si aspettano rimproveri e punizioni, ma sanno di aver agito bene. Torno sulla mia immagine personale: quando vado a prendere i miei figli a scuola, o quando torno a casa, il momento del grido di gioia che emettono nel ritrovarsi è una delle cose più belle che esista per me. Sanno che non verranno giudicati o aggrediti, ma che ritrovano il loro papà da cui si sono separati per qualche ora. Se abbiamo veramente creduto e abbiamo dato la nostra vita a Dio l’attesa è questa: un ritrovo di un padre che ci ama più di quanto noi amiamo i nostri figli e che desidera vivere con noi l’eternità.

2. Le conseguenze di una buona gestione: continuità tra presente e futuro

Oltre a descrivere le modalità dell’attesa la nostra parabola ci illustra le ricompense che vengono date al servitore fedele. Anche qui abbiamo una serie di immagini da capire.

Serviti da Dio. La parabola presenta servitori che invece che servire vengono serviti da Dio! Il rapporto di fiducia è tale per cui il Dio che vogliamo servire diventa il nostro servitore. Il profeta Isaia aveva ampiamente anticipato la figura di un messia non come un re invincibile, ma come un servitore sofferente che soffre al posto dei suoi carnefici. Credo che la salvezza gratuita che Gesù ci offre sulla croce esprima il senso di questo servizio che Dio fa nei nostri confronti: Gesù lavò i piedi ai discepoli, dicendo che era necessario che cominciasse un’opera di purificazione, e che era necessario servirli lavandoli. Oggi il Signore ci chiama ad essere serviti da lui, in quei servizi che mai potremmo assicurarci da soli: la salvezza è il suo compito ed in questo ci ha realmente serviti.

Maggiore responsabilità. Non ci si ferma alla salvezza. Il servitore fedele è costituito amministratore di tutti i beni del padrone. Ad un primo regalo di salvezza, segue il conferimento di una maggiore responsabilità. La stessa salvezza offerta non è un bene da tenere per sé, ma un capitale messo a disposizione di altri. Il servitore fedele è costituito amministratore su altri servitori proprio perché avendo agito bene porterà avanti un messaggio capace di convincere altri servitori.

Nella nostra chiesa ultimamente parliamo molto di discepolato, del fatto che è importante prendersi cura gli uni degli altri. Il servitore fede viene dunque usato dal Signore per aiutare altri servitori a diventare altrettanto fedeli crescendo nel rapporto di fiducia con Dio. Poter «discepolare», cioè rendere buoni discepoli altre persone è un privilegio che Dio dà a chi ha lavorato fedelmente.

3. Conseguenze di una cattiva gestione: il principio di responsabilità

Pietro tra i discepoli si distingue per irruenza, ma anche per sincerità. Probabilmente fiuta che qualcosa non torna in questa parabola. Ci sono immagini molto belle e rassicuranti, ma anche immagini inquietanti: il ladro che arriva nella notte in un momento inaspettato, o il servitore che maltratta gli altri servitori e che finisce per essere punito come un infedele… A Pietro viene il dubbio che lui stesso possa proprio essere quel servitore, e sfido chiunque a non aver pensato come lui… Come vedere Dio allora? Come un ladro? Come un giudice? Come un vendicatore? La parabola è per noi (leggi coloro che seguono Gesù) o per quelli di fuori chiede Pietro?

La riposta di Gesù sembra complicata ma in realtà è chiara. L’immagine del servitore è spesso riferita nell’Antico Testamento ad Israele, che ha una grande conoscenza e quindi una grande responsabilità. A lui la scelta se essere servitore fedele o servitore infedele. Questo per il contesto originario. Ma oggi la parabola è per tutti, e il modo in cui la si interpreta dipende dalle scelte che ognuno di noi fa a priori. Possiamo scegliere di non tenere conto di Dio, di pensare a lui come ad un ladro, che arriva nella notte. Non abbiamo un rapporto personale con i ladri, non sappiamo chi siano, non li conosciamo né li vogliamo conoscere, e ci sorprendono per la notte. Vogliamo che Dio sia per noi un ladro? Ognuno di noi ha un certo quantitativo di doni, opportunità, ricchezze, e da ultimo tempo: siamo davanti alla scelta di che uso farne. Vogliamo occupare il tempo facendo guerra agli altri esseri umani che sono con noi, spadroneggiando e maltrattandoli oppure diventare dei servitori? Oppure vogliamo servire come lui ci ha servito? La scelta sta a noi, e le conseguenze sono chiare: la sofferenza di chi sceglie di non accettare il padrone ma di voler prendere il suo posto è enorme.

Se vogliamo quindi la parabola non è per i discepoli, che hanno creduto e che hanno con Dio un rapporto di amore. Ma quelle persone che hanno ascoltato molto, come Israele, che sanno tante cose, che hanno ricevuto profezie, messaggi, incoraggiamenti e specifica istruzione, e che scelgono di rigettare il messaggio hanno una responsabilità e quindi un punizione maggiori.

Conclusione

Ognuno farà il suo esame di coscienza chiedendosi dove si trovi rispetto a Dio. In conclusione vorrei però riprendere un principio che ritengo importante: c’è una certa continuità tra quello che il servitore fedele fa oggi e quello che farà in futuro nel cielo. È strano, ma il cielo è meno diverso dalla terra di quanto crediamo. Probabilmente è semplicemente la terra non devastata dal peccato. Ciò in cui siamo stati fedeli oggi qui continuerà anche domani, con responsabilità ancora più grandi. Questo ci incoraggia ad operare con la convinzione che non stiamo portando avanti attività temporanee per la gloria di Dio ma eterne. Che il Signore benedica il frutto del lavoro dell’operaio fedele.