Cose che sembrano Dio, Isaia 29

Isaia 28 con l’immagine della pietra prima e Matt con il suo messaggio su Mosè e Giovanni battista poi, ci hanno ricordato un’unica e fondamentale verità: la vita funziona quando Dio è al centro, non quando noi siamo al centro.

Oggi da Isaia 29 impariamo qualcosa di ancor più sottile, che ci spinge a riflettere ulteriormente sulla centralità di Dio. Non sempre ciò che chiamiamo Dio è Dio, non sempre quello su cui costruiamo e che sembra Dio è veramente Dio.

Arriveremo all’Antico Testamento passando dal nuovo. Gesù ha riprende i farisei perché invece che onorare Dio onorano le loro tradizioni.

Lettura Marco 7:1-8

Il passo che Gesù cita viene proprio da Isaia 29 che oggi studiamo. Il profeta comincia, apostrofando la città di Gerusalemme con un: «Guai» (Il secondo di una serie di 7), chiamandola «Ariel», cioè Leonessa di Dio, e dicendole verrà punita ma in seguito verrà risollevata ed i suoi nemici fuggiranno sorpresi. Dopo questo preavviso, come sempre con un’alternanza tra punizione e promessa di salvezza, ecco le parole del passo citato da Gesù nel vangelo appena letto:

1. Tipo di punizione: lo spirito di torpore e la cecità spirituale.
9 Stupite pure così da restare sbalorditi, chiudete gli occhi in modo da rimanere ciechi; ubriacatevi ma non di vino, barcollate ma non per effetto di bevande inebrianti. 10 Poiché il Signore ha versato su di voi uno spirito di torpore, ha chiuso i vostri occhi, ha velato i vostri capi. 11 Per voi ogni visione sarà come le parole di un libro sigillato: si dà a uno che sappia leggere dicendogli: «Leggilo», ma quegli risponde: «Non posso, perché è sigillato». 12 Oppure si dà il libro a chi non sa leggere dicendogli: «Leggilo», ma quegli risponde: «Non so leggere».

Romani 11,8

Le immagini sono molto forti, potrebbero essere comiche: il popolo ha i sintomi di malattia della cecità, dello stordimento, dell’ubriachezza, ma questi non provengono da cause naturali, ma da Dio. È Dio stesso che ha determinato quello stato. Paolo in Romani riprende le stesse parole per indicare la cecità spirituale di molti ebrei al tempo di Gesù che non lo hanno riconosciuto come messia. Si trattava di persone versate nelle Scritture, che avevano chiaro il concetto di un messia, ma il modo in cui se lo erano rappresentato era sbagliato. Ci sono persone che sono intelligentissime, che sanno analizzare molto bene qualsiasi testo venga dato loro, ci sono facoltà di Teologia che producono fiumi di pagine su molte parti della Scrittura, che ne sanno individuare la composizione, la stratificazione nel tempo, il linguaggio, le sfumature dialettali, i rapporti con altri testi della stessa epoca… Ma capita che non riescano a vedere il senso spirituale di ciò che le Scritture dicono!

Più in generale questo passo parla a chiunque si senta un appassionato di cose che riguardano Dio, sia che si tratti di Scrittura, che di chiese, che di movimenti di spiritualità. Quindi riguarda pienamente anche noi, persone che amano Dio che ne parlano di continuo e che cercano di agire secondo la sua volontà. Dio manda uno spirito di torpore, che fa sì che non capiamo più niente e che siamo incapaci di cogliere i significati della Scrittura che meditiamo. Una punizione, un giudizio ben motivato. Ci sono spesso forme di iperattivismo ecclesiale, di zelo evangelistico, di entusiasmo spirituale a cui segue uno spirito di torpore. Perché?

2. Il motivo della punizione: al centro c’è altro
13 Dice il Signore: «Poiché questo popolo si avvicina a me solo a parole e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e il culto che mi rendono è un imparaticcio di usi umani,

Gesù riprende i farisei perché anziché mettere al centro della loro vita il senso della scrittura, lo hanno traviato e mischiato a delle tradizioni umane, relative in quel contesto a lavaggi di vario tipo. Non solo si trattava di pratiche che non avevano niente a che vedere con la Scrittura, ma che richiedevano una pulizia solo esterna e formale. Quello che Dio ci chiede è di avere un cuore vicino a lui, e delle parole coerenti con quello che abbiamo nel cuore per esprimere la nostra lode. Ripeto che non è un caso che questa punizione piova addosso a persone che nelle forme si sentono molto vicine a Dio, come i farisei ieri, e molti altri religiosi oggi: in molte aree della vita di fede si corre il rischio di mancare il bersaglio che si persegue, cioè una conoscenza più profonda di Dio, per sostituire a questa altre cose, che diventano idoli:

Si può partire con un profondo amore per la Scrittura ed un sano desiderio di conoscenza approfondita, ma scivolare mettendo al centro la nostra intelligenza, il nostro studio, la nostra erudizione, che servono più a far sfoggio che a formare e formarci secondo l’amore di Dio.

Si può partire con la buona intenzione di fare un certa struttura ad una chiesa, una certa organizzazione, certi specifici ruoli alle persone per fa funzionare bene il coro di Cristo. Probabilmente i lavaggi famosi dei farisei, erano nati a fin di bene, magari per motivi igienici e magari erano anche serviti ad evitare molte malattie. Ma quando le strutture ecclesiastiche diventano il centro, quando le tradizioni e le pratiche anche ragionate diventano lo scopo per cui si vive, abbiamo messo al centro non Dio, ma noi stessi, le nostre chiese e le nostre bravate…

Si può ancora partire da un sanissimo desiderio di stare bene insieme, di vivere la comunione in modo autentico, di accogliere gli altri e di essere aperti, per poi finire a formare delle famiglie chiuse che stanno bene solo tra di loro, ed escludono gli altri… Quindi si rischia di mettereal centro la nostra chiesa, le nostre relazioni, il nostro stare insieme.

Potremmo pensare a quante guerre di religione ci sono state in Europa, e quanto queste abbiano allontanato dalla fede milioni di persone, ed ancora oggi molti miei amici e conoscenti mi dicono che stanno alla larga da qualsiasi cosa che odora di religione, perché questa produce guerre. E la cosa più triste è che hanno ragione… Perché al centro delle guerre di religione non c’è Dio, ma l’uomo con la sua carnalità, con la sua volontà di avere ragione, di affermare un credo, un’identità, una dottrina.

Molto bella l’immagine usata da Isaia: Imparaticcio, cioè un tessuto che si usa per fare le prove quando si ricama. Quindi un culto trasformato in una serie di pratiche umane, fatte come degli esercizi, e senza autenticità. Cose molto umane… Per questo Dio manda uno spirito di torpore, per punire un entusiasmo che finge di mettere Dio al centro, ma in realtà ha in centro altro. Da cui una cecità spirituale completa.

3. Nonostante ciò io lavorerò in questo popolo

14 perciò, eccomi, continuerò a operare meraviglie e prodigi con questo popolo; perirà la sapienza dei suoi sapienti e si eclisserà l’intelligenza dei suoi intelligenti». 15 Guai a quanti vogliono sottrarsi alla vista del Signore per dissimulare i loro piani, a coloro che agiscono nelle tenebre, dicendo: «Chi ci vede? Chi ci conosce?». 16 Quanto siete perversi! Forse che il vasaio è stimato pari alla creta? Un oggetto può dire del suo autore: «Non mi ha fatto lui»? E un vaso può dire del vasaio: «Non capisce»? 17 Certo, ancora un po’ e il Libano si cambierà in un frutteto e il frutteto sarà considerato una selva. 18 Udranno in quel giorno i sordi le parole di un libro; liberati dall’oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno. 19 Gli umili si rallegreranno di nuovo nel Signore, i più poveri gioiranno nel Santo di Israele. 20 Perché il tiranno non sarà più, sparirà il beffardo, saranno eliminati quanti tramano iniquità,
21 quanti con la parola rendono colpevoli gli altri, quanti alla porta tendono tranelli al giudice e rovinano il giusto per un nulla. 22 Pertanto, dice alla casa di Giacobbe il Signore che riscattò Abramo:
«D’ora in poi Giacobbe non dovrà più arrossire, il suo viso non impallidirà più, 23 poiché vedendo il lavoro delle mie mani tra di loro, santificheranno il mio nome, santificheranno il Santo di Giacobbe e temeranno il Dio di Israele.
24 Gli spiriti traviati apprenderanno la sapienza e i brontoloni impareranno la lezione».

Nonostante ciò Dio opererà. «L’opera delle mie mani» v. 23

Il popolo di Dio, ieri come oggi, non è monolitico. In esso ci sono appartenenti autentici ed impostori.

Alcuni sono vasi, oggetti creati che pieni di arroganza si arrabbiano contro Dio che li ha fatti e, anziché riconoscere le loro colpe, protestano contro di lui. Alcuni agiscono di nascosto, nascondono gli errori che fanno e lo spirito di torpore aumenta contro di loro. Dio farà meraviglie, rendendo ridicola la loro saggezza e l’intelligenza, si legga furbizia, dei furbi.

Ma ci sono degli umili, dei ciechi, dei sordi che si riconoscono tali, che ammettono la loro cecità, la loro incapacità spirituale, la loro pochezza ed il loro stato desertico. Dio stesso aprirà gli occhi, toglierà l’oscurità, libererà il paese dai malvagi per riabilitare Israele. Costruendo un popolo nuovo che non è più un popolo etnico, fatto da chi abita nella terra di Israele, ma che è la nuova umanità in cui è compreso il Libano, come tante altre nazioni, fatta di un esercito di sordi, di ciechi, di poveri che hanno messo Dio al centro della loro vita.

Noi non possiamo trasformarci da soli. Non possiamo arricchirci da soli, vedere, sentire e diventare intelligenti. Possiamo però ridare al vasaio il suo posto. Possiamo ridare all’autore il suo posto, riprendendo la nostra posizione di «vaso» e «opera fatta». Rimettiamoci al nostro posto mettendo Dio al centro e vedremo fiorire la nostra vita, di persone umane e di chiesa. Non mettiamo al centro quello che sembra Dio, ma ciò che Dio è veramente.