Dieci comandamenti: il nostro google map spirituale

Il patto – Il contenuto

Se uno si perde in mezzo ad una città, di cosa ha bisogno per ritrovare la strada? Una volta avremmo risposto di una piantina, oggi risponderemmo di una connessione internet con google map! Ci vuole uno strumento che ci consenta di capire dove siamo e dove dobbiamo andare. Sembrerà strano, e forse il paragone è molto riduttivo, ma il patto di Dio con Israele funziona in modo molto simile. Ci siamo finora attardati sui tipi di patti che Dio ha scelto di fare con l’uomo, e sul lato umano e divino di questi patti. È giusto il momento di parlare dei contenuti: cosa implica il patto? Un passo come il decalogo, i dieci comandamenti, sono un’introduzione a tutto quel che la legge chiede e ne riassumono i principi fondanti.

Nel tentativo di mostrare quanto importante sia per noi l’antico testamento non possiamo non notare che questi comandamenti hanno ancora oggi una grande attualità. Vengono riconosciuti al di fuori della fede come fondamenta del vivere civile e come principi che permettono la convivenza di una società. Gesù stesso li cita, li completa e li riprende sottolineando l’importanza che hanno per la fede in ogni tempo.

Introduzione

Non ci stancheremo mai di ribadire che la grazia è senza condizioni. Grazia significa che tutto parte da Dio e che l’iniziativa di salvezza comincia con Dio e con Dio finisce, passando per l’uomo che è oggetto di questa grazia. Il decalogo non viene prima dell’esodo! La liberazione dall’Egitto non viene fatta a condizione che Israele rispetti il decalogo, ma viene fatta a prescindere da tutto e per amore di Israele. Nel primo comandamento Dio dice: «Il sono il Signore di tuo che ti ha liberato dalla schiavitù d’Egitto». Questo carattere liberatorio ha già agito, senza aspettare la risposta di Israele. Perché allora una legge? Per mantenere la libertà acquisita. La legge serve ad Israele, ed oggi serve anche a noi, per evitare di ricadere in una forma di schiavitù. La legge non è: «Se ubbidisci vivrai», ma «sei vivo, quindi ubbidisci per non morire!». Ecco la carta geografica di cui sopra, ecco il google map della vita!

Questo concetto fondamentale deve essere chiaro anche per noi cristiani di oggi, perché Dio non cambia e per quanto il nostro patto sia considerato «nuovo», il modo in cui Dio relaziona con noi non cambia. Noi siamo persuasi che la salvezza sia solo e soltanto per fede, e mai per opere. Non siamo salvi perché ci siamo comportanti bene, siamo salvi perché Dio ha fatto un passo verso di noi mentre ci comportavamo male ed anche quando continuiamo a comportarci male, ma la sua grazia, il suo amore illimitato ci costringe a cambiare e a comportarci, per gratitudine, secondo la sua volontà. Non facciamo opere per avere grazia, ma avendo avuto la grazia vogliamo operare, avere quanto più amore possibile per Dio e per il prossimo in risposta alla grazia. Il patto ci illustra il contenuto del nostro operare.

1. Amare Dio. Esodo 20, 1-8 (primi 4 comandamenti).

Deut 6, 4

4 Ascolta, Israele: Il SIGNORE, il nostro Dio, è l’unico SIGNORE.
5 Tu amerai dunque il SIGNORE, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze. 6 Questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore; 7 li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. 8 Te li legherai alla mano come un segno, te li metterai sulla fronte in mezzo agli occhi 9 e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle porte della tua città.

Primo comandamento. «Io sono il SIGNORE, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù. 3 Non avere altri dèi oltre a me.

La prima direzione che ci danno questi comandamenti consiste nello spiegarci come si fa ad amare Dio. Poiché non si tratta di fare esercizi mistici, né di seguire pratiche psico-spirituali, il comandamento è molto concreto, ed in modo molto semplice opera in via sia positiva che negativa: io sono il TUO Dio, il Dio con cui hai una relazione personale. Il Dio unico oltre a cui non devi avere altri dei, anche perché questi non esistono. Amare Dio significa in primo luogo dare a Dio un posto unico, e niente deve prendere il suo posto. Perché quando un idolo prendere il posto di Dio si torna dritti alla schiavitù. Se una qualsiasi persona (presunti santi, partner, amici), o entità (passione, famiglia, lavoro) prende il posto di Dio, ne diverremo schiavi. Non stiamo amando più quel Dio che libera e perderemo la libertà che avevamo ottenuto.

Secondo comandamento. Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. 5 Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, il SIGNORE, il tuo Dio, sono un Dio geloso; punisco l’iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, 6 e uso bontà, fino alla millesima generazione, verso quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.

Si ama Dio se si evita di ridurlo alla materia, se si evita di limitarlo a ciò che egli stesso ha creato riducendo la creazione al creatore. Si ama Dio evitando di confondere Natura e Dio, amando la prima più del secondo, o qualsiasi oggetto, feticcio, idolo, portafortuna. Ancora una volta sono strumenti che imprigionano, rovinando l’opera liberatoria di Dio in noi.

Terzo comandamento. Non pronunciare il nome del SIGNORE, Dio tuo, invano; perché il SIGNORE non riterrà innocente chi pronuncia il suo nome invano.

Si ama Dio evitando di abusare del suo nome. Lo si può invocare, lo si può lodare, lo si può annunciare e celebrare; ma usarlo invano, invocarlo per il proprio egoismo, o ancora peggio per interesse personale, significa non amarlo. Avere il Signore sempre sulla bocca, dicendo Alleluia ogni due secondi, «se Dio vuole» ogni tre frasi e non preoccuparsi di averlo nel cuore, significa usarlo invano. Diventiamo prigionieri di un linguaggio, di un’abitudine, invece che di una fede.

Quarto comandamento. Ricòrdati del giorno del riposo per santificarlo. Lavora sei giorni e fa’ tutto il tuo lavoro, 10 ma il settimo è giorno di riposo, consacrato al SIGNORE Dio tuo; non fare in esso nessun lavoro ordinario, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né lo straniero che abita nella tua città; 11 poiché in sei giorni il SIGNORE fece i cieli, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si riposò il settimo giorno; perciò il SIGNORE ha benedetto il giorno del riposo e lo ha santificato.

Si ama Dio dandogli il tempo che gli è dovuto. Sarebbe molto riduttivo pensare che il Signore si accontenti di qualche ora accantonata di domenica, faticosamente sottratta dai nostri impegni, per consacrarla a lui. Il giorno del riposo è un giorno in cui si medita interamente su ciò che Dio ha fatto per noi, e che ci portiamo dietro durante tutta la settimana. Il giorno di riposo, con le precisazioni molto concrete sul bestiame, la servitù, ci ricordano proprio che se trascuriamo questo giorno del Signore diventiamo prigionieri di una vita che non ha mai tempo, in cui non è Dio il padrone del tempo, ma un semplice istante a cui diamo gli scarti. Con conseguenze disastrose per noi.

2. Amare il prossimo.

Levitico 19, 17 Non odierai tuo fratello nel tuo cuore; rimprovera pure il tuo prossimo, ma non ti caricare di un peccato a causa sua. 18 Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il prossimo tuo come te stesso. Io sono il SIGNORE.

Amare il prossimo non è un’invenzione di Gesù. Gesù riprende questo insegnamento dal contenuto del patto che Dio ha dato nell’Antico Testamento e lo amplifica. Ma tutto parte da qui, e la seconda parte del decalogo ci spiega come fare ad amare il prossimo. La base posta qui è puramente limitativa, è fatta di «non», mentre il passo del levitico è più propositivo ed invita ad amare il prossimo come noi stessi, quindi avendo per lui la stessa attenzione che abbiamo per noi. Tuttavia, avere anche solo il rispetto che questi comandamenti chiedono verso il prossimo pone le basi per un vero amore. Non abbiamo lo spazio qui per commentare i singoli comandamenti in modo approfondito come abbiamo fatto altrove. Ci limitiamo a cogliere l’essenza di ognuno per capire in che modo ci insegnino ad amare il prossimo.

Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che il SIGNORE, il tuo Dio, ti dà.

Si parte con l’amore verso chi ci ha dato la vita, vero e proprio elemento di collegamento tra Dio e il prossimo, creatore come Dio, ma pur sempre umano.

Non uccidere.

Anche qui abbiamo a che vedere con la vita e con la «proprietà» della vita. Non siamo padroni delle vite degli altri, è Dio che li ha creati e a cui appartengono. Non abbiamo quindi il diritto di prendere la vita degli altri, o anche soltanto – come più tardi dirà Gesù – di disprezzare la vita degli altri. Amare pare dall’evitare qualsiasi forma di attentato alla vita del prossimo.

7° Non commettere adulterio.

Se la società si fonda in buona parte ancora oggi sulla famiglia, e se la famiglia è la cellula di base che permette il vivere civile, allora non andare a rovinare famiglie, rubando una donna o un uomo che non è tuo. Commettere adulterio, azione che in molti giornali di attualità viene visto come un diversivo, una via d’uscita comoda da un matrimonio diventato scomodo, o un mezzo terapeutico per migliorare relazioni noiose, in realtà è un attentato ad una cellula che se funziona fa crescere dei figli che pagheranno anche loro per le conseguenze dell’adulterio.

Non rubare.

Apprezziamo il realismo biblico che sa che l’uomo è fatto di spirito ma anche di corpo e che il corpo vuole la sua parte. La dignità umana si costruisce anche sul possesso di qualche bene materiale, che nel mondo biblico è direttamente legato all’esercizio di un lavoro. Rubare significa vanificare il lavoro svolto da un altro essere umano, mentre rispettare i beni del prossimo è il prerequisito per l’amore.
Non attestare il falso contro il tuo prossimo.

Sebbene questo comandamento riguardi in primo luogo il contesto giuridico, e quindi le testimonianze nei processi, il principio che lo regge può essere esteso alla totalità delle relazioni con gli altri. La base della relazione con gli altri è la verità, perché sulla falsità non si costruiscono relazioni autentiche.
10° Non concupire la casa del tuo prossimo; non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né cosa alcuna del tuo prossimo».

Questo comandamento è diverso dagli altri, perché non riguarda un’azione concreta come uccidere, tradire o rubare, ma un semplice pensiero. È un comandamento dotato di grande introspezione psicologica, che svela il principio che tutto parte dalla mente, e dai pensieri che guidano le nostre azioni. Desiderare significherà un giorno mettere in pratica, e desirerare le cose che appartengono al prossimo significa privarlo di qualcosa.

Conclusione

Se qualcuno non fosse ancora persuaso del fatto che il Nuovo testamento parte e continua l’Antico, nonostante siano innegabili dei cambiamenti, potremmo concludere con un bel passo tratto dal vangelo di Matteo 22: 35-40

I farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si radunarono; e uno di loro, dottore della legge, gli domandò, per metterlo alla prova: «Maestro, qual è, nella legge, il gran comandamento?» Gesù gli disse: «”Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e il primo comandamento. 39 Il secondo, simile a questo, è: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti».

Stiamo studiando il patto. Il contenuto del patto non è altro che questo amore che si rivolge in primo luogo a Dio ed in secondo luogo al prossimo. Che il Signore ci aiuti a seguirli.