Consolate, consolate il mio popolo

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Di cosa ha bisogno un uomo nella vita? Quali sono i bisogni primari senza i quali la vita è triste? Potremmo fare una lunga lista di necessità materiali, psicologiche e spirituali, ma una parola che difficilmente potremmo lasciare fuori dalla lista è la parola: «consolazione». Mi vengono i mente i tanti bambini che piangono facilmente e che in pochi minuti vengono consolati dall’affetto dei genitori, e inevitabilmente mi vengono in mente mali più grandi, disgrazie e grandi motivi di sofferenza che opprimono tante persone. Chiedo ad ognuno di pensare ad un momento della propria vita in cui ha avuto bisogno di consolazione, e chiedo in chi, o in cosa, avete trovato consolazione. La fede non è un sistema di teorie che serve a giustificare l’esistenza di Dio o a dare senso alla vita dell’uomo che non ne trova, ma un rapporto profondo con un Dio che offre, tra le altre cose, «consolazione». Dopo la breve parentesi narrativa che si concludeva con un messaggio di rovina per gli errori del re Ezechia il profeta passa ad annunciare la consolazione per tutto il popolo.

1. In cosa consiste le consolazione?

La consolazione consiste nella fine della schiavitù, quindi nella liberazione, nel pagamento del riscatto per il debito del popolo. Per i popolo che ascolta Isaia, sono parole di speranza, perché egli scrive prima che il popolo venga deportato a Babilonia in esilio, e danno un senso alla punizione ricevuta. Per il popolo il messaggio è che dopo un periodo di infedeltà a cui è seguita una punizione, arriverà un tempo di perdono. Per i contemporanei di Gesù che leggono il vangelo di Luca, questo passo si realizza con la predicazione di Giovanni battista che parla di una strada spianata che prepara la venuta di Gesù. A distanza di anni il contenuto non cambia: ogni uomo in ogni epoca conosce forme di prigionia e di schiavitù materiale o spirituale, ed è per un intervento di Dio che le cose cambiano. A noi oggi sta trovare il senso di questa liberazione/perdono. Come il popolo è responsabile, il punto di partenza sta nel riconoscere la nostra responsabilità in qualsiasi forma di schiavitù veniamo a trovarci, per scoprire come Dio possa liberare e perdonare ognuno di noi.

Ultimamente sono stato ad un convegno in cui si parlava di «plausibilità». L’oratore principale sosteneva che il vangelo oggi è ancora perfettamente plausibile per la nostra società. Il tema di cui parlava era l’etica sessuale, e quanto dice la Bibbia in materia è realmente plausibile per liberare l’uomo dalla divinità del sesso, per renderlo libero. Come chiesa e come credenti dobbiamo valutare bene la potenza del vangelo che è buona novella proprio perché è messaggio di liberazione e perdono, da cui scaturisce consolazione. Ci sono persone sole da consolare, persone malate, persone prigioniere, persone vittime di traffici di persone umane, persone schiave di sostanze nocive. Ognuno di questi avrà bisogno di parole diverse, ma di un unico tema: « il tempo della sua schiavitù è compiuto; che il debito della sua iniquità è pagato, che essa ha ricevuto dalla mano del SIGNORE il doppio per tutti i suoi peccati». Annunciare il vangelo significa annunciare che c’è qualcosa al mondo che può mettere fine alla diverse forme di oppressione per cui è richiesta la consolazione.

2. Come si effettua la consolazione?

Tre voci rispondono al messaggio e danno istruzioni per la consolazione.

2.1. Preparare la strada per la gloria.

La prima voce grida di preparare la via del Signore. Dà istruzioni precise e crea l’immagine di una strada che deve essere preparata i vista della manifestazione finale della gloria. Qualche giorno fa sotto casa mia hanno rifatto la strada, e le operazioni sono più o meno le stesse di quelle descritte dal profeta: non c’erano colli, e luoghi aridi, ma dossi e radici di albero che sono state grattate, poi hanno steso sopra uno strato di asfalto nuovo che ha reso il tutto pianeggiante. Tutto ciò ha permesso la meravigliosa gloria di arrivare in modo agevole a… Lucca Comics! Il senso dell’immagine è chiaro e spiegato nella Bibbia stessa. Questo passo è stato citato a proposito di Giovanni battista che è stato un preparatore di strade. Non è che l’ultima di una lunga serie di profeti, tra cui lo stesso Isaia, che per secoli hanno PREPARATO la via del Signore. Ogni parola registrata nei libri che gelosamente custodiamo ancora oggi, è servita a modellare una strada che ha visto in Gesù la gloria di Dio, cioè Dio stesso incarnato in un uomo. Uomo che è morto per dare salvezza, quindi consolazione. E questa via non si è fermata lì. Ha continuato ad essere la via su cui si cammina verso Dio su cui trovare consolazione.

Questo passo mi fa pensare all’idea importante di preparazione. Pensiamo a quante cose prepariamo e per quante cose ci prepariamo ogni giorno. Per uscire in modo decente, per un esame, per una lezione, per un incontro… Prepararsi sembra un’azione di second’ordine rispetto all’oggetto per cui ci prepariamo. In realtà è fondamentale, e senza preparazione esami, incontri e lezioni si fanno male. La nostra vita di fede non è altro che un misero contributo a questa grande preparazione della manifestazione della gloria di Dio. Se approfondiamo la fede, leggiamo la Bibbia, preghiamo, lodiamo, organizziamo eventi non è altro che per preparare nel cuore nostro e degli altri, la manifestazione della gloria, perché è questa che trasforma l’idea di liberazione e perdono in qualcosa di concreto. Il perdono non è un’idea astratta ma si ha in una persona, Gesù Cristo morto al posto nostro per pagare l’iniquità di cui parla Isaia.

2.2. La seconda voce: ogni carne è come l’erba

La seconda voce lancia un messaggio distruttivo e costruttivo al contempo. Ci ricorda che la nostra vita è caduca. Che il peggiore dei mali non è l’esilio del popolo a Babilonia e l’infedeltà di Ezechia, né nessuna delle tragedie che capita. Il male è la precarietà della vita paragonata a dei bellissimi fiori o al profumo dell’erba che velocemente appassisce. È una costatazione talmente ovvia che ce se ne scorda facilmente e facilmente si immagina un senso duraturo a quanto facciamo ed organizziamo. Il materialismo, la ricerca del puro piacere, il pensare di investire tutto ciò che abbiamo in divertimenti e lusso, trovano la loro ragion d’essere o nella negazione di questo dato di fatto o in una rassegnazione rispetto allo stesso. Il messaggio della seconda voce è una chiara affermazione della precarietà della vita, unita ad un messaggio di eternità: la parola del nostro Dio dura per sempre! La consolazione deriva dal fatto che la Parola che Isaia annuncia non è una parola limitata a quel momento. È una parola che varrà per sempre, e noi oggi sperimentiamo la verità di questo. La Parola di Dio, veicolata dal suo Spirito, dalle Scritture, dal suo popolo che agisce non cambia negli anni. Cambiano le mode, le società, gli interessi, ma la Parola di Dio no, e questo è per noi fonte di consolazione sicura, tanto per noi che per i nostri successori.

2.3. La terza voce: Il Dio Pastore

La terza voce, presentata con le parole: «Tu che porti la buona notizia…» è una voce che parla di un Dio potente, pieno di ricompense e Pastore. Annuncia al popolo proprio il VANGELO, la buona notizia! Perché quel popolo che ha sentito più volte riprensione e ha conosciuto l’esilio punitivo, la guerra e altre vicissitudini dolorose ha bisogno di sapere anche CHI sia quel Dio che si presenta. È un Dio pastore che viene a pascere e ad allattare. Non sono in genere i primi significati che diamo al Dio potente e creatore, eppure sono quelli accompagnati alla parola VANGELO proprio nell’antico testamento.

Forse è la buona notizia per eccellenza da annunciare oggi. Dopo 2700 anni da momento in cui queste parole sono state scritte, di Dio si è parlato abbondantemente, nel suo nome si sono commessi crimini, cose esecrabili, che lui non ha mai comandato. Mai come oggi è necessario parlare di chi sia Dio e di come sia. Un Dio che è potente e che ha un braccio che domina, ma anche un Dio pastore. Non è possibile consolare nessuno senza questo misto di forza che dà sicurezza e protezione, e di dolcezza del pastore che pasce e conduce le pecore. Se oggi possiamo anche noi gridare, alzare la voce per Dio, non è tanto per imbatterci in inutili battaglie ideologiche, per pretendere degli spazi o farci notare, ma piuttosto per dire che il Dio della Bibbia è un Dio che consola pascendo e guidando le sue pecore.

Conclusione

Certamente questa consolazione ha interessato molti di noi, che incontrando Dio si sono sentiti consolati, proprio perché hanno trovato perdono, hanno incontrato la gloria del Signore, e visto un Dio presente e pastore. Ma il passo dice: «consolate»! Chi sono questi consolatori a cui si chiede di intervenire? Non è chiaro chi siano nel libro di Isaia, possiamo immaginare coloro che seguono il profeta, che condividono le sue parole. Oggi, senza dubbio sono coloro che avendo recepito il messaggio di Gesù hanno il dovere di trasmetterlo, per rendere sempre più manifesta la consolazione.