La parte che appartiene alla terra. Colossesi 3:5-11

La parte che appartiene alla terra. Colossesi 3:5-11

5 Mortificate dunque quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e quella avarizia insaziabile che è idolatria, 6 cose tutte che attirano l’ira di Dio su coloro che disobbediscono. 7 Anche voi un tempo eravate così, quando la vostra vita era immersa in questi vizi. 8 Ora invece deponete anche voi tutte queste cose: ira, passione, malizia, maldicenze e parole oscene dalla vostra bocca. 9 Non mentitevi gli uni gli altri. Vi siete infatti spogliati dell’uomo vecchio con le sue azioni 10 e avete rivestito il nuovo, che si rinnova, per una piena conoscenza, ad immagine del suo Creatore. 11 Qui non c’è più Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o Scita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti.

Cercare, pensare, agire. Con questa triade Brian ci ha incoraggiati ad ascoltare i primi quattro versi di questo capitolo che spingono a cercare “cose dall’alto”, senza però definire. Per non restare sul vago Paolo preciserà che ci sono cose che non vengono dall’alto e cose che invece vengono dall’alto. Comincia dalle prime invitandoli a mortificarle, cioè a farle morire, a renderle inoperanti in noi.

Paolo deve essere estremamente concreto e si avvale di liste di peccati comuni, secondo lo stile di molti moralisti del suo tempo. Ma Paolo non si limita a fare un lista o a scandalizzarsi come fanno appunto i moralisti: suggerisce ai colossesi due principi che li aiuteranno a stare lontano da quei peccati.

  1. Cosa significa: “La parte di voi che appartiene alla terra? Chiamare le cose per nome

Il termine originale è “le vostre membra”. Non si tratta certo ci condannare il corpo materiale, un certo uso del corpo o del mondo materiale che è appunto esclusivamente terrestre. E con terrestre Paolo intende materialista, votato ad un’idolatria del materiale che non tiene conto di quella dimensione verticale che lega il mondo materiale al Dio che l’ha creato. Ciò che viene condannato non è il corpo ma una serie di pratiche che riguardano o il corpo o le relazioni tra uomini che non hanno Dio come fine e che escludono Dio dalla vita. Definiamole brevemente.

Fornicazione: qualsiasi uso del sesso esercitato al di fuori dai paletti stabiliti dalla Bibbia, cioè il matrimonio. Quindi, prima, oppure con persone esterne al matrimonio, quindi l’adulterio.

Impurità: Può includere il sesso, ma è più vasta. È la mancanza di integrità, l’essere compromessi in situazioni immorali, che non danno gloria a Dio. È impurità scendere a compromessi.

Passioni. Non si intende il forte interesse per un arte o per uno sport, come la passione della fotografia o del calcio. Si intende una forza irrefrenabile che attrae irresistibilmente verso una persona o verso una sostanza – oggi forse potremmo parlare di dipendenza – che devasta la vita di chi le pratica. Inserirei qui le droghe, il fumo, il cibo come ossessione.

Desideri cattivi. Propensione a cercare cose moralmente sbagliate.

Avarizia. Su questa questa forse ci capiamo meglio, ed è quel sentimento di tirarsi indietro quando c’è da offrire, da donare, da pagare per qualcosa. Paolo ci allerta ricordandoci che è una forma di adorazione del dio denaro.

Collera, ira. “Mi sono venuti i 5 minuti…”, “Non mi tengo più, ora esplodo…” Conosciamo bene queste frasi che indicano un sentimento che ci trasporta, che oltrepassa la nostra volontà e ci fa agire in modo che distrugge le nostre relazioni, portandoci a trasformare in errore quello che talvolta può anche essere desiderio di giustizia.

Malizia. Il voler vedere per forza il lato negativo delle cose, o gli aspetti negativi di una persona, ragionando in modo dietrologico sulle sue intenzioni in modo pregiudizievole. La nostra malizia imprigiona gli altri e non permette loro di liberarsi dei pregiudizi che abbiamo su di loro.

Maldicenze. Ciò che diciamo sugli altri conta. Talvolta può anche essere utile dire del male di qualcuno per proteggere altre persone. Ma spesso dire del male diventa uno sport, un piacere, e cominciando dalle battutine ironiche si arriva a distruggere la persona di cui si parla.

Parole oscene. Potremmo dire parolacce. L’argomento mi ha sempre interessato perché ne dicevo molte da bambino ed ho smesso solo quando sono diventato credente. Molti speculano sul fatto che le parolacce non sono cose gravi, e non fanno gran male. Eppure mi chiedo sempre: ma Cristo ce lo vedete ad usarle?

Menzogna. Infine ciò che devasta le relazioni tra fratelli e sorelle è il mentire gli uni gli altri, il distorcere la verità, a fin sia di bene che di male, nascondendo. Dio è un Dio di luce, e non sopporta la menzogna.

Una volta stilata la lista Paolo ci ricorda che questi esempi di cose terrene non sono poca cosa… Suscitano l’ira di Dio, lo fanno veramente arrabbiare. Non si tratta di fare del moralismo spicciolo o di scandalizzarsi come se tutto ciò fosse anormale: Paolo lo dice chiaramente, sono cose che facevano parte della vostra vita. Ma ora è il momento di dire di no! Di metterle via, di farle morire!

  1. Come mortificare le parte di noi che appartiene alla terra? (1)

Non esistono formule magiche, né pratiche psicoterapeutiche capaci di vincere il peccato che abita in noi. Paolo quindi non ci darà una formula invincibile, ma delle semplici immagini che aiutano a capire delle verità spirituali.

Come detto sopra, essere attratti dalle cose terrene sopraelencate è normale. È parte della vita in cui siamo nati. Come essere umani siamo figli di Adamo, il vecchio uomo che è nel nostro DNA e che non possiamo cancellare definitivamente. Ma la vita cristiana consiste nel capire che possiamo spogliarci di questo vecchio uomo e rivestirci continuamente di quello nuovo, avendo chiara l’immagine verso cui tendiamo.

Più degli sforzi che facciamo per far morire queste cose sbagliate, conta l’immagine che abbiamo di noi. Come ci vediamo? Persone vestite di un uomo vecchio, incapace di volontà, schiavo di queste dinamiche terrene che lo dominano, oppure come uomo libero, liberato da Cristo, che trova in Cristo la forza di rinnovarsi? Dobbiamo veramente immaginare Gesù come una persona che ci passa giorno dopo giorno un vestito nuovo, che ci aiuta a strapparci di dosso vestiti sporchi, sgualciti, strappati e ci aiuta a vestirci con vestiti nuovi, all’ultima moda, sgargianti!

Sta a noi scegliere se guardare indietro verso l’uomo vecchio che dovremmo aver deposto e rinchiuso in un armadio, oppure se guardare il nuovo che continua a porgerci nuovi vestiti. Gli adulti si vestono da soli. I bambini piccoli e le persone molto anziane o malate, hanno bisogno di aiuto per vestirsi. Dobbiamo riconoscerci come malati spirituali, che hanno bisogno di Gesù che ci veste ripulendo quelle dinamiche terrestri che ci guastano la vita e la relazione con Dio, fornendoci la piena conoscenza che come sappiamo i colossesi cercavano.

  1. Come mortificare la parte di noi che appartiene alla terra?(2)

C’è un secondo principio che Paolo usa per aiutarci a superare la nostra propensione per ciò che è basso. Molte delle dinamiche perverse indicate sopra agiscono sulle differenze che troviamo tra noi esseri umani. Pensiamo a quelle del secondo gruppo: ira, maldicenze, menzogne. Ed è vero che le differenze tra esseri umani sono qualcosa di ambivalente. Sono la ricchezza della nostra umanità, perché se fossimo tutti uguali troveremmo la vita monotona, ma le diversità tra culture, tra caratteri, tra sessi, tra religioni, tra nazioni sono potenzialmente una grande fonte di dissenso, di litigio spesso anche di guerra.

Paolo ci ricorda queste differenze per belle o brutte che possano essere in Cristo sono annullate. Sembra un principio semplice, ma se in ogni chiesa riuscissimo sempre a vedere Cristo in tutti, molti dei nostri attriti, delle divisioni, degli egoismi, e altro verrebbero meno. Se davanti a noi abbiamo un’umanità che costruisce muri, divisioni e barriere opponendo maschi a femmine, ebrei a non ebrei, liberi a schiavi il modello che ci ricorda Paolo è quello di un’umanità rinnovata in Cristo che non è appiattita in Cristo ma che trova nell’unione a Cristo la forza per vedere nella differenza una ricchezza e non una minaccia. Alla società che ci rompe dobbiamo opporre il modello di una chiesa che sa essere unità, che non dà privilegi ad una certa categoria etnica, di genere o sociale, ma che è unita e uguale in Cristo.