Atti 9: la conversione di Paolo

Tra le tante idee che animano le chiese evangeliche di tutto il mondo quella di “conversione” è indubbiamente una delle principali se non la principale. Tutto comincia con la conversione di persone che entrano nella salvezza, e da deriveranno altre cose importanti come comunione, sostegno, intervento nella società. Ma la conversione è la prima tappa.

Il libro degli Atti ci ha già parlato di molte conversioni, e nello scorso capitolo quella dei samaritani seguita da quella di un etiope: si tratta della realizzazione di quanto anticipato in Atti 1:8: “mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra». Il capitolo 9 fa una piccola marcia indietro per tornare sulla conversione di un ebreo, pericolosissimo per la chiesa: Paolo. Nel cercare di trarre qualche insegnamento da questo passo valuteremo come la conversione riguarda tre persone o categorie di persone: Saulo, la Chiesa e alcuni discepoli, e infine Saulo convertito alias Paolo.

Clicca qui per leggere Atti 9. 1-31

  1. Saulo: cos’è la conversione e chi riguarda.

Nei primi quattro versi si insiste su come Paolo fosse agguerrito contro la chiesa. Era già comparso nel libro degli Atti, all’inizio del capitolo 8, quando assisteva ed approvava la lapidazione di Stefano. Agli occhi dei cristiani di quel tempo Paolo doveva sembrare un personaggio non diverso dai Boko Haram per i nigeriani o del presidente Kim Yong-Un per i cristiani della Korea del Nord: qualcuno pieno di rabbia pronto a fare di tutto per uccidere.

Si trattava tuttavia di qualcuno che era profondamente religioso e pensava di rendere un servizio a Dio con quelle persecuzioni. Grande studioso delle Scritture, educato presso scuole giudaiche di prestigio faceva della persecuzione di chi minacciava la sua fede una ragione di vita.

Si trattava di qualcuno molto convito di “vedere bene”, meglio dei cristiani abbagliati dalla nuova via. Forse per questo viene condannato a tre giorni di cecità.

Questo passo in primo luogo di incoraggia a non avere pregiudizi su nessuno perché la conversione di una persona come Paolo è la dimostrazione che Dio può cambiare qualsiasi cuore, poco importa quanto pieno di rabbia, di conoscenza, o di presunzione sia. La chiesa ha giustamente avuto qualche perplessità prima di accettare Paolo (13, 26), ma Dio trasforma quel cuore dissipando i dubbi della chiesa con frutti che convincono. Accettiamo a cuore aperto chiunque confessi realmente il nome di Gesù.

In secondo luogo, ciò che vediamo in questo passo è che la conversione è unicamente opera di Dio. Paolo non stava cercando Dio, non voleva diventare cristiano, non aveva assistito ad un evento che gli aveva reso simpatici i cristiani: Dio interviene in modo radicale per convertire il suo cuore duro. Quando Paolo sente la voce dice: “Signore” (5) , in greco Kuryos, termine con cui la traduzione in greco dell’Antico Testamento detta Settanta traduce il tetragramma YHWH, il nome di Dio nell’antico testamento. Non ha ancora capito chi è, ma sente già una presenza forte e dice Signore! E Gesù risponde con parole altrettanto forti: “Io sono Gesù”. La frase “Io sono” che identifica YHWH nell’antico testamento è attribuita a Gesù, che Paolo perseguita. Paolo riconosce che ha a che fare con il Dio a cui credeva di appartenere, ma che in realtà non conosceva. Scopre che questo Dio si è incarnato in Gesù e si è rivelato ora anche a lui. L’iniziativa è di Dio, e Paolo non fa che accettare ciò che da solo non avrebbe mai potuto fare.

2. I credenti: la responsabilità e il ruolo della chiesa.

Provate a contare con quanti nomi diversi vengono chiamati i credenti in questo passo: discepoli (1, 10), seguaci della via (2), i tuoi santi (o fedeli) (13), quelli che invocano il tuo nome (14, 21). C’è un’attenzione importante a identificare un gruppo nascente che non ha ancora contorni definiti, ma che è estremamente presente in tutto il capitolo. Non solo: Gesù dice che Saulo lo perseguita, e visto che in realtà perseguita i credenti traccia una continuità importante tra Gesù e la chiesa è suo corpo. Perseguitando i credenti è come se perseguitasse Cristo! Ma ci sono persone specifiche che hanno dei ruolo fondamentali nella conversione di Paolo:

Anania: ci colpisce il suo coraggio nel accettare di recarsi da Paolo fino a poco prima incaricato di uccidere i cristiani. Ma questo coraggio non è virtù umana, è il frutto di una fede che è pronta a dire: “Eccomi, Signore!”. Anania non è coraggioso, è credente ed ha una fede tale per cui l’ascolto di Dio è ben superiore a quello che sa su Paolo. Le cronache non ne hanno ancora parlato, ma lui lo sa.

Barnaba: anche qui ci colpisce il suo coraggio che avrebbe potuto mettergli contro la chiesa, e sappiamo sempre dal libro degli Atti che anche nella chiesa primitiva esistono discussioni. Barnaba ha un ruolo di accoglienza, facilita l’entrata di Paolo in un gruppo che non riesce ad avere fiducia in lui.

Per quanto sia morto e sepolto, ha avuto un ruolo importante anche Stefano, che mentre veniva lapidato pregava per i suoi carnefici, tra cui Paolo che approvava.

Questo passo ci insegna che se la conversione è interamente opera di Dio, come chiesa abbiamo un ruolo fondamentale nel collaborare con Dio e permettere le conversioni. Dio opera nei cuori ma nel farlo si serve di persone come noi. Chiediamoci oggi quanto abbiamo lavorato in questa prospettiva durante l’ultimo mese, a chi e come abbiamo potuto testimoniare della nostra conversione e dell’opera di Dio nei cuori.

3. Paolo: i frutti della conversione.

Indubbiamente i frutti della conversione si osservano sul lungo termine. Tuttavia dai primi giorni del cambiamento di Paolo possiamo già osservare alcune cose significative. In primo luogo Paolo passa dalla luce alle tenebre (18) e questo ha un valore spirituale oltre che fisico: prima non vedeva niente, ora vede Dio.

In secondo luogo Paolo proclama rischiando la persecuzione dei giudei (23, 29) ed era animato da una voglia incontenibile di parlare agli altri di un fatto centrale: Gesù è il messia! Il Cristo! Per un ebreo di quel tempo significa che è il personaggio che arriva a fare risposta alle questioni esistenziali, politiche, religiose, civili, di quel tempo. È lui che risolve! Paolo non può tacere, va avanti e indietro con Gerusalemme lo spostano a Tarso, ma non può non parlare di Gesù. Siamo noi animati dallo stesso bisogno?

Conseguenza ovvia, è che tolto un persecutore come lui la chiesa “ha pace” (31). Ma l’aggiunta di Paolo alla chiesa porta anche quel conforto dello Spirito santo, quella crescita che le conversioni reali di poche comportano per tutta la chiesa.

Come sarà la nostra settimana? In vacanza o al lavoro, o in pensione, che Dio ci guidi a testimoniare del suo nome, nel cambiamento che solo lui può operare, con il coraggio dovuto contro i muri di indifferenza che contraddistinguono il nostro mondo rispetto alla fede.