Isaia 38, La preghiera di Ezechia

Conoscete qualcuno che è al momento un malato terminale? In Italia ci sono 313.000 malati terminali l’anno. Il testo che leggiamo oggi si apre sul re Ezechia, che secondo quando dice il profeta Isaia, è proprio un malato terminale. In genere davanti a questo tipo di malati ci si pongono molti problemi sul dire o meno alla persona che da un punto di vista medico è spacciata, per paura che si scoraggi. Questo testo non ci dà propriamente suggerimenti sul come comportarci in quei casi, ma ci fa vedere il modo in cui persone che in Dio avevano trovato un aiuto sicuro, reagivano rispetto ad un male estremo, davanti a cui non c’erano molte possibilità.

1. La malattia di Ezechia.

Il profeta Isaia è molto categorico, quasi drastico, e le sue parole non lasciano scampo. Il medico pietoso fa la piaga puzzolente ed Isaia preferisce dire chiaramente la verità: la malattia di Ezechia è mortale presto lui morirà. Apprezziamo questa chiarezza che costringe Ezechia a prendere le cose sul serio. La sua reazione è duplice: da un lato cerca di aggrapparsi alla sua fedeltà, dall’altro piange e prega, probabilmente per la paura che ha. Questa reazione ci dice molto sulla mentalità di Ezechia e su alcuni elementi della sua teologia, piuttosto problematici:

1) Probabilmente Ezechia pensa che una malattia che conduce alla morte, sia senza dubbio segno che qualcosa non va bene nella sua vita. La malattia è per forza punitiva, nella sua mente, e visto che lui ritiene di non aver fatto nulla di male, si chiede come mai debba morire ed ammalarsi.

2) Ezechia è considerato un buon re, di lui si dice in Cronache che fede del bene agli occhi del Signore, tuttavia, gli manca ancora uno sguardo su se stesso rinnovato e consapevole, perché si ritiene giusto, mentre come tutti gli altri non è immune da peccati.

In tutto ciò, qualcosa di buono c’è: se Dio dice di aver ascoltato la sua preghiera e visto le sue lacrime, probabilmente ha individuato dei segni di pentimento. Ma in questo primo punto che riguarda Ezechia dobbiamo in realtà imparare qualcosa di Dio: Dio non è obbligato a trattarci bene se pensiamo di aver agito bene: è libero da qualunque condizionamento, ed una malattia potrebbe essere, come in Giobbe, una prova, un test a cui ci sottopone per aumentare la nostra fede. E la fede di Ezechia non viene aumentata dal semplice fatto di essere stato messo alla prova, come se questa fede fosse un opera che consiste nell’essere capaci di resistere. La fede di Ezechia deve aumentare perché Dio gli va incontro e posticipa la sua morte nonostante la sua richiesta provenga da presupposti completamente sbagliati (chi è pio non soffre, la malattia è una punizione). Ieri come oggi Dio è un Dio che ascolta le preghiere. Non illudiamoci di attraversare la via incolumi, ma aggrappiamoci fortemente a quel Dio che perdonerà anche ogni nostra richiesta imperfetta. Se conosciamo un malato terminale è il momento di parlargli di quel Dio a cui solo si può rivolgere, che solo lo può salvare, e che può trasformare non solo il corpo ma anche lo Spirito.

2. Dio Signore del tempo.

Mi è capitato molto tempo fa di parlare con un ragazzo ebreo che sosteneva che la durata della vita è tutta una questione di clessidre. Sosteneva che ognuno di noi avesse una clessidra per cui il suo tempo di vita era fissato non era possibile togliere o aggiungere anni. Immagino che una certa concezione della volontà di Dio vada un po’ in questo senso, per cui è possibile che molte persone credenti e famigliari col testo biblico pensino che Dio abbia una serie di clessidre che hanno già decretato la vita di ognuno di noi. È perfettamente possibile che sia così, e in un certo senso è sicuramente così, visto che Dio sa tutto. Ma ci si potrebbe chiedere quale sia il tempo prefissato per Ezechia, e ancora se l’aggiunta viene fatta solo a lui, o in seguito a preghiere, possa essere estesa a tanti altri uomini. Si tratta di un problema annoso e complesso del rapporto tra la volontà di Dio, e ciò che egli stabilisce ed il margine di libertà che hanno gli umani, o di possibilità di cambiare questi piani. Dire che una sorta di risposta sta nell’immagine dell’ombra che si prolunga e che retrocede sui gradini. Mi sembra stia a dire qualcosa come: Dio è il Dio dell’impossibile, che può perfino modificare la rivoluzione del sistema solare. Non serve ragionare sulla predeterminazione delle clessidre e sulla quantità di anni che ci è riservata, ma piuttosto siamo invitati a contemplare la grandezza e l’onnipotenza del Dio dell’impossibile. Possiamo veramente capire che Dio è signore anche del tempo, che ha l’ultima parola sulla nostra vita ed è molto meno importante sapere se questa ha una durata prefissata, che non conoscere l’autore della vita. La mia pace personale riposa non nel fatto che c’è una durata della vita che in ogni caso non posso cambiare, ma nel fatto che ho conosciuto il Signore del tempo e della vita, e confido appieno nei suoi piani per me.

3. La visione della vita di Ezechia.

Non solo Ezechia ci lascia perplessi per la sua visione meritocratica della vita, per cui i giusti non si ammalano e lui giusto dovrebbe salvarsi. Le parole della sua preghiera hanno ugualmente suscitato molti interrogativi: un’affermazione come: «Quelli che scendono nella tomba non possono più sperare nella tua fedeltà» (18) lascia un po’ sorpresi, come anche l’idea che solo i vivi lodino, anche perché spesso pensiamo a coloro che muoiono nel Signore e li immaginiamo come felici e alla presenza di Dio. Credo che Ezechia in effetti avesse alcuni punti poco chiari rispetto alla vita dopo la morta, tuttavia è interessante cercare di capire come la vedesse. È molto preoccupato dal problema della «decomposizione». Deve aver visto dei cadaveri decomporsi, e sebbene nel suo credo ci sia una qualche idea di soggiorno dei morti, non gli è chiaro che tipo di vita abbiano coloro che vanno lì. In questa mancanza di chiarezza dice tuttavia due cose molto vere:

1) c’è un collegamento chiaro tra morte e peccato (17). Se Dio lo libera dalla morte è perché ha perdonato i suoi peccati. Non si sente quindi così perfetto come si sentiva prima della guarigione: la bontà di Dio, gli ha rivelato i suoi limiti e oltre che essere guarito è più lucido su se stesso.

2) Il vivente è quello che ti loda: (19) il tempo della lode è proprio quello di questa vita. E questa vita è una cosa molto bella, proprio come viene detto in Genesi quando viene creata (tutto ciò era buono). La fede in Dio non riguarda solo la vita dopo la morte, ma riguarda la vita attuale che si prolunga eternamente. Ancora una volta le parole di Ezechia sono profetiche: quest’uomo non ha ancora conosciuto Gesù, ma dalla visione adombrata e nebulosa che poteva avere di Dio, Ezechia ha capito che Dio avrebbe risolto il problema della decomposizione del corpo, e permesso un prolungamento della vita che è una cosa molto bella e che va vissuta lodando. Ora, è così felice perché ha avuto appena 15 anni in più! Quanto più deve renderci felice la buona notizia che abbiamo in Cristo che la nostra vita può essere prolungata non solo di 15 anni, ma eternamente! Quanto più vogliamo fare nostre le parole di Ezechia che ci dicono che proprio ora mentre viviamo è tempo di lodare. E che la vita che seguirà la presente vita, se evita la decomposizione, è questa stessa vita ma priva del peccato. Anche noi con lui vogliamo «suonare melodie tutti i giorni della nostra vita» (20)