Come si lavora insieme? Riflessioni su Neemia 3

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Esistono nella Bibbia diversi passi fatti di lunghe liste di nomi o oggetti di cui non sempre riusciamo a capire il senso. Abbiamo ad esempio delle lunghe genealogie sia nell’Antico che nel nuovo testamento, che a noi non dicono sempre molto, ma che per un popolo che dà una grande importanza al nome e all’origine hanno un grande significato; abbiamo lunghe descrizioni del santuario, dei suoi materiali, anch’esse un po’ noiose per noi, ma utili per chi questo santuario doveva costruirlo. Altrove abbiamo lunghe liste di persone a cui sono state date parti di terra, o che hanno partecipato a battaglie, e nel passo che leggiamo oggi abbiamo una lunga lista di lavoratori che si sono adoperati per ricostruire le mura di Gerusalemme, le sue porte e le sue torri. Le tentazioni di fronte a simili passi sono due: la prima è quella di saltarli perché paiono noiosi, come hanno fatto grandi predicatori come anche Spurgeon; l’altra invece è quella di cercare significati spirituali nascosti, allegorizzando i nomi delle porte, per cui le pecore sarebbero i discepoli, i pesci Gesù e via dicendo. Ritengo che entrambi gli approcci non riflettano la reale intenzione di chi ha scritto questo testo che, ci piaccia o no, è nella Bibbia; e se c’è deve pur aver un significato primo chiaro e comprensibile.

Personalmente credo che questa lista di luoghi, persone ed opere realizzata sia stata inserita in questo libro proprio perché ci fornisce un meraviglioso esempio di cosa significhi costruire insieme. Tra le righe di questa lista ci sono alcuni nomi o alcune indicazioni significative che ci mostrano perché quel lavoro ha avuto successo e in che modo rifletteva il piano di Dio. Penso lo possiamo decisamente applicare a quell’opera di costruzione, ricostruzione e lavoro che come chiesa vogliamo fare alla casa di Dio, fatta di pietre spirituali, che il nostro Signore ci chiama a costruire.

Prima di commentare una breve occhiata a cosa è stato fatto con l’aiuto di questa cartina della Gerusalemme di quel tempo:

A conclusione del lavoro si può vedere che vengono restaurate 9 porte della città, 3 torri, diverse parti di mura ed alcune case. Noi lucchesi siamo sensibili alla tematica perché vediamo quanto ci voglia anche con strumenti moderni a restaurare le mura, e le porte – ad ora a Lucca ne hanno restaurate solo 2…

Vediamo ora da cosa era caratterizzato il lavoro di queste persone.

1. Lavoro di squadra ordinato : il lavoro in chiesa I Pietro 4, 10-11

Notiamo un lavoro di squadra molto ordinato e sottomesso. I vari abitanti sono suddivisi in gruppi ed ognuno opera in un luogo; principio piuttosto semplice di organizzazione umana, di cui qui si sottolinea l’utilità. Ricordiamo tuttavia quanto letto al capitolo 2: Nehemia venendo da fuori, dalla città di Susa in cui svolgeva il mestiere di coppiere del re di Persia, è stato in grado di risvegliare gli animi delle persone della città di Gerusalemme, motivandole a costruire. Non ha imposto niente ma semplicemente proposto di ricostruire e la risposta delle persone è stata entusiasta: «Sbrighiamoci e mettiamoci a costruire!» Ora per poster costruire ci vuole un minimo di ordine e di sottomissione. Lo notiamo abbastanza chiaramente da quella piccola osservazione del versetto 3,5 che nella sua brevità dice moltissimo: i più importanti dei Tecoiti non vollero sottomettersi al loro signore; signore con la «s» minuscola che sarà o il capo della loro squadra, o lo stesso Nehemia. Questo ci fa capire che non è scontato accettare le direttive di qualcuno anche per un lavoro puramente tecnico come quello di costruire. Ma ci fa anche capire che se il lavoro ha avuto successo è che la parte di persone che ha rifiutato di sottomettersi è stata piuttosto esigua. Semplice lezione banale ma non scontata: senza uno sforzo volontario e consapevole di sottomissione a qualcuno ai fini di portare avanti un lavoro difficilmente si hanno dei successi.

Penso che nella chiesa le cose vadano in modo simile: in tutti i progetti che si fanno e che si portano avanti nelle chiese è fondamentale primo che il lavoro sia equamente ripartito, e secondo che ognuno accetti di sottomettersi a qualcun altro che in quel momento ha un ruolo di guida. Si tratti di organizzare un pranzo, una campagna evangelistica o un week end di chiesa, è opportuno che tutti partecipino, ma che ognuno sappia rispettare il suo posto. Sono consapevole degli abusi dei soprusi che sono stati fatti in nome della sottomissione, brandita come un principio infallibile per costringere le persone a fare quel che non vogliono o per soddisfare le smanie di potere di diversi leader un po’ fanatici. Questi abusi, che ci devono far stare attenti all’uso che facciamo del principio, non inficiano il principio stesso. Si parla di sottomissione volontaria e per un lavoro comune. Nel nostro piccolo pensiamoci, valutando come e se riusciamo ad accettare di essere sottomessi al responsabile di una qualsiasi attività che facciamo in chiesa, o al pastore per i consigli o le eventuali riprensioni che rivolge ai fini di una costruzione migliore del corpo di Cristo, conto tenuto di tutta la sua imperfezione e fallibilità (del pastore ovviamente).

2. Lavorano tutti.

Altro fatto che colpisce è che lavorano tutti a tutto: i sacerdoti non si tengono lontani dai lavori di ricostruzione, e gli unici personaggi «importanti» che si rifiutano sono appunto questa parte di Tecoiti. Il resto è disposto a lavorare senza discorsi. Non conosciamo la gran parte dei nomi delle persone che vengono citate, ma l’impressione che ne ricaviamo è quella di una gran varietà ed eterogeneità, sia di provenienza geografica (vengono menzionati quelli di Gerico, quelli di Tecoa) di mestiere (profumieri, orefici).

Dalla lettura del libro Chiesa Totale, svolta da noi come chiesa durante lo scorso anno, abbiamo imparato, tra gli altri, il principio secondo cui è bene che nella chiesa non ci siano troppi «specialisti», cioè persone che sanno occuparsi solo di un’attività. Certo che ci sono doni, ministeri e capacità, ma laddove questi vengono sottolineati all’eccesso si finisce per bloccarsi fintanto che non si manifestino tutti i doni che permettono ad una chiesa di funzionare (predicatori, pastori, worship leader, evangelisti, ecc. ). è vero che ci sono persone più specializzate, ma è anche vero che nel compito di annunciare il vangelo, di dire che Gesù è morto per noi e per salvarci e che è risuscitato e regna per noi, non ci vogliono specializzazioni. Tutti sono chiamati a costruire le mura, come tutti sono chiamati a costruire la chiesa di Dio, e il possibile maggior grado di specializzazione di alcuni, non dispensa nessuno dal grande mandato: annunciare che Gesù è morto e risorto per salvare gli uomini. Per progettare una città ci vogliono degli specialisti, ma per costruire in fondo possono farlo tutti. Ugualmente, per guidare un’intera chiesa, per aiutare persone in grande difficoltà, ci vorrà anche l’aiuto di specialisti. Ma quanto spesso, semplici parole dette da chiunque possono fare un grande lavoro! Gli specialisti del sacro (sacerdoti) hanno lavorato con le pietre, e gli orefici e i profumieri hanno preso parte ad un’impresa santa, consacrata da Dio, perché dietro quel progetto c’era più che la costruzione di mura di pietra. C’era l’avamposto di quello che sarebbe nel tempo diventato il vangelo universale da annunciare a tutta la terra. Tutti possono e devono allora lavorare.

3. Il voler riconoscere a chi ha lavorato i suoi meriti

Un piccolo aneddoto: l’anno scorso un mio collega scrisse una mail a tutti i colleghi di un certo gruppo di lavoro enumerando i meriti degli uni e degli altri, che secondo lui non erano dovutamente riconosciuti dalla nostra dirigente. Il giorno dopo trovai una collega infuriata contro questo collega: si era scordato di lei!

Ecco, credo che questa lista sia stata scritta da Nehemia anche per questo motivo: ci tiene a riconoscere l’utilità del lavoro svolto e menziona volutamente tutte le persone che hanno lavorato (speriamo non ne abbia scordata nessuna…). Credo che umanamente abbiamo bisogno di un po’ di riconoscimento che fintanto che non diventa vanto o orgoglio è di grande utilità e serve a rimotivare. Perché la costruzione di Gerusalemme non finisce con le mura, c’è poi da tenerle in piedi e curarle! È vero che Gesù ci ricorda che siamo servi inutili, ma ci promette anche che dirà ai suoi servitori: «Ben fatto buono e fedel servitore entra nel mio riposo!» (Luca

Questo per noi è un insegnamento doppio. Insegna a chi ha qualche responsabilità ad essere attento a riconoscere i meriti dei suoi collaboratori, ma ci insegna anche a non lamentarci mai quando ci sembra che il nostro lavoro non sia stato osservato o valorizzato. Abbiamo un Dio che come ha ispirato Nehemia a scrivere questo libro, scrive i suoi libri e sa bene cosa facciamo. Un Dio che promette che il nascosto verrà alla luce, e l’opera di ognuno sarà vista e valutata. Del resto sappiamo che non è la nostra opera che aggiunge qualcosa alla nostra fede o alla nostra salvezza. Ci può al massimo servire come conferma della presenza della mano di Dio sulla nostra vita, come lo era su Neemia, ma non ci staremo certo a basare su ciò che abbiamo fatto. Utile essere gratificati, unutile arrabbiarsi se non lo si è, consapevoli che Dio ha scritto i nostri nomi sul libro della vita, se veramente abbiamo lavato la nostra vita nel suo sangue, e accettato il suo sacrificio in nostro favore.

Curioso che in tutta la lista Nehemia non compaia. C’è un Neemia tra i nomi ma non è lui. Perché? Credo sia l’altra faccia della medaglia rispetto a quanto detto sopra: se è doveroso per chi guida riconoscere i meriti dei propri collaboratori, è nocivo sbandierare i propri… Neemia ha quindi il buon gusto di non dire neppure che è lui ad aver organizzato tutte quelle squadre, ad aver motivato i vari personaggi, e guidato i lavori. La soddisfazione di vedere l’opera realizzata gli basta! Non ha bisogno di raccontarsi, crede importante in quel momento mettere gli altri al primo posto. Teniamone conto!

Conclusione

Un passo dell’epistola di Pietro può ben riassumere quanto detto finora:

«Come buoni amministratori della grazia di Dio, ciascuno secondo il dono che ha ricevuto lo metta a servizio degli altri. Se uno parla lo faccia come si annunciano oracoli; se uno compie un servizio lo faccia come si compie un servizio mediante la forza che Dio fornisce, affinché in ogni cosa sia glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo al quale appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli AMEN! (I Pietro 4, 10-11)