La persecuzione Atti 12

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La persecuzione della chiesa è un fenomeno esistente tutt’oggi oggi, e alcune missioni, come Porte Aperte, sono riuscite a portarlo all’attenzione dei governi, chiedendo di intervenire in quei paesi in cui la libertà religiosa manca e i cristiani vengono uccisi. Il capitolo 12 degli Atti ci mette davanti ad un fatto semplice e crudo: la chiesa è nata in un contesto di persecuzione. Abbiamo già visto episodi relativi alla persecuzione ed in questo capitolo vedremo tre aspetti della persecuzione: è spesso gratuita; la chiesa sa dare la sua risposta, Dio anche reagisce contro la persecuzione.

Prima di commentare il passo è bene fare un po’ di chiarezza sui nomi che leggiamo, perché molti nomi sono doppi:

Giacomo, fratello di Giovanni (diverso sia da Giacomo di Alfeo, che da Giacomo il fratello del Signore), uno dei primi credenti, figlio di Zebedeo. Da sempre vicino a Gesù, lo abbiamo visto in azione nel libro degli Atti.

Giacomo il fratello del Signore, autore della lettera di Giacomo, che compare al v. 17, diventerà il responsabile della chiesa di Gerusalemme, che Pietro è costretto a lasciare.

Giovanni fratello di Giacomo, vicino a Gesù, discepolo che Gesù amava e autore del vangelo, epistole e Apocalisse. Anche lui finisce in esilio a Patmos.

Giovanni detto Marco, figlio di questa donna che ospita la riunione di preghiera e che alla fine parte con Paolo e Barnaba.

Erode Agrippa I, di cui si parla qui è il nipote di Erode il Grande. Gradito agli imperatori romani, governa la Palestina dal 41 al 44. Tutta la famiglia si distingue per cercare di ostacolare il regno di Dio: Erode il Grande tenta di sterminare i neonati perché teme l’arrivo di Gesù; Erode Antipa, suo figlio, fa uccidere Giovanni Battista. Questo Erode Agrippa I, fa uccidere Giacomo e incarcera Pietro.

  1. La normalità della persecuzione

La chiesa esiste da circa una decina di anni e da quanto leggiamo nel libro degli Atti ha conosciuto una rapida crescita – crescita che i giudei non gradivano affatto. Non è la prima volta che Pietro finisce in carcere ma sinora la persecuzione è avvenuta per mano del sinedrio che è un’istituzione giudaica. Ora anche l’autorità romana inizia a perseguitare, e questo fa molto piacere ai giudei. Se ci fossero state le elezioni, questa misura avrebbe sicuramente innalzato i consensi. La crudeltà di quest’uomo che si fa adorare come un Dio è significativa: non solo fa del male ai cristiani, ma punisce con la morte anche le guardie che non hanno saputo tenere Pietro. I tempi per la chiesa sono quindi difficili ed è importante osservare la reazione dei credenti. Potrebbero scoraggiarsi, cambiare fede e tornare alla religione giudaica, fuggire altrove, e Pietro per un certo tempo lo farà, ma non fanno niente di tutto ciò: non sono né rassegnati né illusi, semplicemente sono consapevoli che: “Del resto tutti quelli che vorranno vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati” (2 Tim 3:12). Probabilmente questa consapevolezza serve loro da preparazione. Noi viviamo in un mondo molto confortevole per chi ha fede, perché nessuno ci tocca e ci risulta impensabile che qualcuno di noi possa morire un giorno per la sua fede. Conosciamo la violenza ingiusta, ne vediamo molta, ma quella per motivi religiosi non è parte della nostra esperienza quotidiana. Ma questa non è la normalità né per la chiesa primitiva, né per altre chiese contemporanee, come sappiamo e come preghiamo spesso. Ci deve essere d’esempio il fatto che proprio questa chiesa vittima della persecuzione non demorde e si dà da fare. Non aspetta leggi migliori per esporsi, per vivere e annunciare, perché sa che quello è il prezzo da pagare per essere credenti. È curioso che nel nostro mondo molti smettano di credere proprio perché vedono del male intorno a loro…La chiesa primitiva nasce invece proprio in un contesto in cui il male e la sofferenza ingiusta sono all’ordine del giorno. Forse proprio la pace di cui godiamo finisce per stordirci e farci dimenticare che siamo seguaci di un re crocifisso, che ha sofferto. Che prendere la propria croce è un percorso doloroso. Questo omicidio e questa incarcerazione in primo luogo devono incoraggiarci perché mostrano dei credenti che nonostante ciò riescono ad andare avanti.

  1. La risposta della chiesa alla persecuzione

Di fronte a questa situazione inquietante la chiesa fa qualcosa di straordinario: si inginocchia e prega. “Ma ferventi preghiere erano fatte per lui dalla chiesa” (5b). Credo che non si trattasse di una preghiera rituale, monotona e noiosa o di una preghiera abitudinaria fatta con scarsa convinzione. Fervente significa calda, piena di energia, quasi infuocata: l’effetto di questa preghiera infuocata suscita i miracoli che qui vediamo: Pietro viene liberato in maniera soprannaturale.

Non solo era fervente, ma si presentava come la risposta naturale alla persecuzione in atto. è vero che la chiesa era un piccolo gruppo a confronto con i romani, e quindi non aveva molte possibilità, ma avrebbe potuto tentare di organizzare una rivolta, cercare accordi con gruppi zeloti che auspicavano ad una rivoluzione. Le sommosse esistevano e i vangeli ne parlano. Non è la via che sceglie la chiesa. Apostoli e discepoli scelgono la via della preghiera che è una via pacifica, non violenta e sottomessa a Dio. È una via realmente rivoluzionaria perché come vediamo infastidisce molto i giudei e procede trasformando i cuori. Mentre l’autorità civile e religiosa imprigiona o uccide dei corpi, la preghiera di persone chiuse in una casa fa un’azione che libera quei corpi e scatena fenomeni soprannaturali: Pietro viene liberato in modo miracoloso.

Traggo due insegnamenti da questa chiesa raccolta in preghiera:

  1. preghiamo seriamente per la chiesa perseguitata, perché i fratelli e le sorelle che nel mondo vivono esperienze simili sono molti. Preghiamo perché il Signore può fare molto al di là di quello che noi ci aspettiamo. La chiesa riunita in casa della madre di Giovanni, e la serva che apre la porta, Rode, sono incredule. Non pensano che sia possibile questo miracolo, e trovano una spiegazione altrettanto soprannaturale, ma per loro più plausibile. Dio ha superato ciò che loro si aspettavano che facesse, e questo può farlo anche per noi.
  2. Non sottovalutiamo le numerose forme di prigionia mentale, culturale, spirituale in cui rischiamo di finire nel nostro sforzo di testimoniare per Dio, in cui gli Erodi di oggi ci imbrigliano: c’è una prigione del politically correct che blocca ogni nostro tentativo di dire cose forti da parte di Dio in pubblico, per temere di urtare delle sensibilità diverse. C’è una prigione costruita dalla comodità di una vita di divertimento e di comfort domestico o sociale. Ci sono prigioni fatte di abitudini quotidiane da cui non ci liberiamo, che prendono il posto della nostra testimonianza. Sono prigioni che gli angeli del Signore devono abbattere per rimetterci in una libertà proficua alla testimonianza del vangelo.
  3. La persecuzione punita da Dio: nullum malum semper durat

La parte finale di questo capitolo viene confermata dalla storico Giuseppe Flavio che racconta della morte di Erode Agrippa in modo analogo, facendo riferimento ad una malattia. L’indignazione che proviamo nei confronti dei dittatori che abusano del loro potere trova qualche soddisfazione in questa punizione esemplare, che vede l’intervento divino per porre fine alle nefandezze di questo personaggio. Questo evento crea speranza, ed è anch’esso parte della risposta di Dio alla preghiera della chiesa. Probabilmente la chiesa non ha chiesto la morte di Erode, e possiamo immaginare che forse abbia chiesto la sua conversione. Ma il cuore duro di Erode ha preferito scegliere il male.

Proprio su questa morte credo sia importante soffermarsi, osservando alcune cose significative:

  1. La morte di un dittatore, se non è un’eccezione, non è certo la regola. Né il mondo della chiesa primitiva vedono una punizione sistematica dei dittatori malvagi. È vero che molti dittatori efferati finiscono per morire in modo violento (vedi Mussolini, Hitler, Ceaucescu, Geddafi), ma molti restano in carica per anni ed anni e nessuno li tocca… Torno a ribadire che la chiesa non si scoraggia per questo, ma resta in preghiera, e in questo caso vede un risultato. Tuttavia la fedeltà non dipende dal risultato “vittorioso”; in tanti altri casi la persecuzione va avanti, ma il sangue dei martiri fa crescere la chiesa.
  2. Anche i peggiori dittatori hanno un periodo di tempo in cui il Signore li lascia agire, aspettando il loro ravvedimento. Non capita spesso, eppure ho trovato interessante la conversione a Cristo del dittatore di Panama Manuel Noriega, accusato per spaccio di droga e violazione dei diritti umani. Sono fatti rari, ma che fanno sperare e osservare che una conversione produce più frutti che una punizione, benché per Erode le cose andarono diversamente.

La conclusione che dobbiamo trarre da questo capitolo è quella di unirci alla speranza del v. 24: La parola di Dio progrediva e si diffondeva sempre di più, al punto che Paolo e Barnaba partono per portare la parola altrove. La persecuzione è una cosa terribile ieri come oggi, ma nonostante il suo perdurare, la chiesa è andata avanti e continua ad andare avanti. Non c’è nessun male che dura perennemente, anche il peggiore dei dittatori prima o poi viene destituito o muore, e anche la peggio re delle condizioni umane prima o poi conosce un cambiamento. Sono le promesse che troviamo in passi come questo.