La soluzione del re. Isaia 32-33.

In questi giorni in Italia abbiamo avuto una crisi di governo in seguito a cui i politici hanno cercato di formarne uno nuovo, e pare che ci stiano riuscendo. Non è la prima volta che questo capita e l’Italia non è l’unico paese ad avere avuto una crisi di governo, ed in queste situazioni in genere si cerca una soluzione in un uomo, un qualcuno che sappia governare. In altri tempi ed in altri sistemi si sarebbe cercato un Re, oggi si cerca un presidente del consiglio, ma indipendentemente dalle forme tutti gli sforzi sono rivolti alla ricerca di qualcuno che sia capace di risolvere la crisi, di mettere tutti d’accordo, di mediare.

Ricordiamo brevemente la situazione politica in cui vive il profeta Isaia: attraversa 4 regni, di cui alcuni più corrotti, altri meno, e nei suoi messaggi il profeta denuncia dei crimini e annuncia delle azioni potenti da parte di Dio. Dopo una sezione di «guai», in cui il profeta ha allertato una serie di nemici del popolo di Israele sia esterni che interni, interviene una specie di soluzione, che ha qualche aspetto comune con quanto capita ora in Italia: « Ecco un re regnerà secondo giustizia» (1) è la frase con cui si apre il capitolo 32. Anche Isaia prevede una situazione in cui un re salverà la situazione del popolo, e vedremo in che misura questo serviva al popolo di quel tempo e come può essere utile anche a noi.

1. Un re secondo giustizia.

Le caratteristiche di questo re ci vengono descritte chiaramente tra i vv. 1 e 8. Il tema del diritto è centrale in tutto il libro di Isaia, e questo re sarà in grado di farlo valere. I suoi ministri opereranno con equità senza creare differenze tra le classi del popolo. Questo re farà quindi un lavoro all’interno del popolo eliminando quelle differenze economiche che vedono i ricchi ingrassarsi ed i poveri soffrire.

Lavorerà anche sul versante estero: la minaccia dell’Assiria è continua ed il popolo è spaventato, quindi il re sarà un protettore; protegge dall’uragano, dalla siccità, dall’arsura del sole.

Sarà in grado di trasformare le persone ed il linguaggio è figurato: chi finora è stato cieco e sordo rispetto al funzionamento del paese, chi non riusciva a capire, chi non riusciva ad esprimersi grazie a questo re potrà farlo. D’altra parte saprà fermare, punire o correggere la lunga serie degli impostori, scellerati e malvagi che hanno contribuito a rovinare il paese.

Saltando qualche passo è passando al capitolo 33, le caratteristiche di questo re si precisano ulteriormente: in 33: 17-24 gli stessi aspetti di ristabilimento della giustizia e dell’equità e della protezione dalle minacce estere ritornano: Gerusalemme potrà diventare oggetto di contemplazione (v.20). Ma perché? Perché

21 Là il SIGNORE sta per noi in tutta la sua maestà, in luogo di torrenti e di larghi fiumi, dove non giunge nave da remi, dove non passa potente vascello.
22 Poiché il SIGNORE è il nostro giudice, il SIGNORE è il nostro legislatore, il SIGNORE è il nostro re, egli è colui che ci salva.

Ascoltando le parole di Isaia capiamo che questo re non è un re umano, non è il re che cerchiamo per soluzioni immediate ma provvisorie. È il re messianico che abbiamo visto nei capitoli 9 e 11 che ci parla di un regno divino che si esercita anche sulla terra.

I versi che abbiamo letto ci parlano di questo re che veramente ha la totalità del potere: è giudice, legislatore, re e salvatore. È bello vedere come queste caratteristiche siano presentate. In primo luogo il Signore è giudice, non si può sfuggire al suo giudizio, non ci si può nascondere, lo si deve temere. Ed è legislatore perché è lui che fa le leggi che regolano il funzionamento dell’uomo. Per questo rivendica di regnare su di noi, non perché è un despota, ma perché è colui che salva: attenti alla sequenza: Giudizio – Legge – Sovranità – Salvezza. In queste parole vengono riassunti secoli passati per il popolo: il popolo è stato creato da Dio che è sempre stato il suo giudice. Gli ha dato una legge per aiutarlo a discernere il bene dal male. Gli ha concesso un re umano perché lo chiedeva. Ma sebbene queste categorie siano state tradotte in uomini, quindi in giudici, in legislatore, in re, il riferimento ultimo è in Dio.

La soluzione al problema del popolo di Israele è quindi politica? Sì, ma di una politica divina che esorta a trovare in Dio il riferimento ultimo.

2. A chi applicare questo messaggio?

Posto questo principio di cercare in Dio il riferimento ultimo, dobbiamo chiederci come questo dovesse essere capito dagli ebrei di quel tempo, perché Isaia in primo luogo parla a loro. Cosa avrebbero dovuto fare? Rifiutare qualsiasi re umano ed aspettare dal cielo il cambiamento? Disinteressarsi del problema ed aspettare un messia che sarebbe arrivato dopo 700 anni? Armarsi e sostenere un re che avrebbe rivendicato la sua ascendenza divina?

Similmente, anche noi possiamo chiederci: cosa dobbiamo fare con questo bel messaggio di Isaia scritto 2700 anni fa? Dobbiamo lasciare stare la politica perché tanto arriverà il messia, dobbiamo fondare partiti divini o appoggiare la monarchia di diritto divino? Ci può far sorridere l’idea, ma è stata l’idea dominante in Europa fino alla rivoluzione francese ed ha continuato in seguito ad esistere. Proprio la settimana scorsa, preparando le mie lezioni di francese mi sono imbattuto in un discorso di Luigi XV di Francia che per riaffermare la sua autorità sul parlamento dice esplicitamente: «Con il potere che Dio mi ha dato» (Discours de Louis XV devant le parlement de Paris, le 3 mars 1766 ).

Prima considerazione: il popolo di Israele vive in un contesto molto diverso dal nostro, una teocrazia nata circa due secoli prima della situazione che stiamo osservando in cui il re ha degli espliciti doveri verso Dio. Non è un capo democraticamente eletto, ma l’unto del Signore. La Costituzione che i nostri politici devono osservare è per lui la Bibbia, e non ha diritto di scostarsene. Ma come sappiamo, già il primo re, Saul, benché unto da Samuele, si è presto sviato tradendo la sua missione. Per il popolo di Dio questo passo funziona in due direzioni: primo, essere vigili e stare attenti a cosa fa il re, verificando che realmente adempia la sua missione e sia fedele alla Legge di Dio. Qualsiasi membro del popolo che ad esempio vede un re tollerare l’idolatria e lo segue per paura o per convenienza sta peccando. Qualsiasi potente che per suo interesse assiste alla mancata pratica del giubileo, istituto magnifico per cui ai debitori venivano condonati i loro debiti e gli schiavi tornavano liberi ogni 25 anni, proprio per evitare accumuli di soldi, sta peccando. Se dunque Isaia dice che verrà un re secondo giustizia, il popolo deve capire che quello attuale non è giusto e prendere le distanze. Non è un caso forse che questo capitolo preceda la sezione narrativa che ci parlerà de re Ezechia, un re che si è comportato secondo giustizia. Forse Isaia vuole preparare il popolo alla venuta di un re che andrà seguito nel suo intento di seguire Dio e che sarà per certi aspetti esemplare.

Seconda considerazione. Il passi finali che abbiamo letto sono talmente insistenti sulla personalità divina del re, che non lasciano spazio a dubbi: non si tratta semplicemente di un uomo, ma di Dio stesso, del Signore YHWH che regna. Allora l’invito al popolo di Israele è chiaro: non devono riporre le loro speranze in una Gerusalemme semplicemente terrena. Non devono limitarsi ad appoggiare il venturo re Ezechia. Devono andare oltre e dichiarare che l’unico vero regno spetta al Signore. In altri termini devono denunciare le pretese dei re di sostituirsi a Dio, e trovare certezze e speranze ultime solo nella fedeltà a Dio.

La situazione per noi potrebbe sembrare molto diversa. Siamo in una democrazia laica che non deve rivendicare origini e prerogative divine. Non possiamo quindi certo auspicare che i nostri politici rispettino la Bibbia, perché non è quella la Costituzione. Dobbiamo tuttavia essere pronti a denunciare chi in un mondo laico abusa del linguaggio religioso. Nella nostra crisi di governo abbiamo visto politici baciare il crocifisso e invocare la madonna. Possiamo leggerlo come un atto di idolatria, ma anche come una forzatura di falsa religione per condizionare la politica, cosa gravissima. Come credenti siamo chiamati a denunciare questi abusi. Siamo anche chiamati ad analizzare la scena politica per vedere chi realmente propone valori per lo meno «vicini» a quelli biblici.

Ed esattamente come gli ebrei siamo chiamati a guardare qualsiasi governo, qualsiasi governante, qualsiasi partito, re, uomo politico con una buona dose di scetticismo, senza lasciarci trasportare da facili entusiasmi, perché il vero regno è unicamente di Dio.

3. Il Cristo re. Luca 23: 2-3

2 E cominciarono ad accusarlo, dicendo: «Abbiamo trovato quest’uomo che sovvertiva la nostra nazione, istigava a non pagare i tributi a Cesare e diceva di essere lui il Cristo re». 3 Pilato lo interrogò, dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?» E Gesù gli rispose: «Tu lo dici»

Dopo 700 anni dal periodo di cui si parla in questo passo il messia atteso arriva. Il re di cui aveva parlato a più riprese Isaia viene in Israele. Risponde alle aspettative del popolo? Risponde alle nostre? Gerusalemme diventa la città della pace descritta? I sudditi sono perfettamente protetti da piogge, uragani? Tutti vedono? Tutti capiscono? Gli scellerati sono puniti?

Va da sé che la risposta immediata ed umana è no… Continuano le guerre, la cecità e le prevaricazioni. Ma dal momento in cui il vangelo ha cominciato da essere predicato sulla terra ed il regno ha cominciato a crescere molti ciechi spirituali hanno cominciato a vedere. La fede che abbiamo in quel Signore descritto da Isaia è la stessa che abbiamo in quel re che si dice re mentre sta per essere crocefisso. Questo ci dice molto sulle reali dimensioni del regno. Il nostro regno non è un regno di vittoria, di imposizione sugli altri, di violenza prevaricatrice più forte di quella dei nemici di Dio. Il nostro regno è il regno di pace e dolcezza in Cristo. La pace che abbiamo in lui ci fa accettare le numerose croci che vediamo nel mondo senza ricorrere agli stessi metodi dei crocificatori. La legge che abbiamo ricevuto da lui, insieme alla sua salvezza, ci insegna che non vinceremo con le armi della politica, ma predicando la conversione. Perché quella croce ci ha insegnato che non siamo meglio degli altri e che abbiamo bisogno noi in primo luogo di salvezza. Non dalla politica ma dal peccato che tutti ugualmente ci tocca.

Quando diciamo che IL Signore è il nostro Giudice, Legislatore, Re e Salvatore, noi annunciamo che l’ultima risposta non è buttarsi nella mischia a gridare, ma è un invito a guardare al di là di queste cose, perché il vero regno cresce ed avanza. Il vero regno non è addormentamento che fa accettare la realtà, ma una profonda convinzione che si può avere solo incontrando Dio. Il messaggio di Isaia quindi è: arriverà un re, che sarà Dio, accettatelo nella vostra vita.