Ezechiele 37: 1-14

“Ripartenza” è una parola d’ordine di questi tempi e condensa bene le aspettative di un intero mondo che sta uscendo dalla pandemia. Anche nella Bibbia abbiamo immagini che parlano di ripartenza e particolarmente significativa è quella di un mucchio di ossa che ricomincia a vivere e che troviamo in Ezechiele 37.

Nel contesto del profeta Ezechiele questa profezia riguarda il popolo di Israele esiliato a Babilonia, terra in cui era stato deportato nel 586 a.C. E dove sarebbe rimasto per circa 70 anni. È molto bello vedere che nonostante la sofferenza di Israele, Dio interviene. Comunica con un profeta, Ezechiele, che ha con lui un rapporto profondo, viene portato a spasso da Dio in questa valle in cui ha una visione. Questa profezia trova la sua piena realizzazione nel 538, con il ritorno del popolo in Israele, ed uno stato autonomo ed indipendente fino alla conquista di Alessandro Magno nel 322. a.C.

Ma la portata di un passo così ricco non si limita a quei fatti storici. Leggendo un resoconto dell’Alleanza Evangelica Italiana mi sono resto conto che in molte chiese italiane, a causa della pandemia, si è assistito ad un certo calo, ad una perdita di interesse, a degli abbandoni. Nella nostra situazione, per fatti anche esterni al covid, lo spettacolo è ancora più triste… Molti sono partiti, e se paragoniamo la comunità che siamo oggi a quella che eravamo 2 o 3 anni fa, l’immagine delle ossa secche potrebbe sembrare molto adatta… Cercheremo di cogliere da questa immagine macabra la forza per una “ripartenza” che non sia solo economica o emotiva, ma profondamente spirituale.

Applicazione. Se però Ezechiele può avere questa visione, la cui natura è difficile da identificare, (sogno, sogno ad occhi aperti, immaginazione, reale viaggio in una valle reale) è perché la sua vicinanza con Dio gli consente di essere in contatto con lui e quindi di non essere scoraggiato o smarrito davanti alla situazione di sofferenza provocata nell’esilio. Questo incoraggia ognuno di noi ad un rapporto profondo ed intimo col Signore, in modo tale che con la sua mano, ci trasporti in una valle per avere delle visioni di speranza.

  1. La forza delle ossa.

La domanda che Dio rivolge a Ezechiele è imbarazzante. Rispondere: “Sì, le ossa possono rivivere”, potrebbe sembrare contro-evidente, perché banalmente le ossa non rivivono. Rispondere: “No, non possono” potrebbe ugualmente sembrare una mancanza di fedeltà nei confronti del Dio onnipotente che fa sgorgare acqua dalle rocce… Allora meglio la risposta. “Tu lo sai…” che rimanda al mittente la domanda. Prima di passare a vedere cosa effettivamente risponde e fa il Signore, fermiamoci ad immaginare cosa sono le ossa. Verissimo che sono spesso simbolo di morte, si pensi al teschio con due ossa incrociate. Tuttavia anche le semplici ossa, benché ormai secche e prive di cellule viventi, sono pur sempre elementi solidi, agglomerati di calcio ed altri minerali che resistono al tempo. Il popolo non è ridotto a niente, ha ancora una sua solidità e base su cui costruire. Sono pur sempre ossa, con una forma, una funzione, che si adatteranno le une alle altre.

Qualsiasi devastazione possa cadere su una chiesa, rimangono sempre delle ossa, degli elementi solidi che il Signore ha lasciato e che non verranno meno, e su questi il Signore costruirà. I popolo di Israele era esiliato, ma non annientato. Proprio nel contesto dell’esilio sembra aver dato un peso sempre maggiore alla Parola di Dio, alla Bibbia vera e propria come insieme di libri, non esistendo più il tempio. La Bibbia non era letta nel tempio, ma non era annullata, anzi!

Applicazione. Non perdiamo troppo tempo a lamentarci per uno spettacolo ossuto e rinsecchito. Le stesse ossa che osserviamo sono il segno che c’è ancora molto. Se la nostra chiesa ci sembra diventata un ossario e se perdiamo le speranze dobbiamo pensare che proprio attraverso questo segno potremo ripartire. La settimana scorsa Brian ci ha incoraggiato a riflettere su ciò che abbiamo imparato dalla pandemia. Ora pensiamo che gli eventuali momenti di sofferenza che abbiamo attraversato, o quelli che hanno attraversato dei nostri amici sono momenti sui quali Dio potrà ricostruire, e non vanno negati o rimossi. Ci sono stati e proprio tenendone conto si potrà andare avanti.

Io non ho mai sostenuto che Dio abbia mandato questa pandemia per insegnarci qualcosa. Convinto che niente sfugga al controllo di Dio, non credo proprio che sia morta tanta gente per volontà di Dio e per insegnare qualche strano mistero. Credo però che imparare qualcosa da quanto si è vissuto sia sempre importante. Forse una cosa che impareremo è ad apprezzare meglio le “ossa”: le persone che sono rimaste e sono qui sempre e comunque; quelle azioni fondamentali, gli incontri, le riunioni, le cene, che sono proprio un’ossatura su cui si costruisce la vita di una chiesa. Tante cose sono venute a mancare, ma le ossa sono sempre lì e per questo solo siamo grati al Signore.

  1. Muscoli, carne e pelle: il rumore

Ezechiele profetizza secondo la parola ricevuta ed effettivamente c’è una resurrezione. Muscoli, carne e pelle crescono sulle ossa e ancora prima che crescano muscoli, carne e pelle c’è rumore e movimento. Le ossa si avvicinano e poi vengono unite. Cerchiamo di immaginare la scena: che tipo di rumore ci sarà stato? Ossa che scricchiolano? Corpi che si mettono in moto? Qualsiasi cosa sia si tratta di un fenomeno straordinario, dalla morte alla vita. Eppure non basta. Questo rumore e questo movimento che di per sé sembrano elementi vitali, miracoli, sono ancora mancanti. Manca loro lo spirito e per quanto diversi dalle ossa secche non sono ancora vera vita.

Questo passo ci porta a riflettere bene sui termini “rumore e movimento”. La fine di un fenomeno come quello di una pandemia che ha messo in ginocchio il mondo intero, porta un gran rumore, ed un gran movimento. Una grande gioia che già in questi giorni si vede dappertutto. Sono colpito dal rivedere i bar e i ristoranti rianimarsi, fenomeno ben visibile visto che si può stare solo fuori, e la possibilità di muoversi, di spostarsi. Tutti sono presi da una grande gioia, ma viene da domandare: il male è veramente finito? O ancora: questa vita, è veramente vita?

Vorrei leggervi le parole bellissime che concludono il celebre romanzo La peste, di Albert Camus, 1947. Un romanzo scritto alla fine della seconda guerra mondiale, che immagina un’epidemia di peste nella città algerina di Oran. Si tratta di uno di quei passi molto interessanti in cui si vede come talvolta autori atei, ben lontani dal messaggio del vangelo, hanno una gran lungimiranza rispetto a ciò che succede nel mondo. La conclusione del romanzo ci presenta il dottore che è il protagonista e che ha passato il tempo a lottare contro la peste, senza porsi troppe domande, e convinto che in quanto medico doveva fare il suo dovere dandosi da fare

Ascoltando infatti le grida di allegria che salivano dalla città, Rieux si ricordava che questa allegria era sempre minacciata. Perché sapeva ciò che questa folla ignorava, e che può essere letto nei libri, e cioè che il bacillo della peste non muore né sparisce mai, che può restare per decine di anni addormentato nei mobili e nella biancheria, che attende pazientemente nelle camere, nelle cantine, nelle madie, nei fazzoletti e nelle scartoffie, e che forse, il giorno verrà in cui, a disgrazia e ad insegnamento agli uomini, la peste risveglierà i suoi topi e li manderà a morire in una città felice.

Lungimirante Albert Camus che dice queste parole dopo un conflitto mondiale. Monito importante per noi davanti al passo di Ezechiele. Possiamo essere allegri per delle ossa rivestite di carne e muscoli, ma questo non basta. Rivolgiamo ai nostri contemporanei questa domanda: la sconfitta di un virus non è la sconfitta del male. Non è la fine dei problemi. Ripartire per continuare a vivere una vita fatta solo di ossa, carne, muscoli e pelle, non serve a molto. Somiglia a quella “allegria”, che è un semplice “rumore”, che infastidisce il dott. Rieux, e dovrebbe infastidire anche noi, che sembra ignorare che il male è sempre qui. Minaccioso e presente.

  1. Lo spirito (9-14)

Ezechiele deve invocare lo Spirito perché questo vivifichi le ossa. Il paragone continua con le tombe che vengono scoperchiate ed i cadaveri che risuscitano. Per quanto dotati di carne, muscoli e pelle erano ancora morti e c’è bisogno di Spirito. Un simile passo ricorda l’inizio della storia del mondo, la creazione, in cui l’uomo non è che pelle, ossa, muscoli e carne, tratti da terra impastata che erano anche viventi, ma che mancavano di un alito di vita. Di uno spirito.

Questo passo allora oggi ci ricorda che non usciamo semplicemente da una pandemia, la quale, una volta finita lascerà un mondo migliore. Questo passo ci ricorda che la condizione permanente del mondo in cui siamo è quella di un mondo spiritualmente cadaverico e desertico nel quale è necessario insufflare vita e spirito.

Come tradurre questa immagine? Nella visione di Ezechiele lo Spirito arriva dai quattro venti, e fa diventare i morti un esercito. Come possiamo noi diventare dei “respiratori” di spirito. Camus ha scritto un libro straordinario, ha ricordato che il male è sempre lì. Questo però non basta. Insufflare spirito nel mondo in cui viviamo significa parlare dello Spirito di Dio, invitare a leggere la Bibbia, che è Parola di Dio e che è fonte di Spirito. Significa agire come persone resuscitate che mostrano con azioni concrete, con amore, con vera vita che c’è uno Spirito e che la vita è molto di più che un “rumore” o un “movimento” di ossa, pelle e muscoli.

Se vogliamo ripartire davvero come chiesa dobbiamo invocare con forza, con digiuno, con preghiera convinta che lo Spirito venga a risvegliare noi stessi, e che il nostro risveglio si propaghi verso altri. Probabilmente ognuno di noi ha pensato a quante belle cose potrà fare una volta finita la pandemia. Io spero che abbiamo sognato molto a quello che potremo fare come chiesa. A quali eventi, a quali riunioni, a quali incontri, a quali persone potremo invitare.

Tutto ciò non ha il fine di rivedere un bel circo di persone attive ma, più spiritualmente, di “conoscere chi è il Signore!”

Leggiamo in conclusione il v. 14, “Io metterò in voi il mio spirito e voi tornerete in vita. Vi porrò sul vostro suolo e conoscerete che Io, il Signore, ho parlato e ho messo la cosa in atto, dice il Signore”.