Atti 24: La via


Atti 9, 2e gli chiese delle lettere per le sinagoghe di Damasco affinché, se avesse trovato dei seguaci della Via, uomini e donne, li potesse condurre legati a Gerusalemme. 9,2

Atti 19, 9 Ma siccome alcuni si ostinavano e rifiutavano di credere dicendo male della nuova Via davanti alla folla, egli, ritiratosi da loro, separò i discepoli e insegnava ogni giorno nella scuola di Tiranno.

Atti 19, 23 In quel periodo vi fu un gran tumulto a proposito della nuova Via.

Atti 22:4 perseguitai a morte questa Via, legando e mettendo in prigione uomini e donne,

Atti 24, 14 Ma ti confesso questo, che adoro il Dio dei miei padri, secondo la Via che essi chiamano setta, credendo in tutte le cose che sono scritte nella legge e nei profeti;

Atti 24:22 Allora Felice, che era assai bene informato su questa Via, li rinviò, dicendo: «Quando sarà giunto il tribuno Lisia, esaminerò il caso vostro».

Si possono dare molti nomi ad una nuova dottrina, sia dispregiativi che elogiativi. A partire dal capitolo 9 del libro degli Atti, e poi nei capitoli dal 19 a 24 la fede cristiana comincia ad essere chiamata “LA VIA”. Nel senso di dottrina lo troviamo solo qui. Paolo scrivendo le epistole non la usa in questo senso (ecc. Una via per eccellenza, l’amore, I Cor 13). Mi sembra però un termine molto bello per chiamare la fede che riprende molto bene l’affermazione di Gesù che disse: “Io sono la via”. Non sappiamo se ci sia una filiazione diretta tra la parola per come la usò Gesù, e l’uso che ne fa Paolo, ed è probabile di no. Tuttavia le implicazioni che il termine “via” sono ricche e su queste vorrei riflettere oggi.

  1. La via è un cammino.

Se pensiamo alla fede come una via, un cammino, un qualcosa in cui si segue una direzione, credo che un primo elemento che venga fuori è quello che sulla via siamo in movimento. La fede non è una dimensione in cui si sta fermi. È un continua dialogo con Dio, un rimettersi in discussione, un interrogarsi, un ricercare, un non trovare e quindi essere smarriti (immagine appropriata alla via) per poi ritrovarsi. A molti di noi piace molto viaggiare e spostarsi per vedere nuovi posti e la fede è come un continuo viaggio nello Spirito che ogni giorno ci fa vedere nuove cose di Dio. Nei viaggi ci sono imprevisti, impedimenti, ritardi, incontri sgradevoli, incidenti ecc. e tutto ciò contribuisce a rendere l’immagine della via ancora più appropriata alla fede.


Paolo nei capitoli da noi letto ha vissuto la fede come cammino. I numerosi movimenti esteriori hanno anche implicato un grande movimento interiore. Si è confrontato con molte persone, chiese, scontri, dispute, rischi ma anche maturazione di molta saggezza. Ora è davanti alle massime autorità e sa cosa dire perché la sua fede non è stata ferma.
Allora dobbiamo chiederci oggi: come è la mia fede? Quanto movimento concreto e interiore faccio per il regno di Dio? Da chi sono andato per pregare? A chi ho portato un libro per approfondire la fede? Quale malato ho visitato? Quale chiesa ho incoraggiato? Da quante e quali persone sono andato per discutere della fede in Cristo? Davanti a quali tribunali mi sono trovato? 
È ancora: come sono i miei momenti di lode e adorazione e lettura personali!? Mi toccano in profondo o mi addormento?
Se ho qualcosa da rispondere, gloria a Dio e preghiamo che la risposta sia finalizzata alla gloria di Dio e non all’attivismo. Ma è possibile che per qualcuno di noi la fede sia diventata una routine. Che si sia fermata. Che sia irretita nelle sane pratiche di leggere, pregare, andare al culto. Se è così questa parola è proprio per te, a ricordare che la fede in Cristo è via ed è viva su questa via! Si muove, dentro e fuori.

2.La via non è deserta

Esistono alcuni passi del libro degli Atti che ci presentano una via deserta, come quello del capitolo 8 in cui Filippo raggiunge un Etiope. È opportuno notare che la via di cui parlava già il profeta Isaia e che i vangeli riprendono è una via NEL deserto, ma non è mai deserta! Pensare alla fede come una via significa capire che sulla via che porta a Dio non siamo mai soli, e le immagini della via che Gesù percorre nei vangeli presentano sempre delle vie piene di gente. Gesù incontra sulla via persone di tutti i tipi ed è quello più che il tempio il luogo in cui esercita il suo ministero. Negli anni settanta le chiese si davano molto da fare per strada organizzando campagne evangelistiche in cui cercavano di incontrare le persone sulla strada. Oggi questo è meno usuale, anche se bar o spazi pubblici possono essere perfettamente equivalenti alla strada. La strada ha di bello che non è di nessuno e in essa si possono incontrare veramente molte persone diverse.
Per altri versi anche oggi ci sono numerose rivalutazioni della strada, come lo street food, gli artisti di strada e in tempo di covid la consumazione di cibi da asporto per strada. Detto ciò, io se devo scegliere un posto in cui rimanere preferisco la casa, tranquilla e sicura, con i miei affetti privati ed in cui invito i miei amici. Ma se questa confort zone mi piace troppo faccio bene a riprendere l’immagine della strada, della via di cui mi parlano Paolo e Gesù. Sono pronto per la mia fede ad andare per la via? A scendere per strada dove Gesù ha incontrato tante persone ad andare sulla sua via? Mi devo chiedere a quante persone ultimamente ho potuto annunciare la via di Dio. E quante di queste non erano Delle cerchie delle mie conoscenze, ma viandanti. E devo chiedermi se la mia fede ha ancora o ha perso la dimensione della strada, del luogo in cui si incontrano persone che vanno in direzioni completamente diverse. Se la mia chiesa ha spazio per accogliere diversi o no.

3. L’unica via

A conclusione di questa riflessione sulla fede come via non può che esserci colui che ha detto di essere la Via, cioè Gesù. Se Paolo dice che lui è accusato a causa della via che alcuni chiamano setta è proprio perché quella via è Gesù. Nel capitolo 24 di Atti Paolo dice di essere accusato perché adora Dio secondo la via che essi chiamano setta, credendo in tutte le cose che sono scritte nella Legge e nei Profeti. È un immagine molto efficace per collegare tra di loro il passato del popolo di Dio con il presente. La legge seguiva una certa traiettoria, i profeti si inserivano sulla stessa traiettoria, e questo non era altro che la via che porta Dio. Gesù si presenta come la via concreta che porta a Dio.

Probabilmente per capire tutta la portata di cosa sia una via possiamo pensare a quando in montagna o altrove abbiamo provato a camminare fuori da un sentiero. È sicuramente un’esperienza divertente, magari si scoprono cose nuovo, ma dopo un po’ ci si sente smarriti e i rischi non mancano. Quando Gesù dice di essere la via intende dire che una volta che uno ha messo i piedi in quella via, se muove le gambe, se cammina, è sulla direzione giusta. La vita di fede comincia con un’immagine simile, che chiamiamo “conversione”: Conversione significa svolta, ed è sempre qualcosa che ha a che vedere con la direzione in cui si va. Quando Gesù dice: “Io sono la via”, aggiunge, la verità e la vita e precisa: Nessuno viene al padre se non per mezzo di me. Si tratta allora di capire che Gesù è quella via su cui dobbiamo cominciare a camminare, abbandonando le nostre vie. Un leit motif del nostro tempo consiste nel dire che tutte le strade portano a Dio, ma questo non è né biblico né vero… Ci sono moltissime strade sbagliate e false, e la via che porta a Dio è unica, e si chiama Gesù. Gesù non si propone come una delle tante vie che possono portare a Dio, ma come l’unica via che ci porta veramente. L’unica strada, l’unica direzione. L’unica che alla fine ha come meta e destinazione finale Dio.

Paolo sta camminando su questa via, ma alle persone del Sinedrio ed ai suoi accusatori questa via non piace. Li strapperebbe dalle loro vie che portano al loro potere, per metterli invece su una via alla fine della quale c’è Gesù. Per questo la denigrano chiamandola “setta”. Ma le accuse non reggono e i romani, senza essere presentati come eroi, rimandano il processo di Paolo continuando a

tenerlo in prigione. Quando annunciamo Gesù dobbiamo avere la coscienza chiara che non stiamo annunciando una delle tante vie, ma l’unica via. Questa idea di unicità purtroppo non piace al nostro mondo relativista, ma il gran numero di vie fallimentari dimostrerà la verità dell’unica via. Ed è per questo che molti alla fine si volgono verso la via di Gesù.

Perché la via di Gesù è unica? Perché non è una strada su cui dobbiamo fare qualcosa per andare verso Dio. É la strada da cui Dio è sceso per venire a noi. La differenza con le altre vie non è di tipo direzionale, ma sostanziale. Gesù è l’unica via che salva perché mentre altre vie possono cercare di indicare la strada verso un Dio ignoto che non conoscono, Gesù è Dio stesso che scende verso di noi, e che si fa via per tornare a lui

Conclusione

Dire che Gesù è la via verso Dio non significa negare che questa trovi anche un’applicazione concreta sulla terra. Ad esempio il vangelo di Marco si apre con il passo di Isaia che parla della preparazione della Via nel deserto e presenta dunque il periodo trascorso da Gesù sulla terra come un cammino che dalla Galilea arriva fino a Gerusalemme. Noi stiamo leggendo il libro degli Atti ed anche in questo ritroviamo una traiettoria abbastanza chiara: si parte da Gerusalemme per arrivare fino a Roma, ed in effetti Paolo si trova ora giudicato prima dalle autorità giudaiche e poi da quelle romane.

Credo sia bello che anche noi come singoli e chiesa immaginiamo una nostra traiettoria che ci faccia pensare alla nostra missione, e quindi al modo in cui concretizzare la via di Gesù. Abbiamo aperto una via verso Pisa, possiamo avere lo sguardo rivolto verso altre province della Toscana. Che il Signore ci apra gli occhi, facendoci vedere chiaramente quali sono le direzioni verso cui andare, tenendo lo sguardo fisso sulla sua gloria finale.