Isaia 43, testimoni dell’IO SONO

Isaia 43, Testimoni dell’Io sono

Introduzione

Leggere Isaia 43: 1-7, come introduzione.

Leggere Isaia 43: 8-13. Essere Testimoni

Il passo letto sembra una specie di processo in cui ci sono due contendenti: Dio da un lato, e delle divinità straniere dall’altro YHWH, il Dio di Israele. La parola chiave è TESTIMONI, che nel processo devono intervenire per raccontare cosa hanno fatto le diverse divinità. Il passo presente dà per scontato che i popoli non avranno molto da testimoniare dei loro dei, mentre il popolo di YHWH è costituito suo testimone. Potrà testimoniare di lui. Proprio come Gesù in Atti 1,8 dice ai discepoli: «Mi sarete testimoni», già qui, 700 anni prima, il popolo era chiamato ad essere un testimone di Dio assieme al servo di Dio. Si profila per il popolo l’idea di un servitore speciale, che sarà poi identificato nel messia, ma per ora l’accento è messo sul fatto di essere testimoni: e questo essere testimoni viene precisato così:

affinché Sappiate, riconosciate, crediate, che io sono. (10)

1. Io sono

Cosa significa: «Io sono»? Non è un’affermazione nuova, e ci fa pensare ai passi di Esodo 3 in cui YHWH dice a Mosè, «Io sono colui che sono», o ancora, per rispondere alle sue obiezioni riguardo al nome di chi lo chiama: «Rispondi ai tuoi fratelli: L’io sono, mi ha mandato da voi». (Es 3,14). Diversi secoli, forse 7, separano Mosè da Isaia, ma il profeta riprende proprio queste parole, e vorrei capire bene il loro significato. In italiano vediamo che questo verbo «io sono» è presente anche nei versetti successivi: «Io sono Dio»; «Io sono Il Signore», ma in ebraico queste espressioni non hanno il verbo essere. Vengono espresse come: «io Dio»; «Io il Signore». Abbiamo un verbo solo ai v. 10 e 13: (Ani hu). Cosa significa visto che è così importante e che dobbiamo esserne testimoni?

  • 1.1. Affermazione di unicità

Il contesto ci aiuta e la frase che segue ce lo spiega. «Prima di me nessun Dio fu formato e non ve ne sarà nessuno.» (10b). Nel processo di cui parlavamo i testimoni di altri dei non avranno molto da dire, semplicemente perché non… sono! I testimoni sono quindi testimoni di questa unicità di un Dio che non conosce rivali.

  • 1.2. Affermazione di presenza.

Io sono tentato talvolta dal tradurre quel verbo con: «Esisto». Sono presente! Anche se non mi si vede, la mia esistenza è affermata da voi testimoni e dalle opere che ho fatto per voi. Io ci sono! Altri dei non ci sono! Il nostro compito è di testimoniare che Dio è, cioè che Dio esiste, è presente c’è.

  • 1.3. Affermazioni di salvezza, di verità, di liberazione, di creazione.

I versetti che seguono commentano ancora la portata di questo: «Io sono»:

v. 11 – è un Dio che salva, il salvatore del suo popolo e che ha un nome

v. 12 – è un Dio che annuncia con profezie, che dice delle cose si realizzano, e in funzione di queste salva.

v. 13 – è un Dio che libera.

Tutte queste affermazioni qualificano l’essere di Dio, e ce lo presentano come il Dio di verità che parla, agisce, libera. Ma è molto bello vedere che tutte queste azioni che qualificano Dio stanno in mezzo, ma all’inizio (10) e alla fine (13) Dio si presenta semplicemente con: «Io sono». Usa anche «Io sono» davanti a «Dio» Eloim, e «YHWH» il suo nome proprio. Questo è importante perché in fondo senza troppi discorsi Dio dice: «Io sono Dio»….

Oltre a dire in modo preciso che Dio fa delle cose straordinarie per noi, è anche molto bello pensa che Dio non si può spiegare fino in fondo, non si può rappresentare in modo completo ed esaustivo, e basta anche semplicemente dire che Dio è, e si è detto tantissimo. Dicendo poco, si è detto molto, proprio perché Dio è infinito.

Applicazione.

Essere testimoni era una missione per Isaia, per Israele, lo sarà per Gesù e lo è anche per noi, secondo quando ricordato da Atti 8. Il contenuto di questa testimonianza non è cambiato, perché ancora oggi abbiamo la gioia di annunciare ai nostri amici, colleghi, vicini e chiunque che Dio c’è: che è presente! Abbiamo il privilegio di annunciarlo a parole, ma soprattutto con delle vite che parlano e che fanno pensare alle persone: «Ma chi è il Dio che queste persone adorano»? I testimoni di oggi:

  • Testimonieranno dell’unicità se davanti alle difficoltà o alle gioie che hanno non fanno riferimento a mille riferimenti diversi, ma se chiaramente si rivolgono al Dio unico.
  • Testimonieranno dell’unicità se sapranno fare avvertire con la loro vita alle persone intorno a loro che Dio c’è, perché il suo amore traspare in loro
  • Testimonieranno dell’unicità se senza fare discorsi filosofici molto complicati sapranno dire che Dio è…

2. Gesù e l’ «Io sono».

Questa espressione viene ripresa più volte da Gesù, in particolare nel vangelo di Giovanni. Lascio perdere le volte che viene tradotto con: «Sono io», e mi limito a tre passi:

  • Giovanni 8, 28: Gesù dunque disse loro: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che io sono, e che non faccio nulla da me, ma dico queste cose come il Padre mi ha insegnato. 
  • Giovanni 13: 18-19  «Non parlo di voi tutti; io conosco quelli che ho scelti; ma, perché sia adempiuta la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane, ha levato contro di me il suo calcagno”.19 Ve lo dico fin d’ora, prima che accada; affinché quando sarà accaduto, voi crediate che io sono.
  • Giovanni 18, 6. Ma Gesù, ben sapendo tutto quello che stava per accadergli, uscì e chiese loro: «Chi cercate?» 5 Gli risposero: «Gesù il Nazareno!» Gesù disse loro: «Io sono». Giuda, che lo tradiva, era anch’egli là con loro. 6 Appena Gesù ebbe detto loro: «Io sono», indietreggiarono e caddero in terra.

Io sono, esperienza dolorosa

Una caratteristica mi colpisce di questi tre «io sono» in Giovanni. Tutti sono un ‘esperienza dolorosa. Partiamo dall’ultimo. Coloro che assieme a Giuda si sono alzati contro Gesù, cascano per terra quando Gesù dice: «Io sono». Dio si manifesta nell’amore ma se gli si va incontro con odio, per contrastarlo quell’io sono rivela ciò che siamo: dei traditori di Dio, delle semplici creature di un Dio che ci ama e che è venuto per servire, ma che noi abbiamo rifiutato.

Gli altri due passi parlano uno dell’arresto e l’altro della sua morte: innalzare, significa innalzare su una croce. Gesù si attribuisce l’espressione: «Io sono» e questo ci fa capire che identifica se stesso con YHWH, il Signore dell’Antico Testamento. Tuttavia ci dice che prima di farci capire che lui è «L’io sono», dovrà soffrire. Capiremo chi è Gesù, ma solo perché egli ha sofferto per noi. E ancora. Capiremo che Gesù è l’io sono, solo se capiamo perché ha sofferto per noi. Il liberatore, il salvatore, di cui abbiamo letto in Isaia, si rivela pienamente in Gesù che per salvare e liberare si dà al posto nostro prendendo su di sé i nostri peccati, il nostro essere contro Dio, il nostro volere vivere autonomamente da Dio.

Applicazione.

Potremmo pensare a quanto spesso usiamo l’espressione: «Io sono». Ci serve ad identificarci e la usiamo davanti al nostro nome, davanti al mestiere che facciamo, alla nostra nazionalità. Ovviamente la usiamo anche davanti alla nostra fede, quando diciamo: «Io sono un cristiano», io sono «Un credente cristiano evangelico», e via dicendo. Mi vengono in mente due applicazioni possibili da questi passi:

  • A nessuno di noi forse verrebbe in mente di dire «Io sono» nello stesso in modo in cui lo ha detto Dio nel passo letto in Isaia. Sarebbe presunzione e arroganza. Tuttavia potremmo dire che «esistiamo». Io «esisto», lo posso dire. Pensiamo che se oggi esistiamo, ci siamo, siamo qui insieme, sentiamo che c’è un essere che ci accomuna, e non solo pensiamo che in Cristo questo nostro esistere sarà eterno, infinito, siamo spinti ad un profondo ringraziamento a quel Dio unico che ha detto IO SONO.
  • Possiamo ancora pensare che dire questo per Gesù è stato doloroso ed essere un suo seguace può essere doloroso e lo sarà. Torniamo quindi all’inizio del passo che abbiamo letto:
  • Non temere! Sarete testimoni. Testimoni dell’io sono. Con la vostra vita. Se questo farà soffrire, io ci sarò comunque. Non temere di essere un testimone dell’IO SONO: