Cristo e la legge 2

Ci siamo già posti la domanda nel precedente studio: in che misura la legge che Cristo dice di voler portare a compimento vale ancora? In che misura non è abolita e non passa? Ho voluto tornare su questa questione perché credo sia molto importante capire che tipo di rapporto dobbiamo avere con tutta quella parte, che è la più grande del resto, della Parola di Dio e che va sotto il nome di Antico Testamento. Possiamo poi essere ancora più precisi ed individuare all’interno dell’Antico Testamento una parte che è precisamente chiamata Legge, la Torah (l’insegnamento) formata dai primi 5 libri della Bibbia, anche chiamati Pentateuco. Cosa fare con questi? Quanto detto nel precedente studio risponde in buona parte alla domanda, ma sento l’esigenza di essere più preciso ancora.

  1. Legge morale, legge cerimoniale, legge civile.

Da dove vengono i comandamenti che Gesù prende per rileggerli in una luce nuova e rivelare la loro vera essenza?

  • Non uccidere fa parte dei 10 comandamenti, quindi viene da Esodo 20:13.
  • Non commettere adulterio, stessa cosa: Esodo 20:14.
  • Chiunque ripudia la propria moglie da Deuteronomio 24:1.
  • Non giurare il falso dal Levitico 19:12. (o anche Esodo 20:16)
  • Occhio per occhio dente per dente da Esodo 21:24.
  • Ama il tuo prossimo Levitico 19:18

Si tratta di pochi versi che vengono tutti dai libri della Torah, e con un particolare riferimento al libro dell’Esodo, Levitico 19 un riferimento al Deuteronomio. Cosa bisogna fare con tutto il resto, cioè con tutti quei versi che Gesù non ha citato, sia nella Torah che in altre parti dell’Antico Testamento? Come considerarli? Se leggiamo i capitoli che seguono Esodo 20 troviamo una serie di norme che trattano della schiavitù, dei furti, dei risarcimenti e simili. Cosa fare con questi? Ci sono in Levitico moltissime leggi sull’impurità, sia relative ai cibi che a condizioni fisiologiche, come la presenza di flusso mestruale o anche altre condizioni patologiche. Che valore dare a queste leggi?

Nel corso degli anni i commentatori delle Scritture hanno elaborato uno schema di cui Gesù non ha esplicitamente parlato, ma la sua vita e le sue vicende possono legittimarlo e ci aiuta abbastanza a regolarci:

  • Esiste una legge morale, espressa soprattutto dai 1o comandamenti, ma non solo. Questi comandamenti sull’amore che troviamo in Levitico 19 sono sicuramente leggi morali. Gesù ha parlato proprio di queste leggi. Questa parte della legge non passa ed è quella di cui Gesù rivela la vera essenza.
  • C’è poi una legge cerimoniale. Si tratta di quella legge che riguarda il culto di Israele nell’Antico Testamento e che prevede, ad esempio, tutto il sistema dei sacrifici. Questa parte della legge possiamo dire non che sia passata, ma che si sia adempiuta nel sacrificio di Gesù, perché queste leggi che regolamentavano i sacrifici preannunciavano Gesù.
  • Infine c’è una legge civile che serviva a regolare la vita di Israele come stato. Anche queste non trovano più applicazione nel momento in cui si passa da uno Stato al Regno di Dio. È tuttavia vero che alcune di queste leggi hanno una portata morale che va in qualche modo valutata. Ma non si può neppure dire che trovino un campo di applicazione. Alcune poi sembrano essere sorpassate da Gesù stesso che dicendo “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”, annulla la punizione della lapidazione per una serie di crimini.

Questo schema ci aiuta non certo a buttare via buona parte dell’Antico Testamento in quanto in qualche modo non più vigente come legge. Al contrario: anche i comandamenti più singolari, come quello di non cuocere il capretto nel latte di sua madre (Es 34:26), dovrebbero portarci a riflettere sui motivi profondi per cui sono stati enunciati. Nella fattispecie, è consentito consumare carne animale, ma ricordandosi che anche l’animale è una creatura, che ha una dignità e quindi non si userà il latte di colei che ha generato un capretto che ha dato quindi vita al capretto, per cuocere il capretto stesso, mangiandolo. Ci può sembrare molto strano, ma il Signore si preoccupa anche di come si consumano i capretti, che pure è consentito uccidere per mangiare.

Applicazione. Il fatto che Gesù ci dica che egli porta a compimento la legge deve incoraggiarci ad amare sempre di più questa legge, a capirla, a meditarla, a scoprirne il senso. Leggiamo passi che ci lasciano freddi, lunghi elenchi di divieti e di cose stranissime come animali puri e impuri. Ma quel Gesù che ha detto che è venuto a completare la legge, ci invita invece a considerarla come un tesoro, come una perla di saggezza, ricca sia in quei comandamenti morali che sono assolutamente validi, sia in quelli che ci parlano di aspetti legati a pratiche umane, come il cibo, e che sono tuttavia molto importanti. Davanti ad ogni passo della Scrittura chiediamoci: qual è il suo senso profondo? Cosa mi può insegnare? Cosa vuole dirmi Gesù? Dobbiamo leggere tutta la legge in senso cristocentrico, cioè cercando di capire in che senso Cristo avrebbe riletto ogni insegnamento.

  1. Porgere l’altra guancia, fare un miglio, dare in prestito.

Vorrei tornare sui due comandamenti su cui penso sia opportuno sorvolare. Prendiamo un caso ormai noto, quello dei nostri amici di Pisa che sono stati aggrediti da alcuni ragazzi, senza motivo. Neppure per estorsione, solo per violenza. Non hanno potuto fare molto perché non potevano, ma chiediamoci cosa avrebbero dovuto fare se fossero stati in grado di reagire. Avrebbero dovuto difendersi? Porre oltre la schiena il ventre? Subire delle percosse e lasciare che altri le subissero?

Davanti al comandamento di tagliare mani e cavare occhi che fanno peccare non abbiamo esitato a dire che si tratta di iperboli che solo un folle può prendere alla lettera. Senza sminuire questo insegnamento possiamo pensare di capirlo meglio anche valutando ciò di chi è completamento. Porgi l’altra guancia è il comandamento che rivela il vero senso di occhio per occhio apparentemente antitetici. Abbiamo già detto che occhio per occhio, e dente per dente contiene un principio limitativo, che invita a non rivendicare più del torno subito. Legittima comunque a rivendicare qualcosa. Se vogliamo però realizzare il cuore dell’insegnamento, alla luce del principio non contrastare il malvagio, lo sforzo da fare non è tanto quello di prendere schiaffi subendo. Lo sforzo consiste nel fare capire al malvagio che ci aggredisce che le nostre intenzioni verso di lui non sono malevole e che non sentiamo il bisogno di riparare il torto subito, ma che vorremmo una riconciliazione. Porgere l’altra guancia quindi non significa subire passivamente e in silenzio, ma mostrare che benché potremmo continuare a lottare stando in piedi non lo facciamo perché non è quello il nostro scopo. Questo quindi non ci vieta di difenderci, di evitare danni irreparabili ai nostri organi vitali e nemmeno ci vieta di bloccare eventualmente un aggressore. Ma ci viene chiesto di non usare la stessa violenza in risposta, anche se proporzionata all’offesa, e di cercare di ristabilire una pace. Negli ultimi anni sta emergendo anche sul piano istituzionale il concetto di Giustizia Riparativa, anziché distributiva. Potremmo dire che il principio enunciato da Gesù la ha anticipata.

Potremmo anche pensare all’opera di Gesù sulla croce. Non si è limitato a non punirci. Ha preso il nostro posto in una punizione a noi destinata. E per quanto Gesù abbia subito il martirio sulla croce, le sue parole nei confronti dei carnefici sono sempre state parole di dignità. Non ha detto “mi avete inchiodato una mano, fate pure anche con l’altra”: al contrario ha rivendicato fino alla fine il titolo per cui era accusato: tu sei il figlio di Dio!”

  1. Ancora sull’amare i nemici.

Chi è il mio nemico? È noto a tutti quel bellissimo passo del vangelo in Luca 15 in cui i farisei, sapendo che dovevano amare il prossimo, domandano: chi è il mio prossimo. La risposta di Gesù consiste nel non dire chi sia il prossimo, ma come essere prossimo. Tentiamo allora un parallelo: visto che qui si parla di amore per i nemici, ci si potrebbe chiedere chi siano i nostri nemici… La riposta di Gesù la possiamo desumere da quello che dice: i nemici fanno parte del prossimo, visto che amare i nemici è un’estensione del comandamento di amare il prossimo. I nemici sono proprio vicini, non sono alieni, vivono sotto lo stesso sole e ricevono la stessa pioggia. A volte non sappiamo neppure chi siano ed in nome di qualche ideologia ci troviamo spinti ad essere nemico di qualcuno. È incredibile infatti come le ideologie riescano a trasformare rapidamente degli esseri umani da amici in nemici, creando nemici ad hoc su cui addossare le colpe di tutti i mail di una società. Pensiamo al tempo in cui forti ideologie come il comunismo o il liberismo si affrontavano: i nemici dell’uno sono i ricchi, gli imprenditori, chiunque abbia dei soldi da parte; i nemici dell’altro sono invece i comunisti, i rossi e via dicendo. Gli ebrei del tempo di Gesù non erano affatto immuni da questo problema, e gonfi di un orgoglio nazionalista erano convinti di essere meglio di tutte le altre nazioni, che consideravano pagani e cani. Così facilmente odiavano i romani, o i greci e altri popoli. Molti in passato hanno odiato i tedeschi, ed oggi molti odieranno per anni i russi. Ci sono leader politici che istigano all’odio contro gli stranieri con video e manipolazione dei media ad hoc, e riescono ad alimentare un odio ingiustificato.

Come credenti credo sia veramente importante vegliare anche sulle idee che abbiamo, sugli eventuali pregiudizi che si creano sulle persone, e su come Dio ci chiami ad essere diversi in un mondo che crea nemici tra esseri umani per finalità varie.

Indipendenti dagli altri. Il fine che questo come altri comandamenti indica è quello di diventare perfetti, come è perfetto il padre nostro. Purtroppo questo comandamento ci fa rendere conto di come siamo dipendenti dagli altri: rischiamo di lasciarci influenzare da pregiudizi sbagliati, o rischiamo di rispondere alle aggressioni degli altri finendo per commettere del male, esattamente come loro. Sartre diceva in una prospettiva un po’ diversa: “L’enfer c’est les autres!” e in questo senso non aveva tutti i torti.

L’umanità nuova rigenerata da Dio deve invece mostrare quell’amore che mostra che non dipendiamo dagli altri e da come vorremo rispondere istintivamente, ma dal Dio che fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Che non tratta in base a se si è giusti o meno che dà in una grazia comune benedizioni a chiunque. Questo non significa che Dio non giudicherà severamente chi rifiuta la sua grazia, ma il tempo della grazia in cui siamo ci porta ad annunciare la grazia di Dio ed esprimerla proprio con lo stesso amore che egli ha avuto per noi. Non renderemo migliore il mondo con l’amore, ma amando come Dio ama se lo facciamo veramente e radicalmente, potremmo provocare un risveglio spirituale eccezionale.

Sappiamo tutti di essere lontani da quella perfezione che questo passo chiede. Ma se siamo addolorati, se soffriamo perché non siamo ciò che dovremmo essere, allora siamo sulla buona strada.